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Primo Incantesimo
Esistono dei luoghi della memoria che ti restano a lungo nel cuore insieme alle sensazioni forti che in essi hai provato. A volte essi coincidono con luoghi fisici, dove hai vissuto, hai amato, hai giocato, hai desiderato qualcosa. A volte essi sono solo dei posti immaginari dove vorresti andare, che hai arredato delle sensazioni del momento in cui te li sei figurati.
Di altri posti ti resta solo in mente il nome, ma il motivo per il quale la tua memoria riserva ad essi dei bit può rimanere a lungo sconosciuto e poi inspiegabilmente venir fuori molti anni dopo.
Fino ad una mattina di agosto. Avevo circa venticinque anni e vivevo da sola in un appartamento a Milano, quasi in centro. Avevo preferito prendere ferie nel mese di luglio, il più caldo per quella città, e lavorare in agosto, quando la maggior parte dei colleghi era in ferie e in ufficio si passava il tempo tra una bibita ghiacciata, un gelato e qualche ora tranquilla al computer. Il mio mestiere è quello di scrivere per un giornale, quindi passavo molto tempo al computer: in quegli anni facevo ricerche, le elaboravo, cercavo immagini, per dare vita ogni settimana ad un piccolo capolavoro di inutile cultura sulle storie dei castelli. Collaboravo per una rivista di turismo e i castelli provocavano la bava alla bocca di tanti turisti, soprattutto quando li si condiva con fantasmi e orrori.
Non so se fu una semplice coincidenza o se qualcuno davvero è lì che sta fermo ad osservare la tua vita, pronto ad ingarbugliarti i fili della vita almomento opportuno, ma i miei genitori mi avevano chiamato proprio il weekend precedente: volevano che sgomberassi la mia cameretta di adolescente, perchè stavano traslocando in un appartamento più piccolo, dove i miei ricordi non trovavano spazio. Rovistando tra i cassetti e le scatole accuratamente riposte nell’armadio molti anni prima, avevo trovato delle foto di quell’esperienza in Inghilterra, del mio soggiorno in Canterbury e della mia visita a quel castello del Kent. Chilham Castle. Poteva essere uno spunto interessante per il mio articolo e così mi piazzai al computer e digitai su Google le due semplici parole “Chilham Castle”.
Delle immagini che mi si presentarono di fronte in realtà nulla apparteneva ai miei ricordi. Io avevo in mente un prato enorme, dei merletti, ancora prati e i volti degli amici che avevo fotografato. Ciò che vedevo sul sito era assolutamente estraneo. Anche la storia del castello non mi diceva proprio nulla, a dispetto della mia voglia di ricordare qualcosa di quel passato che in fondo, almeno allora, non era poi così lontano, essendo trascorso solo un decennio.
Mi incaponii a cercare delle immagini e mi dimenticaii completamente del tempo che passava, finchè ad un certo punto il campanello della porta iniziò a squillare in modo insistente e mi resi conto di essere rimasta proprio sola in ufficio. Mi alzai un po’ contrariata per l’interruzione e andai alla porta. Senza pensarci su la aprii e mi trovai di fronte alla creatura più strana che io potessi mai immaginare di trovarmi di fronte.
Era alto forse non più di un metro, vestito con un buffo vestito rosso ed un cappello alla Peter Pan in testa, bruno ma molto carino di viso, con una carnagione scura ed un sorriso dai denti più bianchi che avessi mai visto. Mi sorrise in modo accattivante e mi sgaiattolò quasi tra le gambe, facendomi segno di chiudere la bocca e la porta, entrambe aperte.
Entrò come se conoscesse bene quel luogo e si andò a piazzare nel locale che usavamo come cucinotto, per avere un appoggio per preparare un caffè o farci una spaghettata di tanto in tanto, un po’ come avevo visto fare dalle grandi società americane alla Bloomberg. Si sedette su uno sgabello alto, non senza un po’ di fatica, e mi parlò con la voce più buffa che avessi mai sentito:
- Allora, non c’è niente da mangiare qui? Ne ho fatta di strada per venire a prenderti!
Venire a prendermi? Davvero la mia capacità di comprensione superava ciò che avevo davanti ai miei occhi e così mi avvicinai timidamente a lui e gli chiesi:
- Ma scusa, tu... chi sei?
