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Visualizzazione post con etichetta Zorro [Margaret Mazzantini]. Mostra tutti i post
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2 giu 2013

Zorro - Margaret Mazzantini


Ma resta, sai, qualcosa resta, in quest’aria davanti a noi, tra queste gambe che ci passano favanti come pensieri. Ti sembra che è finito, è finito tutto, t’hanno pure fregato le scarpe, i documenti, che quando arrivi sulla strada sei carne alluvionata... Poi viene lo strano, uan mattina ti svegli e ti accordi che un po’ di vita ti è tornata dentro, magari dal buco di un sogno, o dal buco di una bottiglia. Ti scacci una mosca dalla fronte, che fino a un attimo prima la lasciavi stare. Apri gli occhi e sei neo-nato, nel basso, nella merda, ma sei neo-nato. E questa vita qua la rispetti più dell’altra. Sei piccolo, bisognoso, ma già sapiente. Non ti fregano più con il superfluo, con i fuochi d’artificio. Hai in mano un nocciolo di pesca, chiudi il pugno, è tutto quello che ti serve.
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Zorro - Margaret Mazzantini


C’è un regalo che la strada ti fa: ti regala il tempo. Ti sembra un regalo brutto, solo noia, ma non è vero.  Perché se tu alla testa gli dai il tempo, quella lo moltiplica, moltiplica la merda, la maionese impazzita, ma anche tante sensazioni belle, allora è come nuotare nel mare senza averci il pensiero di dover tornare sulla spiaggia. Io ho tempo. Nessuno mi corre dietro, nessuno mi aspetta, nessuno dice: la testa di Zorro non è tornata a casa per cena, è rimasta a nuotare in panchina, andiamolo a cercare che la pasta si scuolce. Fanculo, che si scuocesse tutta la pasta del mondo! Io mi faccio un goccio, e me ne vado, volo come un rondinotto. Mi guardo dall’alto, steso sulla mia panchina col mio cartone di vino e rido, e volo ancora, supero l’ozono, arrivo dal Padreterno, lassù, sul nuvolone di zucchero filato, gli do di gomito, si entra in confidenza e lui mi fa: “Vedi, Zorro, io ‘sta giostra terrena l’ho armata solo per farmi due risate”.
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E io gli faccio: “Dai, Padreterno, fammi stare un po’ quassù con te a guardare ‘sto videogame, ‘ste valanghe di squinternati di vivi, quelli che saltano fuori pista con le macchine, quelli che saltano dai balconi, quelli che saltano con le bombe, quelli che saltano e basta.”

“Ti piace?”
“Urca!”

“Vedi, Zorro, io potrei prenderli e rimetterli al loro posto senza fatica, ma non lo faccio.”
“E perché?”

“L’hanno voluto, ‘sto regaluccio del libero arbitrio? Se lo tenessero!”
[...] “Ma, sì! Ridiamo. Ridiamo su ‘sto libero arbitrio! Lasciamoli saltare!”

Poi finisce il vino, il carburante finisce, e il Signore mi dà il calcione, mi ributta sotto in panchina con una testa che sarebbe meglio svitarla e giocarci a calcetto, che c’hai dentro quattromila api e stavolta c’hai anche quella troia della regina.

 

Zorro - Margaret Mazzantini


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Andiamoci piano, però, con la poesia. Se certi pensieri, dico, li faccio io, che sono un poeta per contingneza ovvia, che sotto il cielo nudo, dagli e dagli, si diventa tutti un po’ poeti, bene, passi, che sono sinfonie mie da senzatetto. Ma te, Cormorano, te che dormi bene e mangi meglio, te non ti permettere. Io sto bene dove sto, non chiedo, però te, volontario, dama di carità, dama di san Vincenzo, te non venirmi a prendere per il culo. Oppure vienici te con il sottoscritto certe sere che me ne sto fuori dal pub con la gola asciutta che pare sale e mi sogno un boccale grosso come il gasometro e ci sono gli stronzetti di sedici anni che si fanno i gavettoni con la birra, e io alzo gli occhi al Creatore e dico: eh, bel lavoro hai fatto, te! Non era meglio che me la inglobavo io, tutta quella bella birra, invece di mandarla in merda?! O quando ho voglia di fottere. Vienici te, quando ho voglia di fottere, dottoressa Cormorana, assistente sociale, o mandami l’amica tua, la Cormorana sarda, la volontaria del giovedì. Veniteci voi a leccarmi il giocattolo, invece di tutte quelle chiacchiere! Ecco il buono-pasto, il buono-dormitorio, il buono-parrocchia! Fanculo! Dammi il buono tuo! Veniteci voi da questa bestia d’uomo quando di notte urla! Perché Zorro ha scordato tante cose, ma l’amore no, e c’ha una nostalgia nei pantaloni... Perché Zorro lo sa cosa vuol dire l’amore di una donna, andarsene via, giù, giù, in buca e poi: pum! E c’hai il carnevale dentro, le stelline, e la guerra, e la vita, e la morte, e tutto il tabernacolo, quando gridi nel corpo di una donna, e la tieni per i capelli, forte! Te la batti contro il cuore, forte! Te la batti dentro, e gridi! Gridi! Amore! Amore! Amooore!

