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15 ott 2010

Il cappio

Prologo

Erano circa le sei di pomeriggio e Anita era di fretta. Come al solito si era lasciata prendere con entusiasmo dalle formule matematiche e si era dimenticata del tempo. In quei momenti per lei non esistevano nè lancette nè quadranti e l’unico tic tac che sentiva era quello delle sue dita sulla tastiera del computer e sui tasti del mouse. Il memo di Outlook lo aveva già posposto due volte e sapeva di essere in ritardo per l’appuntamento con il suo capo: aveva l’intervista nella quale si aspettava la promozione, come anticipazione per tutti i risparmi che avrebbe fatto conseguire all’azienda con il suo nuovo modello di controllo dei costi. Decise che non poteva entrare in riunione senza prima essersi fermata in bagno, visto che era rimasta inchiodata alla scrivania dalla mattina, per tentare di chiudere la nuova versione del suo modello, quella che le sarebbe valsa la menzione nei documenti ufficiali che venivano portati settimanalmente al nuovo Amministratore Delegato.

Uscita dal bagno fece un ampio respiro e si incamminò a passi svelti e lunghi verso l’ufficio del capo. Massimiliano, così si chiamava, era un uomo che stimava. Non era il classico arrivista che farebbe di tutto – compresa la scontata vendita della madre – pur di fare carriera. E nei due anni che avevano lavorato insieme si era instaurata una sorta di complicità tra i due, retta dalla stima reciproca e dal fatto che Anita stava dando con il suo lavoro una grossa spinta verso l’alto al suo capo.

Bussò ma non ottenne risposta. Ribussò dopo aver portato l’orecchio alla porta, per sentire se per caso Massimiliano fosse immerso in una telefonata fiume delle sue e non ottenendo ancora risposta appoggiò la mano sulla maniglia e la abbassò leggermente, con l’effetto di creare qualche millimetro di spazio ove buttare un occhio per capire se il capo era dentro o no. Nulla e nessuno.

A quel punto tornò alla sua scrivania un po’ arrabbiata, prese il suo Blackberry, mando un messaggio istantaneo al suo capo “DOVE SEI?” e sentì poco distante un beep. Ebbe un flash, tornò indietro e spalancò la porta dell’ufficio di Massimiliano.

Il corpo pendeva senza vita dal soffitto. Un cappio di corda robusta era avvolto intorno al collo dell’uomo e gli spingeva la testa penzolante verso la spalla destra. Gli occhi erano aperti e all’infuori. La bocca era anch’essa aperta, come nell’estremo tentativo di rubare l’aria intorno per spingerla giù nei polmoni. Era vestito nel suo completo grigio scuro, la camicia bianca e la cravatta verde, come aveva visto usare dai suoi dirigenti diretti e di capogruppo. Le gambe penzolavano sulla scrivania, rigorosamente nei pantaloni con le pence e la piega in basso. I piedi ciondolavano nelle scarpe nere di Herring. Appena distante dalla scrivania sopra la quale si trovava il corpo dell’uomo, giaceva sottosopra una sedia, probabilmente usata da Massimiliano per arrivare al cappio e spinta alla fine per completare il suo terribile disegno.

La scrivania era pulita, ordinata e nessun messaggio era stato apparentemente scritto per spiegare il gesto, nè qualcosa mostrava che Massimiliano avesse alcuna intenzione di ricevere Anita quel pomeriggio. La motivazione restava ignota, ma che fosse morte per suicidio era inequivocabile.



Cap.1

Alfredo era arrivato da poco a capo di quella azienda. Un’azienda di giocattoli. Un’azienda come molte altre, da poco tempo reduce da una fusione e con pesanti ristrutturazioni ancora da effettuare. Lui era abituato dopo tutto ad essere l’uomo delle “ottimizzazioni”, nonostante avesse soltanto trentacinque anni. Tutto nella sua formazione aveva contribuito a quel momento: gli studi, gli stage, le prime esperienze presso studi di consulenza ad alto livello.

Era stato ripescato dall’amministratore delegato della capogruppo tra un gruppo di consulenti che aveva lavorato alla fusione: gli era piaciuto non appena avevano incominciato a lavorare insieme, forse perchè Alfredo gli ricordava molto suo figlio, che invece si perdeva tra giochi d’azzardo e nottate al casinò da una parte e festini a base di coca e sesso dall’altra.

