«In realtà quando un predatore entra nella conchiglia nel tentativo di
divorarne il contenuto e non ci riesce, lascia dentro una parte di sé che
ferisce e irrita la carne del mollusco, e l’ostrica si richiude e deve fare i
conti con quel nemico, con l’estraneo. Allora il mollusco comincia a rilasciare
attorno all’intruso strati di se stesso, come fossero lacrime: la madreperla. A
cerchi concentrici costruisce in un periodo di quattro o cinque anni una perla
dalle caratteristiche uniche e irripetibili. Ciò che all’inizio serviva a
liberare e a difendere la conchiglia da quel che la irritava e distruggeva
diventa ornamento, gioiello prezioso e inimitabile. Così è la bellezza:
nasconde delle storie, spesso dolorose. Ma solo le storie rendono le cose
interessanti...»
E “Cose che nessuno sa” è la
storia di Margherita, quattordici anni, vissuta a fine estate, prima di
incominciare il liceo. Alle normali paure dell’età si aggiunge un dolore
intenso per la fuga di suo padre, scoperta in modo brutale da un semplice
messaggio lasciato sulla segreteria telefonica di casa. Compagni di viaggio in
questo dolore sono: nonna Teresa, alla quale si rivolge per un sostegno ed un
consiglio; il fratellino Andrea; sua madre, spiazzata e resa debole e inerte
dall’abbandono da parte del marito; un’amica di scuola, Marta, che ha una
famiglia grande e allegra alla quale Margherita sembra volersi appoggiare per
trovare quella serenità che ora non ha più. Giulio è il ragazzo orfano e
disadattato, che vede nella profondità dei suoi occhi, scruta discretamente nel
suo dolore. Egli sa di aver per questo trovato in lei un’anima speciale e
decide di accompagnarla nel viaggio alla ricerca del padre. Infine il
professore eterno ragazzino, che ricorda il professor Keating dell’Attimo Fuggente: alla fine si scopre che
di simile ha solo le intuizioni e non il coraggio e la maturità per gestire le
situazioni quando sfuggono di mano.
Un bel libro, che scorre veloce,
tra il dolore di un padre che se n’è andato senza dire nulla e i travolgimenti “classici”
dell’adolescenza. Due figure, quella di Margherita e Giulio, spiccano tra tutte
con i loro problemi che vanno ben al di là dei normali disagi adolescenziali e
che si ritrovano insieme ad affrontare un’importante prova. Una storia
parallela che si incrocia alla loro è quella del giovane professore, eterno
Peter Pan nell’accezione più negativa che il termine contiene: ispiratore del
viaggio di Margherita alla ricerca del padre (così come Telemaco partì alla
ricerca di Ulisse), deve attraversare un profondo dolore prima di accorgersi
che è opportuno, ad un certo punto, crescere e assumersi le proprie
responsabilità.
Il dolore profondo e sofferto è
ciò che fa crescere tutti i personaggi, rendendoli unici, così come avviene per
la perla che nasce dal tentativo dell’ostrica di difendersi dal predatore.
Una sola domanda sorge spontanea:
dove sono gli adolescenti “normali”? Si nascondono tra le figure delle amiche
di Margherita, forse, dei suoi compagni di classe. Fanno solo capolino, ancora
una volta (come anche nel libro precedente), dietro altre storie complesse e
drammatiche. Dov’è dunque l’adolescenza sbarazzina e spensierata?
Adolescenti
[...] A quattordici anni si piange spesso, di gioia o di dolore, non
importa. Le lacrime non si distinguono, e la vita è talmente tenera da
sciogliersi come cera al fuoco che sbuccia una bambina e scopre la donna.
Margherita fa ondeggiare le gambe nel vuoto e il mare schizza
coriandoli di luce e acqua contro le sue piante nude, che scalciano la linea
dell’orizzonte nel tentativo di infrangerla. Ma la linea rimane intatta. La
fissa: filo della vita, sospeso tra cielo e terra, sul quale immagina se stessa
in equilibrio. [...]
E a quattordici anni sei un funambolo a piedi nudi sul tuo filo e l’equilibrio
è un miracolo.
E’ l’estate della sua vita. E’ l’alba di un’età nuova. Suo padre e
lei, soli su una barca a vela, a pochi giorni dall’inizio delle superiori, nel
giorno del suo compleanno. Per un attimo Margherita chiude gli occhi e distende
la schiena sullo scafo, allarga le braccia. Poi li riapre e una forza
invisibile inonda la vela. E’ il vento. Non lo vedi e non lo senti sinchè trova
un ostacolo, come tutte le cose che ci sono sempre state. Persino il mare
sembra senza limiti, eppure canta solo quando li trova: infrangendosi sulla
chiglia diventa schiuma; spezzandosi sugli scogli, vapore; sfinendosi sulle
spiagge, risacca. La bellezza nasce dai limiti, sempre.