Zorro - Margaret Mazzantini


contrast by dajono, www.deviantart.com
L’altro giorno me ne sto lì, tranquillo, in panchina, che metto in ordine il cassetto qui in alto (si tocca la testa) e mi viene vicino un bambino: “Signore... Signore...”, bel bambino, bel cappottino...
“Che vuoi?”

Tende la manina con la moneta e aspetta. La madre sta a qualche passo, freme. Cos’hai bella signora? Hai paura che t’inghiotto il figliolo? La miseria ti fa paura, quel colpo malvagio del destino che a te per fortuna non è toccato?... Perché a me, signora, quelle brutte monetine? Metallo che offende, signora. Zorro non ha chiesto, Zorro non necessita. Hai tante bustine rigide di boutique che ti pendono dal braccio, devi aver sciupato un bel po’ di grano stamattina. Ma ora, cosìè bella Cormorana, passeggiando c’hai pensato che è freddo, che è quasi Befana, c’hai pensato, passeggiando, a tutta quella povera gente che muore di fame, e tu, buttare tutto ‘sto grano per niente... Cos’è, sei nervosa perché non ritiro la moneta? Vuoi darmi l’obolo per metterti un po’ in pace dentro? Per goderti meglio il cachemirino di boutique? Però non ti avvicinare troppo. Capisco. Mandi avanti il bambino. Capisco. Ah, certo, pedagogico, insegniamo alle piccole generazioni la ginnastica della solidarietà. A che scuola vai, bel bambino? College inglese. Bravo: English is very important, indeed! Bravo. Che belle manine, da ginecologo. Cormorana, è fortunata, il suo piccino parlerà l’inglese e suonerà il pianoforte. Sulla figa delle sue pazienti. Dammi la moneta, moccioso.
“Allora sei proprio un povero?”

“Sì, sono un povero.”
“Mamma è un povero! Un povero! Che bello! Avevi ragione tu!”

Smammate. Smammate felici di avermi stanato.
E anche oggi Zorro è stato utile a qualcuno. Bravo, Zorro, anche se hai preso un cazzotto (Si dà un pugno nella pancia). Qui dentro, nel cassetto più basso.

contrast by dajono

1 giu 2013

Zorro - Margaret Mazzantini


L’ora io ce l’ho in cielo. Per me, Cormorano, la vita è un giorno, uno solo, dall’alba al tramonto, e amen. Oggi mi prendo la libera, la mia giornata da uccello. Guardo solo il cielo. Certo, capace ci capita pure qualche antenna, satellitari, parabole, telefonia, pazienza. Il cielo di città mi piace perché puzza di basso, di uomini. Il cielo di campagna, invece mi fa paura. C’è solo roba del Signore, lassù: stelle, stelloni, nuvole al galoppo.  E poi che mi mettevo a fare in campagna? A litigare con gli alberi? Quelli sono tranquilli, beati, ti fanno sentire uno sputo.
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Mamma era la persona più coraggiosa che ho conosciuto. Quel tipo di coraggio che è solo delle donne, gli uomini non ce lo possono avere un coraggio così... così zitto. C’aveva sempre il raschio in gola, per tutti i rospi che s’era tirata giù senza fare una piega. Davanti a noi maschi di casa sembrava che c’avesse paura, ma non era vero, lo faceva per farci sentire più forti. Mi ha fregato. Sono uscito di casa che mi sentivo un leone, dopo ho faticato a capire che ero un coglione.
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Il problema certe volte è la parola. Arrivo a sera che capace non ho aperto bocca, ho parlato tutto il giorno con me stesso ma non ho aperto bocca. Allora mi sono inventato ‘sto modo, mi racconto le cose, mi dico quello che faccio, mi do i consigli, le sgridate. E ho visto che è meglio, il suono è meglio. Perché la voce interna è pericolosa, non te ne accorgi e cali, cali, vai sempre più giù, in grotta, rimescoli il passato, e ti dai ragione, troppa, e troppi torti agli altri. E la voce, dentro, comincia a farsi grossa, la testa comincia a rimbombarti come un locomotore, senti l’eco delle tue parole, un fischio lungo che rimane.
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Voi non ci crederete, ma io, qui, non sempre ma certe volte, dal nero, mi son visto davanti la gioia. Allora mi dico: vedi, Zorro, ognuno ha la sua favola, e questa è la tua, solo tua. Loro non lo sanno, non lo immaginano a vederti ridotto così, e questo è il bello. Perché il sogno è bello in solitudine, stretto nelle mani nude, magari sporche, magari dure, che quando le strofino fanno un rumore di cartone. Restate lì dove siete, Cormorani, nelle vostre ludoteche, paninoteche, enoteche, emeroteche... Nelle vostre teche.
homelessbanner istockphoto.com

