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12 apr 2013

De vita beata (L’arte di essere felici) - Lucio Anneo Seneca

«Un albero non diventa solido e robusto se non è continuamente investito dal vento e sono queste raffiche che ne fanno il fusto compatto e ne rinsaldano le radici, che si abbarbicano con maggior forza al terreno; fragili sono invece quegli alberi che crescono in una valle tranquilla.»

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Il saggio è colui il quale, distaccatosi dalle passioni e raggiunta la virtù, diviene imperturbabile e non teme neanche la morte. La strada per questa superiore autosufficienza interiore è difficile e piena di ostacoli: solo la pratica costante e illuminata della virtù la può indicare. La selezione di opere proposta in questo volume costituisce un autentico vademecum del pensiero immortale di Seneca, secondo il quale la vera saggezza sta nella pura contemplazione e la vera felicità nel non aver bisogno di felicità.
Ed.Newton Compton Editori – Cura e traduzione di Mario Scaffidi Abbate

«Io non bado all’apparenza delle vesti che coprono i corpi, non giudico un uomo con gli occhi, dei quali non mi fido, c’è in me una luce migliore e più sicura con cui distinguo il vero dal falso: è l’anima che deve trovare quel bene che solum è suo.»
«Felice è dunque quella vita che si accorda con la sua propria natura, il che è possibile solo se la mente, in primo luogo è sana, ma sana sempre, in ogni momento, poi se è forte ed energica, decisamente paziente, capace di affrontare qualsiasi situazione, interessata al corpo e a quanto lo riguarda, ma senza ansie e preoccupazioni, amante di tutto ciò che adorna la vita ma con distacco, disposta a servirsi dei doni della fortuna ma senza farsene schiava.»
«Scegliere il male al posto del bene è pura e semplice follia. Nessuno può essere felice se non è sano di mente, e non è sano di mente colui che invece del meglio cerca ciò che gli nuocerà. In definitiva, è felice colui che invece del meglio cerca ciò che gli nuocerà. In definitiva, è felice colui che giudica rettamente, è felice chi si accontenta della sua condizione, quale che essa sia, e gode di quello che ha, è felice colui che imposta e regola su basi razionali la condotta di tutta la sua vita.»
«Il sommo bene è immortale, non sfugge, non dà sazietà né rimorsi, giacché una mente retta non muta, non odia se stessa e non cede di un passo da quella sua condizione, che è la migliore; il piacere, invece, finisce nel momento stesso in cui giunge al suo culmine, ha uno spazio ristretto e perciò ben presto ci sazia e ci dà nausea, e già nel suo primo slancio s’infiacchisce. Non c’è nulla di stabile e di certo in ciò che per sua natura è soggetto a movimento, né può avere alcuna consistenza ciò che viene e se ne va in un baleno, destinato a perire nel medesimo istante in cui si consuma; tende infatti colà dovìè condannato a morire, e nel suo stesso principio ha già presente la fine.»
«La felicità salga sopra una cima, da cui nessuno possa tirarla giàù, a cui non abbiano accesso né dolori, né speranze, né timori, né alcun’altra cosa che possa intaccare la sua prerogativa. [...] Accettiamo quindi con animo forte tutto ciò che c’impone la legge stessa dell’universo: a questo impegno siamo chiamati, come da un giuramento: ad accettare il nostro stato mortale e a non lasciarci turbare da ciò che non ci è dato di evitare.»
«Che può mancare, infatti, a chi si trova fuori da ogni desiderio? Non può venirgli nulla dall’esterno, quando ha già tutto dentro di sé.»
«Non sono saggio, e, per dare ancora più esca alla vostra malignità, aggiungo che non lo sarò mai. Non pretendete, dunque, che io sia uguale ai migliori, chiedetemi solo di essere migliore dei cattivi: è già un passo avanti se riesco a togliere ogni giorno qualcosa ai miei difetti e a biasimare i miei errori.»