- Chi sono? Sono un gnomo, no?
Già, come se io ne vedessi ogni giorno di gnomi, al supermercato, in portineria, al cinema.
- Uno gnomo? No, aspetta... gli gnomi sono creature da favola...
- E non ti sembro una favola io? Sono davvero carino, dai... ammettilo.. metà delle gnome che conosco farebbero follie per una serata con me e tu che hai questo onore sei ancora lì impalata e non mi hai ancora baciato...
- Baciato? No no no... aspetta, sto sognando... vero? Sto sognando...
- Sì... sembro un sogno, vero? Ma sono vero, davanti a te... dai, ti senti fortunata, pupa?
Davvero non sapevo cosa fare. Muta davanti a lui, afferrai una sigaretta e nonostante avessi smesso oramai da mesi me l’accesi e tirai una boccata di nicotina fino in fondo, chiudendo gli occhi e sperando che al risveglio quel coso lì fosse sparito. Uno, due, tre! Cavolo, è ancora qui.... e adesso?
- Hai finito di guardarmi come fossi un extraterrestre?
- Scusa... ma non è cosa da tutti i giorni incontrare uno gnomo... io pensavo esistessero solo nelle favole...
- E dalle con ‘ste favole. So’ veroooo come te lo devo dire? Che lingue conosci? Inglese, Francese, Spagnolo...?
- No no, ti credo ti credo... certo faccio un po’ fatica... ma... che dovrei fare?
- Due spaghetti?
- Eh.... va bene, okay, ti preparo due spaghetti...
- Vedo che cominci a ragionare...
Secondo Incantesimo
Mangiò con avidità il piatto di spaghetti che gli avevo preparato e volle persino il bis. Appena finito mi disse:
- Mi sembra non ci siamo presentati, giusto? Mi chiamo Loco e il mio sovrano Moonio I mi ha mandato qui a prenderti per portarti nel nostro regno.
Capirete bene che se già è difficile credere al fatto di vedere uno gnomo sulla porta, credere al fatto che sia in missione speciale, con l'obiettivo di portare TE dal suo sovrano sembrava davvero un'offesa alla mia intelligenza ed al mio proverbiale realismo.
- Tu sei proprio matto. Io non so da dove sbuchi, ma pensare che io ti possa seguire sarebbe una follia da parte mia.. Piacere di averti conosciuto, resta qui quanto vuoi, vuota il frigo se hai fame, ma io continuo a lavorare e, scusami davvero, cerco di dimenticare di averti incontrato.....
- Non puoi. Abbiamo bisogno di te!
- "Abbiamo" chi? Ma è assurdo... No no no io vado a lavorare....
- Ascolta, vuoi una prova?
- Che prova sarebbe?
- Vuoi parlare al nostro Re? Si trova chiuso in una prigione. Per un maleficio è stato imprigionato da una favola rimasta incompleta e non può uscire se qualcuno non lo libera...
- Ascolta... Loco, giusto? Io non so scrivere favole...
- Ah no? Strano, il nostro Re Moonio I mi ha detto che eri una scrittrice di favole sui castelli..
- No, scrivo le storie dei castelli ma faccio ricerche e racconto cose reali, non favole...
- Ma il nostro Re non si sbaglia mai... Se ha detto che sai scrivere favole, stai pure sicura di essere la più grande scrittrice di favole al mondo. Lui, no, non si è mai sbagliato...
- Ascolta, devo lavorare... Vedi quel computer? Mi sta aspettando.. Ho una ricerca da completare entro domani per l'edizione del nostro giornale che esce fra tre giorni. Rischio di essere licenziata se non lo faccio - e poco convinta aggiunsi - Mi dispiace davvero per il tuo Re Moonio I, ma non posso proprio...
- Oh - disse sconsolato - sono venuto qui da Chilham Castle per nulla... E in più sarò degradato dal rango di Cavaliere per questo fallimento... Il Re Moonio...
- Chilham Castle? - lo interruppi
- Sì
- Chilham Castle nel Kent? Quel Chilham Castle?
- Già, perchè?
- Mm.. Devo scrivere proprio di quel castello... Ma senti un po' - dissi, lasciandomi catturare dai suoi occhietti furbi e dalla straneità della situazione - quanto ci mettiamo ad andare e tornare?