[...] La vita è così: nasce in silenzio, in un nascondiglio, e pian
piano si ingrossa nel suo trascorrere e canta proprio dove incontra un
ostacolo. [...] Meglio stare lontani dalla vita, altrimenti si finisce con il
contrarre il vizio alla bruttezza. La vita non è mai in rima, al massimo
concede un’assonanza, di norma fa solo rumore.
[...] Tu sei così giovane, così
al di qua di ogni inizio, e io ti vorrei pregare quanto posso di avere pazienza
verso quanto non è ancora risolto nel tuo cuore, e tentare di avere care le
domande stesse come stanze serrate e libri scritti in una lingua molto
straniera. Non cercare ora le risposte che non possono venirti da te perchè non
le potresti vivere. E di questo si tratta: di vivere tutto. Vivi ora le
domande. Forse ti avvicinerai così, a poco a poco, senza avvertirlo, a vivere
un giorno lontano, la risposta.
[...] Quando è stata l’ultima volta, ragazzi, che avete perso il sonno
pensando al viaggio della vita che vi attende? Quando? [...] Male! Dovete
perdere il sonno sognando il vostro futuro. Il sonno lo perdiamo perchè la vita
ci emoziona allo stesso tempo, la vogliamo aggredire e strapparle le sue
promesse, ma ne abbiamo paura. Abbiamo paura che ci abbatta, che le speranze
restino deluse, che tutto sia stato solo frutto dell’immaginazione. Dovete
perdere il vostro sonno pensando al futuro. Non ne abbiate paura. E’ segno che
state vivendo, che la vita sta entrando in voi.
[...] Quattordicianni – lo scrisse
tutto unito come fosse il nome di un personaggio – non è un’età. Non è niente.
Non c’è la sicurezza che accende gli occhi di Giulio. Non ci sono le rughe sul
viso della nonna. Non ci sono le riunioni di lavoro di papà. Non ci sono gli
abiti da donna della mamma. Non c’è la magica fiducia di Andrea. Non c’è
armonia. Non c’è grazie. Quattordicianni
è volere tutto e niente nello stesso momento. Avere segreti inconfessabili e
domande senza risposta. Odiare sé per odiare tutti. Avere tutte le paure e
nasconderle tutte pur volendole dire tutte insieme, con mille bocche. Avere
centomila maschere senza cambiare mai la faccia che ti ritrovi. Avere un
milione di sensi di colpa e dover scegliere a chi addossarli per non doverli
portare tutti da sola. Vuoi amare e non sai come si fa. Vuoi essere amata e non
sai come si fa. Vuoi stare da sola e non sai come si fa. Vuoi un corpo di donna
e non ce l’hai, e se il corpo diventa di donna non lo vuoi più. Quattordicianni è fragilità e non sapere
come si fa. Ci sono cose che nessuno spiega. Ci sono cose che nessuno sa.
L’amore
[...] Un uomo sceglie una donna,
e viceversa, nella speranza che ci sia almeno uno o una al mondo capace di
perdonare tutto quello che fa, o che almeno ci provi. Almeno uno capace di
perdonarti esiste.
[...] L’amore è fatto di carne. L’uomo
desidera la donna e la risveglia: lei si sente voluta, amata. Quando un uomo
tocca una donna ci tocca l’anima. Non tutti gli uomini arrivano a sentire l’anima
sotto le dita, alcuni vastasi si
fermano alla scorza. Una carezza sulla pelle di una donna è capace di
allisciarci l’anima, uno schiaffo di frantumarla... E poi dall’ombelico parte
quel filo a cui è legata la vita, quella corda non si rompe mai... e un uomo ci
si aggrappa sempre.
[...] «Dài, nonna, racconta...
Com’è un bacio?» «Gioia mia, quello che so è che cerchiamo la vita. Il nostro
respiro non ci basta e vogliamo il respiro di un altro. Vogliamo respirare di
più, vogliamo tutto il fiato della vita. [...] Si dice che la persona giusta è
quella che respira allo stesso ritmo tuo. Così ci si può baciare e fare un
respiro più grande.»
[...] L’amore non è un aperitivo
o una cena fuori, ma una dannatissima quotidianità che diventa una sorpresa
ogni giorno grazie al fatto di essere in due. [...] Amare è un’altra cosa: è un
verbo, un’azione. Non è guardare un film su Paesi lontani, ma andarci davvero,
in due: valigie, fusi orari, attese, moltiplicati per due. Asciugamani, spazzolini,
letti, moltiplicati per due. Caffè, lacrime, sorrisi, moltiplicati per due.
Tutto è raddoppiato. Mentre le fatiche vissute insieme, condivise fianco a
fianco, mano nella mano, diventano meno di uno.