Era arrivato da qualche mese e aveva sentito puzza di marcio non appena aveva messo piede in quell’azienda. Non aveva ancora compreso quali fossero i giochi, chi fosse dalla sua parte e chi no, chi era degno di fiducia e chi doveva essere messo alla porta, ma era intenzionato a farlo quanto prima.

Era nel suo ufficio. Erano le sette. La sua segretaria, Clara, entrò trafelata senza neanche bussare, il che lo spiazzò non poco, visto che era intento a leggere della documentazione con le gambe appoggiate al tavolo, mentre fumava.

- Eh.. Clara, che c’è? Non si bussa?
- Mi scusi dottore. E’ successo un fatto gravissimo.
- Cosa è successo, avanti... il solito dipendente rimasto chiuso in ascensore? Sarà la quinta volta da quando sono qui...
- Dottore. Ha presente il dottor Ferrari?
- Massimiliano Ferrari? Il capo del Finance?
- Sì, lui.
- Sì, ho presente... e quindi?
- E’ morto.
- Oh mio Dio... come è morto? Come lo ha saputo?
- E’... è... si è... c’è la polizia che vuole parlarle... ecco... sono proprio qui...
- La polizia? E perchè di grazia? Come è morto?

Clara non riuscì a parlare perchè fu scostata dal Commissario Polesel, che entrò con fare arrogante nell’ufficio.
- Commissario Polesel. Lei è l’amministratore delegato di questa azienda?
- Mi può spiegare cosa sta succedendo?
- Siamo stati chiamati... – iniziò il Commissario, ma fu interrotto subito da Clara: Anita Cenci, dottore, sa quella ragazza carina e brava che lavorava con il dottor Ferrari...? Li ha chiamati lei...
- Che cavolo è successo? Qualcuno me lo vuole spiegare? – urlò impaziente Alfredo.
- Signora, la prego... – disse il Commissario a Clara, che non voleva perdersi un attimo di quel colloquio e si sentiva in dovere di comunicare lei la notizia al suo responsabile, piuttosto che quell’uomo basso e grasso e anche arrogante con quel nome che risultava un po’ buffo addosso a lui, perchè le ricordava proprio un pollo.
- Clara, la prego, esca e mi lasci con il commissario – disse Alfredo a Clara, che con notevole disappunto borbottò un “Come desidera” e si avviò lentamente verso la porta, attardandosi a chiuderla come a voler allontanare il momento in cui sarebbe stata definitivamente fuori dalla portata di quelle chiacchiere. Quando fu fuori, Alfredo proseguì – mi scusi Commissario. Prego, mi dica.
- Un suo dipendente, Massimiliano Ferrari, si è suicidato nel suo ufficio al quinto piano di questo palazzo circa due ore fa. Il cadavere è stato scoperto da una sua collaboratrice, Anita Cenci, che ci ha indicato di essere entrata nel suo ufficio per un colloquio di valutazione con lui.
- Ah... e cos’altro ha detto? Possibile che non abbia sentito nulla?
- Non ha detto proprio nulla, se per questo... quello che le ho raccontato lei ce lo ha mostrato a gesti a suo modo.. è sconvolta.. sembra impazzita.. continua a fare avanti e indietro con la sua valutazione in mano e fuma una sigaretta dopo un’altra. Abbiamo chiamato uno psicologo che dovrebbe arrivare entro un’ora, così la porta a casa e la segue. Dovrebbero arrivare anche i suoi parenti..
- Ma è certo che è un suicidio?
- Non abbiamo riscontrato nulla fino ad ora che dimostri che non lo è, mi spiace. Sembra abbastanza evidente, ma dobbiamo aspettare che la scientifica finisca il suo lavoro prima di confermare che si tratta di suicidio. Sono qui per questo. Dovrò interrogare i suoi colleghi e collaboratori nei prossimi giorni per verificare ogni ipotesi e trovare, se possibile, una qualche giustificazione al gesto.
- Non ha lasciato nulla... di scritto intendo?
- No. Inoltre ho bisogno di poter accedere ai vostri archivi del personale per comunicarlo alla famiglia. Immagino abbiate i riferimenti...
- Mm.. sì – quindi tese un braccio verso il telefono interno e disse – Clara, per favore chiami Stefani al personale e gli chieda i riferimenti privati e di lavoro del dottor Ferrari. Subito grazie – e rivolto verso il commissario – mi spiace, come posso aiutarvi?
- Lei non ha sentito nulla? Lo conosceva bene? Ha qualche idea?
- Vede commissario, sono arrivato da poco in questa azienda. Sto lavorando da pochi mesi con queste persone e sinceramente non le conosco tutte a fondo. Certo, ho già percepito antipatie, simpatie, mi sono già fatto idea delle coalizioni che è inevitabile ci siano ad un certo livello ma... no, non credo che le faiducce di lavoro fossero di tale rilievo da portare ad un suicidio.
- Bene. Ho bisogno di lei
- Sono a sua disposizione...
- In questi casi – ne ho passati tanti, mi creda! – è prassi interrogare i colleghi e quello che ne viene fuori è il classico quadretto rosa dell’impiegatuccio modello che non farebbe e non ha fatto male ad una mosca. Io non ne ho bisogno, anche se lo devo fare perchè mi è richiesto. Quello di cui ho bisogno è che venga fuori quel sottobosco di chiacchiericcio e pettegolezzi tipico di una azienda, quello da macchinetta del caffè, che sia roba di lavoro o personale, non mi interessa, purchè mi porti a capire perchè un uomo che si può considerare in apparenza “arrivato” decide da un momento all’altro di togliersi la vita.
- Come faccio? Sa bene che...
- Non mi interessa come farà. E’ lei l’amministratore delegato di questa azienda. Trovi il modo... – disse il commissario, mentre si alzava e si dirigeva verso la porta. Quasi si scontrò con Clara che entrava con il biglietto ove erano riportati in bella calligrafia il telefono di casa ed il cellulare personale e aziendale del dottor Ferrari. Polesel le sottrasse di mano il biglietto, la ringraziò tra i denti e uscì.