- Vedo che la cosa inizia a interessarti...
- Allora, quanto ci mettiamo?
- Eh.. Che tu ci creda o no, un battito d'ali di farfalla..
- Meglio non chiederti come sia possibile...
- Già... Da noi il tempo è molto relativo...
- Allora, su, come si fa?
- Sei davvero incredibile, sai? Sembra tu non abbia mai letto favole.. Inizio a dubitare anche io che tu possa finirne una per salvare il nostro Re...
- Basta dai, come si fa?
- Banale - disse con supponenza - polvere di fate, mai visto Peter Pan? Aggrappati alle mie orecchie!
E quel che seguì fu un incantesimo davvero incredibile. Tirò fuori dal cappello due enormi orecchie alle quali mi aggrappai mentre mi dava le spalle. Della polvere luccicante intorno a noi illuminò la stanza fino a farle perdere i suoi contorni e d'un tratto mi accorsi di non stare toccando terra e gli occhi si incastrarono in un blu profondo che doveva essere un mare sotto di noi.
Nemmeno il tempo di chiudere gli occhi e atterrammo. I miei piedi toccarono dell'erba fresca e quando aprii gli occhi me lo trovai imponente davanti a me: Chilham Castle.
Terzo Incantesimo
Appena arrivati, lo gnomo si fiondó sul prato, staccò dei fili d'erba, un pò ne mangiò e un pó ne offrì a me. Lo guardai talmente stranita che gli si bloccò qualcosa in bocca e ci volle un po' prima che riuscisse ancora a parlare.
• Beh, tu non la mangi?
• Mangiare erba? E perchè?
• Ma è la nostra tradizione. È di ringraziamento alle fate che ci hanno concesso di volare.
• Ah...
• Su, mangiane un po'...
Mi faceva davvero schifo, ma colsi qualche stelo e me lo ficcai in bocca, mandandolo giù con disgusto. Poi dissi:
- Senti, ma adesso che si fa?
- Ti porto dal Re. Ma prima devi cambiarti.
- E perchè? Non ti piace questo tailleur? È di Versace, sai?
- Pua'! Vieni, mia moglie ti farà scegliere un vestito più adatto!
Lo seguii curiosa. Dunque, aveva anche una moglie quel metro di uomo! Entrammo nel castello e prendemmo una piccola scala che si nascondeva dietro una parete mobile. La scala saliva per circa un centinaio di gradini e finiva in una stanza molto piccola ma molto graziosa, dove una donnina alta quanto Loco ci accolse con uno splendido sorriso.
- Che bello incontrarti! E' un onore conoscere la scrittrice che salverá il nostro Re!
- Piacere mio...
- Diamante
- Prego?
- Diamante, è il mio nome....
- Oh sì certo... Però vede... Temo abbiate alte aspettative su di me. Non so se...
- Forza Diamante, falle vedere i vestiti, è tardi, non possiamo perdere tempo - ci interruppe bruscamente Loco
- Certo, certo, per di qua... - e si incammino' in un corridoio ampio ma dal soffitto piuttosto basso, dove avanzavo con fatica. Sbucammo in una stanza enorme piena di specchi e con un armadio gigantesco su una parete. Diamante si sistemò al centro, mi guardò, non senza imbarazzo da parte mia, davanti, di dietro e di profilo e poi sollevando lo sguardo verso l'alto disse "Azzurro seicentoventi". Quando la guardai in modo interrogativo mi spiego': "Colore e taglia" e si incammino' verso un'anta imponente che si incomincio' ad aprire facendo un rumore mostruoso.
Da quell'armadio uscì l'abito più bello che io avessi mai visto. Seta pura, morbida e lucente, di un colore azzurro che nemmeno il cielo più limpido della mia infanzia ha mai conosciuto. Lo indossai e mi guardai allo specchio ed ebbi l'impressione di essere in una favola, la cui principessa mi somigliava in modo impressionante. Subito dopo, mentre continuavo a guardarmi instancabilmente, Diamante trotterello' ai miei piedi trascinandosi dietro una sedia e mi pregò di sedermi per potermi pettinare.