 
La dignità non è una tessera che te la dà la società civile, e se non ci stai dentro alla società civile perdi la tessera, te la ritirano come il bancomat. No, la dignità è un seme che t’ha messo dentro il Creatore. Una cosa che è solo tua come il seme nei coglioni.
The Power of Words - wordofmouth.wordstrong.com.png

 
Dici che non sono normale? Calma, Cormorano, qui c’è da fare un discorso lungo. Io non lo faccio. Dico solo che normale è una parola storta. Parliamo di frequenza e infrequenza, così mi sta meglio. Diciamo che è infrequente che la gente attraversi a cazzo come me. Io sono un infrequente. Infrequente è bello, è una rarità. E’ come un fico a dicembre. Io sono un fico a dicembre, una ciliegia a gennaio, una pesca a febbraio...
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Quando è stato che il piano di cristallo si è inclinato? Era lì davanti ai miei occhi, tutti ci stavano sopra, regolari... S’è inclinato in un verso. Non me ne sono accorto subito, ho visto tutti che scivolavano sul vetro. S’è svuotato, è rimasto di traverso. La vedo, ‘sta linea obliqua davanti a me, sembra che deve cadere da un momento all’altro, ma non lo fa, rimane...
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Ora che è inverno, invece, mi sono preso la suite, l’abbonamento al regionale. Prendo l’ultimo treno della sera, mi metto lì buono con i pendolari, ascolto le chiacchiere, guardo le facce, mi immagino che roba li aspetta a casa, nel piatto, nel letto. Si pensano che anch’io sono uno che torna dal lavoro.
“Dov’è che scendi te, Zorro?”
“Poi, scendo poi.”

Finché ci resto solo, sul vagone, a sentire gli scambi sotto le ossa. Resto fino a che il treno si ferma, e allora è come se si ferma il cuore. Senti i grilli, e qualche cane. E lì accanto, sul sedile vuoto, vedo qualcosa, un pesciolino, una speranza. E ti capita di credere che stai andando chissà dove, che la tua vita galoppa ancora. (Fa un fischio lungo come quello di un treno).
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Certe volte si dice che il mondo casca addosso. Si dice tanto per dire. Invece è verò. Sento un botto dentro, nel petto, poi a salice piangente nelle gambe e nelle braccia, un colpo e un vuoto, un colpo e un vuoto, e appresso viene giù di tutto, la libreria, il calendario, le cazzate, tutto...
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Zorro (prefazione) - Margaret Mazzantini

 

Non ho scelto uno che guarda in terra. Ho scelto uno che avesse ancora voglia di guardare in faccia la gente. Un anatraccio curioso che risale il fiume e scruta i regolari, i “Cormorani”, quelli che stanno nel recinto della società organizzata. Straparla, dice la sua, buon senso e bestialità, ride di gusto e poi s’accascia. Ha un vecchio trauma stretto nel cuore come un trofeo, e un guinzaglio al posto della cravatta: è roba del suo cane, del suo lutto. E’ il cazzotto, la sciancata. E’ il piano della vita che s’inclina, si mette di traverso. Una notte è uscito, s’è messo a quattro zampe, è andato. E’ lurido, come tutti i barboni. Indossa un vestito color birra d’un tessuto che luccica, preso a un centro di raccolta e che magari è il vestito di un morto. Due mollette da panni stringono i pantaloni al polpaccio. Scarpe con le suole lisce come dorsi di canoa, scarpe che scivolano sui marciapiedi, sulla melma del lungofiume, sulle verdure rimaste in terra dei mercati che smontano. La maglietta produce fiammelle, è acrilica, azzurro nazionale, con un bello scudetto dell’Italia. E’ l’allegria che copre il petto, il ghigno che lo gonfia, che sfotte il cielo. Si chiama Zorro questo ragazzo di mezza età. Zorro come lo spadaccino nero, Zorro come un cane color piscio. E’ incazzato, naturalmente è  molto incazzato, oppure ci fa. Non ha più le tessere di accesso, è come quei guidatori spericolati a cui hanno ritirato la patente. Beve, chi sta in strada beve. Dorme in stazione, accanto allo sfiato caldo della metropolitana, sniffa gli odori, gurada le scarpe che passano, guarda le donne. Gliene piace una alla portata, una con il culo basso come il marciapiede.

Zorro - Margaret Mazzantini

Ogni tanto viene voglia di stendersi sul guanciale dell’abbandono,
di dire: ma sì, voglio essere molle e cagionevole, stupido e disdicevole.
Voglio sputtanarmi, non ce la faccio più a tenere il punto fermo,
la bussola orientata sulla rotta della decenza.