[...] Il cuore non è altro che
una fila di stanze, sempre più piccole, una immette in un’altra attraverso una
porta chiusa e scale che scendono. Sono in tutto sette stanze. Il cuore del
cuore è la settima, la più difficile da raggiungere, ma la più luminosa perchè
le pareti sono di cristallo. Gioia e dolore vengono da questa stanza e sono la
chiave per entrarci. Gioia e dolore piangono le stesse lacrime, sono la madreperla
della vita, e quel che conta nella vita è mantenere intatto quel pezzetto di
cuore così difficile da raggiungere, così difficile da ascoltare, cos’
difficile da donare, perchè lì è tutto vero. [...] Quando il sole scomparve del
tutto, ebbero meno paura che i loro visi fossero così vicini. Margherita chiuse
gli occhi. E l’oscurità celò col suo silenzio calmo quel bacio dolce-amaro. I
respiri si mescolarono ed entrambi sentirono una parte di sé venire alla luce,
la parte più profonda e nascosta, la stanza dove nessuno può raggiungerti se
non glielo permetti, la settima stanza.
[...] Come può mancarci chi non
abbiamo mai avuto? Cosa ci manca veramente: l’altro o una parte di noi stessi?
O abbiamo bisogno che qualcuno ci regali quella parte di noi stessi che ci
manca? [...] E io ho pensato a tutto quello che avevamo vissuto insieme: dal
corteggiamento, quando lui mi pedinava pur di trovare il momento adatto per
scambiare due parole con calma, ai pannolini sporchi, alle nottate insonni,
alle risate e alle lacrime, dalle conquiste come la prima casa, alle sconfitte
come i periodi in cui lui era costretto a prendere molte guardie notturne per
tirare su qualche lira in più, dagli spazzolini confusi al calore sotto le
coperte, dalla freschezza delle foto del matrimonio alle prime rughe... Ho
ripensato a tutto e ho capito che non avrei cambiato niente, neanche una
virgola di quella vita, neanche sui dolori avrei fatto marcia indietro. Chi
sarei stata altrimenti? Sarei sparita, colpita da una specie di anoressia esistenziale.
[...] Quanto tempo passiamo a tenerci tutto dentro, invece di lasciare fuori il
mondo con le sue scadenze e parlare sul serio. Invece di cercare la verità
insieme. [...] Dirsi come stanno le cose, perdonarsi, scegliersi di nuovo e
scoprire che se la tua vita ha un senso è perchè hai amato un uomo per tanti
anni. [...] Ogni tanto mi sembra di avere capito di cosa ho bisogno, la verità
sta lì, bella chiara, ma poi... la routine quotidiana, i ruoli, le ferite non
curate... è come se me ne dimenticassi.
[...] L’amore non è durata, ma pienezza di ogni singolo istante: per sempre è sinonimo di ogni ventiquattro ore.
[...] Io non so perchè ti ho seguito in questa follia, ma so che
questa follia mi è sembrata normale accanto a te. Io che non parlo mai, ho
parlato. Io che non ho mai paura, sono diventato debole e mi sono sentito più
forte così. Io che non ho mai avuto una casa, mi sono sentito a casa sotto il
cielo. Io voglio guardare i tuoi occhi ancora, voglio proteggerti da tutti i
pericoli. Non voglio più salire da solo sui tetti, entrare nei cimiteri per
poter amare la vita. Io non voglio più rubare nulla se non per regalarlo a te.
Il dolore
[...] Chi conosce il dolore ne riproduce l’eco per tutta la vita, come
le conchiglie fanno con il mare.
[...] La memoria delle donne non è situata nella testa, ma nel corpo,
dappertutto. Anima e corpo in una donna sono più uniti, e ogni parte del corpo
ricorda, soprattutto quando ha perso la mano che l’accarezzava, le braccia che
la sollevavano, le labbra che la baciavano.
[...] Gli sembrava ogni volta di toccare il cielo, ma poi
inesorabilmente ricadeva a terra da altezze vertiginose, spaccandosi l’anima in
minuti pezzi di vetro. L’amore non offriva la consolazione promessa. Nessun
abbraccio, nessun bacio, nessuna carezza, nessun amplesso era capace di guarire
la ferita. Cerotti. Uno sopra l’altro, una montagna, su un taglio che non era
stato mai pulito e disinfettato.
Le librerie alle pareti erano riempite da romanzi, dvd e cd. La gente
legge romanzi d’amore, guarda commedie romantiche, ascolta canzoni
sentimentali. E pensa che l’amore riempia il vuoto della propria solitudine. Ma
nessuno può riempire ciò che non ha fondo. Aveva l’anima come un pozzo e non
smetteva di buttarci dentro pietre per riempirlo, ma non affioravano mai:
sparivano nel nulla e lui non aveva il coraggio di sporgersi e guardare dentro.