Non mi riconoscevo più quando Diamante mi fece specchiare dopo circa un'ora. Una voce alle mie spalle disse:
- Non che tu fossi un porcospino prima, ma ora sì che sei degna di incontrare il Re Moonio I
Loco mi condusse per corridoi e segrete muovendoci verso il basso e alla fine si fermò davanti ad un grande cancello, dietro il quale nella penombra intravedevo un'ombra. Da quella nera figura uscì una voce flebile:
- E' davvero un onore per me.
Quarto Incantesimo
Non me lo aspettavo, davvero. Avevo immaginato un re piccolo, alto quanto Loco o poco di più, ed invece quello che avevo davanti a me era uno splendido esemplare di maschio, alto circa 1,80, possente e muscoloso, dalla carnagione scura, occhi e capelli castano scuro. Un volto bello, lineare, con le labbra carnose ed il naso piccolo. Bello come un modello di quelli che si vedono nei giornali di moda. E stava guardando me, sì proprio me. E mi stava dicendo che era un onore per lui conoscere. Me. Sì, era proprio una favola, adesso potevo crederci.
Non che io fossi un “ciospo”, intendiamoci bene. Facevo la mia bella figura di venticinquenne, magra, con i capelli lunghi e mossi, gli occhi verdi e tanta energia da vendere. Non mi ritenevo però “una gran figona”, insomma, una di quelle che la gente si gira a guardare per strada, donne comprese. Perciò se LUI era onorato di conoscere ME, o stavo sognando – e tutto poneva a favore di questa ipotesi – o doveva esserci qualcos’altro per cui era onorato di conoscermi. Cosa dovevo dirgli? Come ci si rivolge ad un sovrano? Rispolverai le mie favole d’infanzia e me ne uscii con il più classico dei saluti.
- Maestà, le porgo i miei saluti. Sono onorata io di essere al Vostro cospetto, anche se mi è ancora un po’ oscuro il motivo per il quale sono stata chiamata da Voi.
- Come ti è oscuro? Loco non ti ha spiegato nulla?
- Oh Loco sì, mi ha spiegato. Quello che non mi spiego è come mai Vi siete rivolto a me. Io non scrivo favole.
- Lo so. Tu scrivi di castelli e ti stavi accingendo a scrivere di questo castello, Chilham Castle.
- Certo, Sire. Non so come Sua Maestà faccia a saperlo, ma è così.
- Io so tutto.
- Non lo discuto... Maestà!
- Bene. Adesso ti racconto questa strana storia. Poi deciderai tu cosa farne, ma ti prego, liberami da questa prigione ed io ti farò felice. Ti donerò quello che vuoi.
- Oh Sire, lungi l’idea di una ricompensa da me. Già essere qui è per me un dono.
- Oh, sei anche modesta, bene bene. Dunque... conosci Canterbury vero?
- Canterbury? Sì, ci sono stata circa una decina di anni fa. Non ricordo molto della città, ero molto giovane quando ci sono stata.
- Conosci anche la Cattedrale, giusto?
- Sì Maestà.
- Bene. Allora saprai anche la storia del fantasma della Cattedrale di Canterbury...
- No, in realtà no...
- Dunque... tutti pensano che il fantasma della Cattedrale sia quello di Thomas Beckett, ucciso lì nel 1170 per ordine del Re Enrico II. In realtà sono molte le anime che dimorano nella Cattedrale. C’è un altro arcivescovo, Simon Sudbury, che morì decapitato e una serva di nome Ellen Bean, meglio nota come Nell Cook, per la sua abilità nel cucinare. Era stata impiegata da un frate che viveva nella cattedrale, che un giorno ospitò una donna molto attraente, con la scusa che ella fosse sua nipote. Da quel giorno le cose cambiarono, per via di pranzi luculliani e feste sontuose che poco si addicevano al luogo ed alla vita spirituale del frate. Una notte Nell scovò i due nella camera privata del frate e ciò non le piacque. Preparò una torta avvelenata e li uccise. Il giorno dopo gli altri frati scoprirono i due cadaveri e li seppellirono sotto una pietra della navata centrale. Nell scomparve e si narra che tre muratori tempo dopo trovarono un corpo con una fetta di torta vicino a sè sotto una buca della “Entry Dark”. I tre morirono entro un anno dalla scoperta e da allora chiunque evita di passare sotto la Entry Dark di Venerdì, per evitare di vedere il fantasma di Nell.