Cap.2

Era passata una settimana ed il caso era ancora fermo.

Il commissario Polesel era nero di rabbia. Ancora una volta non era riuscito a fare emergere nulla di significativo sulla vita del suicida: brava persona, vita regolare, carriera pulita. Nessuno si spiegava ragionevolmente perchè si fosse suicidato. Eppure lui sapeva che qualcosa di grosso era successo nella vita di quell’uomo. Poteva essere qualcosa di assolutamente improvviso che gli aveva sconvolto la vita o qualcosa che lentamente, goccia su goccia, aveva eroso la sua stabilità mentale.

La sua famiglia lo dipingeva come un uomo solitario, forse un po’ pessimista e triste, con le sue insoddisfazioni e le sue delusioni, ma non disperato al punto di suicidarsi. Per i colleghi era un avversario leale, per i collaboratori un buon capo e per i responsabili una persona affidabile. Dunque? Tutto qui? La motivazione del suicidio restava ignota. Presto gli avrebbero chiesto di chiudere il caso e lui non poteva farci nulla, perchè la sua responsabilità finiva nel momento in cui si accertava che il morto si era suicidato. Il perchè non era suo compito scoprirlo.

Anche ad Alfredo il tarlo era rimasto, soprattutto perchè in quegli ultimi giorni era aumentata la puzza di marcio che aveva sentito al suo arrivo. Decise che avrebbe dovuto andare a fondo e chiese a Polesel di temporeggiare ancora per qualche giorno.

- Clara, mi chiami.. dunque: dottor Semeraro delle Operations, dottor Pasquini e dottor Riboldi delle due Direzioni di Produzione, dottor Galli della Ricerca, tutti i riporti del dottor Ferrari ed i pari livello delle altre direzioni.. insomma tutta la prima e seconda linea e i riporti di Ferrari. Okay? Oggi pomeriggio alle quattro in sala consiglio. Chi non c’è può firmare la lettera di dimissioni e andarsene già da domani.

