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18 feb 2014

Un giorno ordinario.

Un giorno ordinario.
Un pomeriggio di vita qualunque.
Ferma in coda, in un supermercato, osservi la famiglia che ti precede. Non sono né belli, né ricchi, né hanno chissà quale felicità negli occhi. Eppure sono uniti, si suddivono i compiti con meticoloso ordine: chi impila la spesa sul nastro, chi la imbusta, chi la paga. Basta un cenno, si capiscono. E si accontentano anche di quello stralcio della loro vita, sembrano non chiedere di più.
Ferma dietro di loro, ti vedo afferrare un pensiero che ronza nella tua mente.
«Cosa ho io che non va?»

Ti muovi, lentamente, e ripetendo un gesto dopo l'altro appoggi sul nastro i tuoi prodotti. Li conosci uno per uno perché scandiscono il tempo dei tuoi giorni, piccoli, insignificanti oggetti dei quali ti servi per muoverti nella vita.
Il tuo pensiero è distante da lì. È volato via, dentro di te, a caccia di un'ombra
Ti stai chiedendo perché, quando la mattina apri gli occhi, senti il respiro mancare, mentre il cuore vorrebbe tacere il suo battito e restare in silenzio. Ogni istante della tua giornata è un peso che ti sembra insopportabile, ogni gesto è rallentato, ogni pensiero è velato. Eppure apparentemente hai tutto quello che servirebbe, forse un po' di più.  Cos'è che davvero desideri e cerchi?

Imbusti la tua roba, in ordine, quell'ordine al quale ti forzi per domare il caos che hai dentro.
Cos'è che aneli in quel modo così disperato che ti costringe a non vivere ogni giorno?
Dove va la tua mente quando guardi la gente negli occhi e non la vedi, quando senti discorsi che non ascolti, rispondendo con parole che il tuo cervello mette in ordine in modo meccanico? Cos'è quel fuoco che ti divora dentro?

Digiti il pin, sorridi mestamente, saluti e te ne vai. La cassiera ti guarda, risponde al tuo sorriso, ma tu non lo vedi e senti solo la cassa che si chiude.
Dling.

Cammini senza curarti di nulla, apri il portabagagli, sistemi una busta dopo l'altra, ti infili in auto e ripeti gesti infinitamente uguali.
E all'improvviso ti fermi e scendi.
Guardi il cielo, e ad un tratto urli, e piangi di lacrime che non ne possono più di scavare le tue guance.
Offri il tuo volto al vento che scompiglia i capelli.
E scende la pioggia e ti ricordi che un giorno l'hai perfino amata.

Hai smesso di chiederti perché.
Perché non hai risposte, per quanto tu abbia provato a cercarle.
Hai provato a restare avvinghiata alla tua vita, hai provato ad accontentarti di ogni minuscolo istante, ma non era mai abbastanza.
E alla fine sei volata via, e il tuo volo sfidava le stelle. Era come essere cullata da un'onda, e ti piaceva quella carezza marina che ti sfiorava l'anima.
Poi a un tratto hai spezzato le ali, e sei precipitata giù, gabbiano goffo sulla spiaggia.

E ti chiedi perché, quando hai raggiunto il cielo, hai spento tutte le stelle.

Ti asciughi le lacrime con il bavero del cappotto. Lasci che il vento si porti via quell'ombra.
Devi tornare a casa.
Rimetti su il tuo sorriso e chiudi la cassa della tua anima: nemmeno lî dentro, c'è un posto per te.
Dling.




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