- Bella la storia, non la conoscevo. Mi perdoni però Maestà. Non ne vedo il nesso...
- Sì, dolce e impaziente signora... arrivo, arrivo.
- Mi perdoni l’impazienza Maestà!
- Ecco, molto tempo fa mi aggiravo di notte proprio nei dintorni della Cattedrale, quando ... beh io non so esattamente cosa vidi, nè se lo vidi davvero o fu un’illusione, ma mi apparve una donna, vestita di un camicia lunga trasparente e bianca, che avvolgeva il suo corpo fino ai piedi. Era bellissima. Mi fermò e mi chiese se avessi fame ed in effetti avevo viaggiato a lungo, di ritorno dalla Scozia dove ero andato a trovare mio cugino e così le dissi che sì, avevo fame...
- E’ andato proprio a casa del lupo, eh?
- Prego?
- Niente, mi scusi Maestà. Una piccola irriverenza da parte mia. Mi perdoni...
- Non so come, ma mi svegliai qui dentro, al freddo e all’umido, con questo cancello che sembra non avere serrature. Così aspettai a lungo che qualcosa accadesse e alla fine una fata si accorse di me...
- Eh certo... le fate, chi altri?
- Ragazzina, se sei qui per prendermi in giro faccio presto a chiamare Loco e a farti riportare indietro!
- Maestà, vede, già faccio fatica a credere di essere qui, poi lei mi parla di fate, fantasmi, sortilegi strani... insomma, siamo nel ventesimo secolo, non nel MedioEvo, se ne rende conto che qualche difficoltà ce l’ho a crederle?
- Hai ragione, ma la tua ragione non ti concede nemmeno di credere a quello che vedi? Sei volata qui o sbaglio? Se sei qui è perchè hai volato grazie alla polvere di fata, non grazie ai malefici vostri aerei, quindi ascolta almeno in silenzio la storia e poi deciderai cosa fartene
- Certo Maestà. Mi sembra ragionevole la sua proposta.
- Bene, per farla breve la fata che arrivò qui era la Fata della Trasparenza e mi raccontò che Nell si era innamorata di me, ma non voleva che continuassi a vederla per paura che io morissi. Così per salvarmi mi aveva rinchiuso in questa torre e aveva pronunciato il maleficio al quale ero soggetta. Solo una scrittrice che avesse inventato una storia degna di lei avrebbe potuto salvarmi. Ho aspettato a lungo, ho fatto le mie ricerche perchè volevo la migliore. Poi ho scelto te ed ho mandato Loco a chiamarti.
- Ma Loco mi ha detto che qualcuno aveva cominciato una storia e io dovevo finirla...
- Perdonami, gli avevo detto io di dirti così per trascinarti qui. Avevo paura che se avessi conosciuto la storia da subito non saresti venuta.
- Avrebbe fatto poco la differenza...
- Sì, ma Nell...
- Fantasmi? E’ per questo che non sarei dovuta venire, Maestà?
- Eh...
- Balle, perdoni il termine. Va bene, che devo fare? Scrivere una storia per salvarla? A partire da cosa?
- Ecco, devi scrivere un finale per Nell. In realtà a lei non sta bene che tutti pensino che lei sia sotto quella pietra, rannicchiata e con una fetta di torta in mano...
- Vorrei vedere lei se ci fosse in giro una diceria così... mm... dunque e una volta che l’ho scritta?
- Ecco... non deve scriverla...
- No? Cioè?
- Deve viverla... al posto suo...
- Come dite voi qui in Inghilterra? Oh my God!
Quinto Incantesimo
Loco ed io ringraziammo la polvere di fate ancora una volta, mangiando erba del prato della Cattedrale di Canterbury. Era una strana tradizione, ma in fondo non era la cosa più strana che mi stesse capitando.
Sopra di me si ergeva la Cattedrale in tutta la maestosità. La ricordavo proprio così, imponente, bellissima. Eravamo proprio davanti la Dark Entry ed era Venerdì sera, il che mi dava tutti i diritti di tremare al pensiero di quello che stava per succedere. Ero ferma su una panchina. Loco se ne era coraggiosamente andato via, lasciandomi da sola in quella serata un po’ tetra, con un cielo stranamente limpido ed un silenzio cupo forse anche un po’ strano per quella stagione.
