Vorrei poter tagliare una
fetta di ricordi da tutti quanti per tracciare la scala a chiocciola della mia
ascesa verso la maturità – o è una discesa? Penso di aver vissuto abbastanza da
conservare la mia vita tra riflessioni, tracciati di incontri e nuovi incontri
con persone, sane e squilibrate, stupide e intelligenti, belle e grottesche,
neonate e anziane, fredde e calme, pragmatiche e idealiste, vive e morte. Ho
talmente riempito la mia riserva di giorni e maschere che adesso posso e devo
passare gli anni a pescare, a tirar su mostri dagli occhi di perla, coriacei,
squamosi e con barbe marine, sommersi da lungo tempo nel mar dei Sargassi della
mia immaginazione. Mi sento presa dal mio passato come se fosse la mia stessa
vita. Sciogli l’enigma: perché ogni laccio di scarpa di bambola è una scoperta?
Ogni sogno di scatola magica una rivelazione? Perché queste sono le reliquie
affondate dei miei io perduti che devo imbastire, con le parole, in tessuti
futuri.
È già domani e io cancello i giorni con
una gioia maligna – proprio come, con zelo prematuro, butto nel secchio le
bottiglie vuote di vino e i vasetti del miele, per essere pulita e libera dall’ingombro
di recipienti pieni a metà: quelli della mia giovinezza e delle mie
aspettative.
Sylvia Plath, Diari
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