«Voi disputate sulla vita dell’uno e sulla morte dell’altro e abbaiate di fronte al nome di uomini divenuti insigni per qualche lodevole merito, come fanno i cagnolini all’avvicinarsi di persone sconosciute. La verità è che a voi fa comodo che nessuno risulti virtuoso, perché la virtù degli altri suona come rimprovero alle vostre malefatte. Invidiosi quali siete, confrontate lo splendore morale di quelle vite con la vostra sozza materialità, e non vedete il danno che fate a voi stessi con una simile presunzione, perché se gli uomini virtuosi sono degli avari, dei dissoluti e degli ambiziosi, cosa sarete voi, che avete in odio persino il nome della virtù? Proclamate che nessuno, di quelli che voi accusate, mette in pratica ciò che dice, né vive secondo il modello che va predicando: ma c’è già da meravigliarsi che vi siano al mondo persone così coraggiose, che parlano di cose tanto straordinarie, tali da sottrarsi a tutte le tempeste della vita. Anche se non riescono a staccarsi dalle loro croci, quelle croci in cui ciascuno conficca di propria mano i suoi chiodi, perlomeno, una volta giunti alla morte, pendono ognuno da un solo palo, mentre voi, che badate soltanto a voi stessi, siete lacerati da tante croci quante sono le vostre passioni. Siete dei maldicenti, bravi solo a offendere gli altri. Gente come voi potrei anche crederla priva di questo vezzo, se non ce ne fossero alcuni che persino mentre pendono dalla forca lanciano sputi sugli spettatori.»
«Ci sono uomini che si sono proposti questi obiettivi: “Guarderò la morte con lo stesso volto con cui ne sento parlare. Mi assoggetterò a qualunque fatica, sostenendo il corpo con l’animo. Disprezzerò le ricchezze, ch’io le possieda o no, né mi dorrò per il fatto che le abbiano altri o monterò in superbia se mai mi splendessero intorno. Non darò peso alla fortuna, sia che m’assista, sia che mi abbandoni. Guarderò tutte le terre del mondo come se fossero mie e le mie come appartenessero all’intera umanità. Vivrò con la convinzione di essere nato per gli altri, ricambiando così la natura per avermi generato: quale dono più grande, infatti, avrebbe potuto farmi? Ha donato me solo a tutti gli altri, e tutti gli altri a me solo. Non sarò né un tirchio né uno spendaccione, farò conto di non possedere niente di più di quanto avrò opportunamente donato, e i beni che dispenserò non li giudicherò dal numero o dal peso ma in base alla mia stima per chi li riceverà; non riterrò mai troppo grande il dono che farò ad una persona degna. In ogni mia azione non seguirò l’opinione degli altri ma soltanto la mia coscienza, e anche se ne sarò consapevole io solo mi comporterò come se agissi al cospetto del mondo. Nel mangiare e nel bere perseguirò l’unico scopo di soddisfare i miei bisogni naturali, non quello di riempirmi e di svuotarmi lo stomaco; sarò amabile con gli amici, mite e indulgente con i nemici, e quando qualcuno starà per chiedermi qualcosa di onesto lo preverrò, per non metterlo nella condizione di dovermi pregare. Conoscerò come mia patria il mondo, gli dèi come mia guida, sempre al di sopra e intorno a me, censori d’ogni mio gesto e d’ogni mia parola, e quando la natura vorrà prendersi il mio soffio vitale, anche armando la mano alla ragione, me ne andrò via di qui, testimoniando di avere sempre amato la retta coscienza e i nobili propositi, di non avere mai diminuito la libertà di alcuno, e tanto meno la mia.” [...] Ma voi, col pretesto che odiate la virtù e coloro che la coltivano, non fate niente d’insolito, niente che si levi al di sopra dell’ordinario, simili agli occhi malati che temono la luce del sole o agli animali notturni che aborrono lo splendore del giorno e al primo chiarore dell’alba, abbagliati e storditi, corrono disordinatamente verso le loro tane o s’infilano in qualche fessura, tanto sono spaventati dalla luce. Ringhiate pure, esecitatate la vostra sterile lingua nnel calunniare le persone dabbene, spalancate la bocca, mordete: vi spezzerete i denti senza poterle nemmeno scalfire. [...] Quando scagliate contro il cielo le vostre bestemmie, più che commettere un sacrilegio perdete il vostro tempo.»
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«Io sono come una roccia piantata in una secca, che i marosi flagellano incessantemente da tutte le parti senza però riuscire a smuoverla o ad intaccarla con i loro assalti continui nel lungo corso dei secoli. Saltatemi pure addosso, gettate su di me tutta la vostra furia: vi vincerò sopportandovi. [...] Io che guardo le cose dall’alto, vedo quali tempeste vi sovrastano, pronte a vomitare su di voi il loro cumulo oscuro, o, fattesi ancora più vicine, stanno ormai per travolgervi con tutti i vostri averi. Ma che dico? Già in questo momento, per poco che lo sentiate, un turbine fa girare le vostre anime, che cercano di scappare e tuttavia continuano a desiderare quegli stessi vani piaceri, ed ora le solleva verso il cielo, ora le scaraventa nell’abisso..

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