Ero ferma da più di cinque o sei ore, non riuscivo a muovermi ed ero tesa a percepire il più tenue rumore, al punto che credevo di avere sentito delle foglie cadere. All’improvviso sentii degli strani brividi ed un leggero vento si alzò verso di me, con un profumo che inequivocabilmente si presentò alle mie narici come quello dei pomeriggi d’inverno quando mia madre sfornava torte per noi bambine. Non poteva che essere lei, Nell e d’istinto mi alzai per riceverla.
Una luce pian piano cominciò ad illuminare la Dark Entry ed il tenue chiarore diventando sempre più forte mostrò lentamente una camicia lunga e bianca indossata da un bellissimo corpo di donna. I miei occhi fecero fatica a restare aperti per il candore della luce che essa emanava, ma la curiosità fu più forte e riuscirono ad alzarsi fino a sfiorare un volto, il volto più dolce che avessero mai incontrato. “Nell...” mi sentii pronunciare sottovoce
- Sei arrivata, finalmente. Sai, ti aspettavo da molto tempo... sei perfino più giovane di quanto mi aspettassi e devo dire che il Re Moonio ha proprio buongusto... chissà se è anche uno scopritore di talenti... ti ha parlato del mio maleficio, vero?
- M.. Me ne ha accennato, si – balbettai – anche se non so esattamente cosa si aspetta che io faccia...
- Bene... vedi, tra circa mezz’ora passeranno di qui dei frati per andare in Cattedrale per le orazioni mattutine. Tu non dovrai fare altro che stare qui con il Re Moonio, su questa panchina, a parlare... Loro vi vedranno, penseranno che tu sia me e così diffonderanno in giro questa altra storia al posto di quella tremenda che da anni mi condanna ad apparire tutti i Venerdì sera in questo posto e non mi lascia volare in cielo come vorrei dal mio amato. E’ tutto chiaro?
- Il Re Moonio? Ma il Re...
- Oh, tranquilla, arriverà... tu dovrai solo indossare una veste bianca... vai in Cattedrale nel frattempo e ne troverai una proprio nella navata centrale. Indossala e tornala qui. Fa’ come ti ho detto...
- C..Certo – dissi e mi alzai, dirigendomi verso la Cattedrale - ... Mi scusi, ma non è chiusa?
- Vai...
Mi diressi presso l’entrata principale della Cattedrale, che trovai inspiegabilmente aperta e come Nell mi aveva indicato trovai una veste bianca di seta. La indossai e mi diressi indietro verso la Dark Entry. Mentre uscivo dalla Cattedrale ricordai il sogno che mi aveva stregato per molto tempo e capii che il posto nel quale mi muovevo non era Chilham Castle ma erano i dintori della Cattedrale. L’erba era umida e solleticava i piedi scalzi. Una leggera brezza mi muoveva i capelli e sentivo sempre insistentemente accanto quel profumo di vaniglia che mi indicava che Nell era accanto a me e mi seguiva. Non appena passai la Dark Entry, vidi qualcuno seduto sulla panchina dov’io avevo atteso Nell nelle ore precedenti: era Re Moonio, sicuramente. Mi accolse con un calore che non mi aspettavo.
- Dolce amata, sei qui.
- Mio Sire...
- Sh, silenzio. Taci, le stelle ci parlano, ascoltiamole
“Sarà un re pazzo? Siamo nella terra di Shakespeare, assecondiamolo...”
- Mio Sire, aspetti! Non sono ancora pronta a recitar la parte di Nell. Mi dia un attimo di tempo...
- Parte? Recita? Cosa biascichi, mia delizia?
- Ma sì... i frati che devono passare... dobbiam fingere di essere Nell ed il suo amante, non è per questo che lei è qui?
Nell mi parlò: “Ascolta, mia cara... Re Moonio è sotto un incantesimo e non sa nulla di quanto stiamo per fare. Su, fai la tua parte. Aiutami...”
“Mio Dio, dove sono capitata?”
- Mia devota, siamo qui, con questa luna splendente che ci illumina i volti. Che bello vederti, vederti ancora. Non vedo l’ora che tu diventi mia moglie... guarda, ho qui le fedi!
