Appunti & divagazioni di una(non solo)mamma
Cara Elasti, tu scrivi: «Se rinascessi, oltre ad avere i capelli rossi, la terza di reggiseno e un’altezza maggiore o uguale a 172 centimetri...». Io tutte e tre queste caratteristiche ce le ho e conosco anche il baratro della disoccupazione dopo aver lavorato e incastrato la mia vita di donna e di mamma in orari impossibili. Eppure non mi sono servite né a far carriera né soprattutto per rientrare oggi, a 45 anni, nel mondo del lavoro.D La Repubblica n. 694 pag. 30
http://periodici.repubblica.it/d/
Diploma di analista contabile a pieni voti che mi ha consentito l’ingresso in una società dove per ben 24 anni ho fatto di tutto, per poi essere scaricata, senza tanti problemi e nonostante un mutuo e due figli a carico, per “riorganizzazione del personale”. Vogliamo dircela tutta? Io con i miei bei capelli rossi, la mia terza di reggiseno, i miei 171 centimetri da terra ben distribuiti e un bel fondoschiena (dicono), compromessi e mezzucci non li ho mai presi in considerazione e forse è anche per questo che oggi mi ritrovo a spasso. Ma io sono prima di tutto una mamma e come tale sono incazzatissima perché con due figli ancora piccoli, di cui una pre-adolescente che fa e si fa domande, è molto difficile restare coerente e con i piedi per terra. Come fareste voi a dire a vostra figlia che esiste una dignità che ti consente di guardare dritto negli occhi figli e marito ma non serve a pagare le bollette a fine mese e, soprattutto, non ti dà quell’identità che hai solo se sei qualcuno? Non è solo una vita da precaria nel lavoro ma anche una identità da precaria.
Provate voi a spiegare a mia figlia, che ha solo 13 anni e che è stata eletta baby sindaco al grido di «Yes we can», come mai la mamma è a spasso e come mai è così faticoso guardare avanti, continuare a sognare come dice Fiorella Mannoia (rossa come me). Anche io ho imparato a sognare. E vorrei tanto non smettere, nonostante tutto.
Una mamma a vita (mi auguro) e una moglie precaria (perché, diciamocelo, anche qui una certa instabilità emotiva e di ruolo influisce)
Cara baby sindaco, figlia di una mamma lucida e «incazzatissima», 13 anni sono una bella età per fare il sindaco, per prendere il mondo in mano, per dare un bacio a un goffo e tremebondo coetaneo e scoprire che i maschi sono animali strani, irresistibili e talvolta infidi, per guardare la vita con fiducia e te stessa con trepidazione. A 13 anni sei in bilico, tra la bambina che eri ieri e la ragazza che sarai domani. E restare in equilibrio non è sempre divertente. Noi, la tua mamma, io, le tredicenni degli anni 80 insomma, lo sappiamo bene, perché siamo ancora qui, sul filo, a chiederci chi siamo. Da piccole qualcuno ci ha spiegato che ci dovevamo emancipare, che dovevamo studiare, lavorare, possibilmente fare carriera, perché è così che saremmo diventate donne realizzate e felici. Qualcun altro ci ha detto che dovevamo avere dei bambini e magari un marito per bene con cui dividere figli, tetto, bollette, perché è così che saremmo diventate donne realizzate e felici. Ed eccoci qui, in mezzo al guado, stropicciate, imperfette, stralunate, arrabbiate e in preda a cronico senso di colpa. Schiacciate tra lavoro e focolare, comunque fuori posto, spesso sbagliate, in un mondo che ci guarda senza capirci, che ci strattona, ci disorienta e ci domanda: «Ma si può sapere che vuoi?». Vorremmo trovare l’equilibrio, non sentirci fallite se non lavoriamo ed egoiste se non facciamo figli. Vorremmo fare quello che ci pare, a testa alta, esattamente come i nostri coetanei, tredicenni goffi e tremebondi negli anni 80.
Anche alla tua mamma piacerebbe fare il sindaco, come fai tu, gridando «Yes we can» e invece non può per il momento, invece è a casa, stanca, stufa e arrabbiatissima, a cercare un’identità che non trova più. Cara tredicenne, la tua è un’età complicata, la nostra è una generazione di mezzo, incastrata tra nonne casalinghe e figlie baby sindaco. Tu diventerai grande e noi, a furia di equilibrismi e arrabbiature, ti accompagneremo fuori da questo guado, sull’altra sponda, dove sarà più facile ritrovare l’equilibrio e soprattutto noi stesse.
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