Archivio Blog

Cerca nel blog

25 mar 2013

Il sorriso imperfetto - Capitolo 29

Chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare dalla musica di quel violino. Una nota inseguiva l’altra, come piccole fate svolazzanti in quella foresta magica dove lo Spirito delle Acque suonava allegro il concerto in do maggiore n.2 di Albinoni. La sua bocca si aprì in un sorriso, mentre notava che alle piccole fate si erano aggiunti buffi folletti, che giravano intorno ad una roccia dove una donna era sdraiata ad occhi chiusi. Guardò il suo viso e scoprì che era lei. Era come vedersi in uno specchio e sentirsi allo stesso tempo dietro di esso: osservatore e osservato, come in un gioco imprevedibile e assurdo, di quelli che solo i bambini sanno immaginare.
Improvvisamente la Lisa sdraiata apriva gli occhi e le piccole fatine afferravano una per una le dita delle sue mani, invitandola ad alzarsi in piedi. Lei accettava il loro invito e si alzava guardandosi intorno, ammirando a pieni occhi quella foresta verdeggiante, trafitta da luminosi raggi di sole, per poi volgere lo sguardo verso l’alto a scorgere, tra le alte fronde sopra di lei, l’azzurro pieno del cielo. Indossava un abito bianco, che svolazzava intorno al suo magro corpo avvolgendola come seta ed era a piedi scalzi sull’erba fresca e bagnata che le solleticava le piante. Lisa avanzò verso l’acqua, ma al primo contatto con le gelide neve sciolte nel mare, provò un brivido. Vincendo la pelle che intirizziva a quel palpitare di gocce fredde intorno al suo corpo tiepido, pian piano si immerse, lasciando che quella linea così flebile dove l’acqua sfidava l’aria, facesse scomparire lentamente il suo corpo, bagnando prima la seta che indossava e facendola aderire al suo corpo e poi sfiorando la sua pelle, che sentiva accarezzata con magica dolcezza. Quando il suo viso giunse a bagnarsi, Lisa chiuse ancora gli occhi, per riaprirli non appena fu immersa completamente in quel liquido. Lì, sotto un cielo di acqua, si sentiva protetta da tutto il mondo che viveva lì fuori: era come se fosse tornata nel ventre di sua madre, dove nulla avrebbe potuto farle del male. Era una sensazione ancestrale di sicurezza, che non aveva mai provato da quando i suoi ricordi erano coscienti.
 
Norvegian Spirit of the Waters, di Arenosto Amarilli
E sott’acqua vide lo Spirito delle Acque, i suoi occhi chiari e trasparenti ed il suo sorriso. La musica le giungeva ovattata alle orecchie, ma sempre allegra al cuore. Lui suonava e la guardava e lei danzava sott’acqua, come se l’acqua stessa non potesse esserle di impedimento, ma anzi l’aiutasse nei volteggi, spingendola verso l’alto ogni volta che pensava di spiccare un salto. Le ninfee intorno a lei muovevano i loro petali dai colori accesi, seguendo il ritmo incessante del violino, come piccole mani di spettatori che accompagnano una danza rituale. Le piccole fate volteggiavano intorno a lei, emulando i suoi movimenti e invitandola a continuare, a non smettere mai.
Ora la donna che guardava era tutt’uno con se stessa, gli occhi che esploravano quell’universo subacqueo erano i suoi e sentiva di volerli perdere dentro lo sguardo dello Spirito delle Acque e lasciarsi trascinare giù. Così richiuse gli occhi.
Quando li riaprì, le ninfee erano sparite, la musica era cessata e lo Spirito delle Acque aveva lasciato il posto ad un bambino. Solo il violino era rimasto.

Nessun commento:

Posta un commento