- Le fedi Sire? Oh, non ero preparata a così tanto!
- Non ti ho mostrato a sufficienza il mio amore? Ti ho scritto tre lettere nelle quali non ho fatto altro che confessarti quanto io ti ami e quanto desideri passare la mia vita con me... Dimmi, che anche tu mi ami... su mia vita!
Forse entrai troppo nella parte, ma quel Re aveva qualcosa di magico, qualcosa di splendido nei suoi occhi neri e profondi. Le sue labbra carnose sembravano davvero desiderare le mie. Che sortilegio era quello che poteva fare sembrare un uomo davvero innamorato? E la luna? Cosa faceva splendere la luna con quella luce così argentata che il bianco del mio vestito era quasi luccicante. Il profumo della sua pelle, gli occhi che mi trascinavano in un lago limpido e fresco, le sue mani che stringevano le mie e mi tiravano a sè in un lungo e poderoso abbraccio. Mi lasciai andare, chiudendo gli occhi nel bacio più lungo e appassionato che io abbia mai provato nella mia vita e quando lui lo interruppe, fu solo per prendere le mie mani tra le sue e infilarmi un anello al dito, che portava incastonato il più bel diamante che io avessi mai visto, spiando nelle vetrine delle gioiellerie nelle strade più alla moda di Milano e di Roma. Fu come se il Re Moonio avesse trascinato me nell’incantesimo nel quale lui era stato costretto e non so nè come nè quando, quando io riaprii gli occhi mi ritrovai accanto a lui al buio della cella dove lo avevo conosciuto la prima volta, con la differenza che ora il cancello era aperto ed entrambi potevamo uscire: il maleficio era stato rotto. Nell aveva recuperato la sua dignità.
- Grazie, cara. Ora devi solo raccontarla questa storia, con le parole che solo tu, nel profondo del tuo cuore saprai trovare.
- Maestà...
- No, non dire nulla. Io sarò legato a te per sempre e tutti gli anni, in questa notte, quando splenderà la luna, io tornerò su quella panchina vicino alla Dark Entry della Cattedrale di Canterbury e sognerò ancora di abbracciarti e di renderti felice. Mi considererò sempre tuo marito e tu, se vorrai, potrai considerarti per sempre mia moglie.
- Maestà, aspetti, ma il sortilegio?
- Nell... cosa ti ha raccontato di me? Forse ho vaneggiato un po’, ma quello che ho espresso era il reale sentimento che provo per te. Ti avevo vista circa dieci anni fa per la prima volta, ogni giorno, quando attraversavi The Terrace per andare al College. Mi ero innamorato di te e non ho fatto altro che aspettare la mia occasione. Sai un Re non è che possa permettersi di correre dietro a dichiarare il proprio amore a chiunque. So bene quali sono i miei doveri per il mio popolo... Ti dispiace?
- Oh... nulla Sire. Nulla. Per me è stato un privilegio...
- Devi tornare, ora. Hai la tua vita... ed io ho il mio Regno.
- Eh... sì Sire. Come desidera.
- Non come desidero, cara. Come si deve... Ti sembrerà strano ma vorrei salutarti con una canzone che sicuramente conosci, una dei famosi Baronetti della Regina... buffo per un Re, ma sono un Re moderno...
- Quale, sire?
- “Chiudi i tuoi occhi e ti bacerò, domani mi mancherai, ricordati che sono sempre stato sincero. E quando sarò lontano ti scriverò ogni giorno e ti manderò tutto il mio amore”
Epilogo
Il suono della sveglia mi svegliò brutalmente. Ero completamente dolorante. Il collo era rimasto piegato sulla scrivania e le braccia tese su di essa. Ma come avevo potuto addormentarmi così? Accidenti e dovevo ancora finire il mio lavoro... Mi alzai, andai in bagno a rinfrescarmi e mi risedetti alla scrivania per riprendere le mie ricerche su Chilham Castle. “Però” mi dissi “peccato, se potessi raccontare il mio sogno sarebbe una bella novità per il nostro giornale. Chissà che ne pensa il redattore...”
In quel momento il campanello della porta squillò in modo insistente. Mi alzai sovrapensiero, aprii la porta e mi trovai di fronte alla creatura più strana che io potessi mai immaginare: Loco.
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