Non voleva bere la sua acqua avvelenata, voleva solo riempire il buco una volta
per tutte.
[...] Niente macchia gli occhi come le lacrime.
[...] La madreperla infatti ha
la composizione delle lacrime. Acqua e sale che si induriscono attorno alla
scheggia avvelenata. Strato dopo strato, cerchio dopo cerchio nella forma della
simmetria perfetta, che nasconde l’impossibile simmetria del dolore. A
guardarle le perle sembrano tutte uguali, ma quelle naturali al tatto
tradiscono leggere deformazioni, determinate dalla forma del predatore
incastrato dentro. Questo le rende uniche. Acqua e sale scolpite intorno al
pericolo.
I sogni e la vita
[...] Sognare dentro la realtà: questo rende i sogni più grandi, veri,
palpabili! Diventare adulti è trovare la pazienza per dare corso ai propri
sogni, senza rinunciarci!
[...] Nella vita sono importanti non i momenti in cui respiri, ma
quelli che il respiro te lo tolgono.
[...] Ogni cosa bella troppo spesso è quel che resta di un naufragio.
L’arte
[...] Le cose rimangono invisibili senza le parole adatte. [...] E l’arte
è il codice che rende visibili le cose che tocchiamo tutti i giorni, che
proprio perchè le tocchiamo diventano opache, abusate, invisibili.
[...] Ci sono parole come le conchiglie, semplici ma con il mare
dentro.
[...] Tolstoj in una lettera ha scritto: “ Lo scopo dell’arte non è
quello di risolvere i problemi, ma di costringere la gente ad amare la vita. Se
mi dicessero che posso scrivere un libro in cui mi sarà dato dimostrare per
vero il mio punto di vista su tutti i problemi sociali, non perderei un’ora per
un’opera del genere. Ma se mi dicessero che quello che scrivo sarà letto tra
vent’anni da quelli che ora sono bambini e che essi rideranno, piangeranno e s’innamoreranno
della vita sulle mie pagine, allora dedicherei a quest’opera tutte le mie forze”.
Grazie per il tempo che hai dedicato al mio libro e per la bella recensione.
RispondiEliminaA.
credo che gli adolescenti "normali" abbiano tutti dentro quelle domande, anche i compagni di classe di Margherita ecc. solo che non le tirano fuori, non sono educati a farlo e non vedono nei "grandi" la convenienza di affrontale. purtroppo tante persone non si sono mai poste tali questioni, le hanno sfuggite più o meno inconsapevolmente e si ritrovano ancora bambine nel mondo reale. se a 15 anni (come a 25, a 50 o a 80) si è spensierati nel vero senso della parola, non si sta vivendo sul serio. e avere dei pensieri non vuol dire non divertirsi, essere tristi e preoccupati, ma godersi la vita fino in fondo, senza superficialità. per me è così! certo, i protagonisti arrivano presto alle risposte, ma un libro non può raccontare 10 anni di vita! entrambi i libri mi sono piaciuti molto, anche perchè parlano di tante questioni che ho affrontato nella mia -diciamo- recente adolescenza, momento in cui ho iniziato a intravvederne anche la risposta, che sto scoprendo e approfondendo tutt'ora
RispondiEliminaGrazie Sharon per il tuo commento.
EliminaVedi, io penso che ogni età abbia i suoi pregi ed i suoi difetti e l'adolescenza è un'età bellissima, con i suoi alti e bassi da montagne russe. E' l'età nella quale se sei spensierato non te lo rimprovera nessuno, perchè in fondo è anche giusto imparare gradualmente ad assumersi le responsabilità, lasciando il posto ai propri sogni, credendo che possano avverarsi, credendo che il mondo possa essere tuo. Questo non credo sia superficialità. Nè intendo la spensieratezza come superficialità: la intendo come il non avere certe responsabilità tipiche di un adulto (quelle della famiglia, del lavoro...)
La mia battuta sugli adolescenti "normali" era relativa al fatto che la maggior parte dei ragazzi non irrompe nell'età adulta in modo così brusco come succede ai personaggi dei due libri, attraverso la morte di un'amica (bianca come il latte) o attraverso un viaggio alla rincorsa di un padre che rifiuta di assumersi le proprie responsabilità (cose che nessuno sa). I ragazzi attraversano piano piano questa fase, con una lentezza esasperante (Ah! l'attesa dei fatidici diciotto anni che non arrivano mai!), chi prima chi dopo (e chi mai), cercando lentamente le loro risposte alla vita, senza sbattere contro verità dure, che "normalmente" impari più avanti.
Era solo questo, mi sembrava che si dovesse dare spazio anche a questi sentimenti, pur comprendendo che l'esagerazione, il colpo di scena, il dramma siano a volte necessari ad uno scrittore per evidenziare una certa realtà, anche solo per contrasto.
Grazie ancora! Il Pavone Bianco