***

Alle quattro meno cinque Alfredo era già seduto nella sala consiglio, con un blocco dove si era fatto segnare da Clara i nomi di tutti quelli che avrebbero partecipato alla riunione. Nel giro di qualche minuto la sala si riempì di colleghi, ma al contrario delle altre occasioni in cui ciò avveniva – auguri di Natale o di Pasqua, dimissioni o nuove assunzioni – stavolta erano tutti concentrati a guardare il pavimento ed erano pochi gli occhi che svolazzavano tranquilli e senza colpa in giro per la stanza.

Tra di loro c’era anche Anita, chiusa in un tailleurino blu di gabardin ed una camicetta rosa shocking, unica donna presente, che ammirava l’arredamento di quella sala che raramente aveva occasione e tempo di osservare nel dettaglio. Stava ammirando i quadri di Mirò e cercando di leggere i titoli nell’etichetta di metallo appoggiata appena sotto la cornice, quando Alfredo annunciò l’inizio della riunione con qualche colpetto di tosse, chiese conferma a Clara che fossero arrivati tutti e la invitò ad uscire chiudendosi la porta alle spalle. Pensò un attimo quanto sarebbe stato buffo se Clara li avesse chiusi a chiave nella sala consiglio e lasciati lì per tutto il tempo: poteva essere un’idea per raggiungere il suo obiettivo, ma quella era un’altra storia.

- Vi starete chiedendo come mai vi ho convocati – e qui tutti accondiscesero con la testa o dei sorrisi stupidi di circostanza – Bene. Il motivo è la morte del dottor Ferrari della quale tutti avete saputo. – si fermò un attimo finchè il mormorio dettato da quella rivelazione non si autocensurò – Io non posso pensare che un uomo – prese il suo blocco e lesse il rapporto del commissario, sottolineando le parole – “gentile... educato... gran lavoratore... onesto... un bravo capo ed un bravo responsabile... “ da un giorno all’altro decida di appendersi per il collo in ufficio. Silenzio! – intimò – E’ per questo che, indipendentemente da quella che è stata l’indagine scientifica e la sentenza di suicidio del commissario Polesel, peraltro non ancora formalmente chiusa, per onestà nei confronti di quest’uomo che apparentemente sembrava amato da tutti, ho deciso di fare la mia indagine personale e mi aspetto che tutti voi, e ho detto “tutti” voi, siate estremamente collaborativi. Domande?

Anita si sentiva particolarmente interessata. Era l’unica donna presente ed era la persona che aveva scoperto il cadavere. Era ancora scioccata e dispiaciuta. Alzò timidamente la mano e quando Alfredo le diede la parola gli chiese: - Che tipo di collaborazione si aspetta... cioè cosa dovremmo fare?

- Anita... giusto? – e lei fece un cenno d’approvazione – so che lei è stata particolarmente colpita da questo avvenimento. Il commissario mi ha raccontato tutto del suo interrogatorio, visto che è la testimone principale. La ringrazio per come ha saputo collaborare con le istituzioni, nonostante lo shock, ma non basta. Vedete – tutti quanti – un’azienda è fatta di persone e le persone hanno emozioni, pensieri, interessi, ideali, principii. Le persone intessono relazioni che non riescono ad essere solo di lavoro. C’è empatia... una persona non riesce ad essere completamente distaccata, o almeno non sempre... ed è inevitabile che si arrivi a scontri, lì dove sono toccati nel profondo i valori sulla base dei quali una persona ha costruito la sua esistenza. Il dottor Ferrari era un uomo che aveva dei valori molto radicati di onestà, giustizia e correttezza. Il suo curriculum personale stilato dai suoi precedenti responsabili negli ultimi dieci anni lo dipingono così. Era, insomma, quello che si chiama un uomo tutto d’un pezzo... ed un uomo tutto d’un pezzo ha due soli motivi per arrivare ad un suicidio: un amore stravolgente finito male o un senso di colpa mostruoso che il suo io non regge. Ebbene signori... Io voglio capire quale delle due motivazioni sta dietro il suicidio del dottor Ferrari. Per un semplice motivo: perchè nel caso in cui non sia una storia d’amore ad averlo spinto verso un gesto così inumano, allora è dentro quest’azienda che quel qualcosa di inumano va trovato e sradicato. Ed è mio compito, in qualità di amministratore delegato, capire se questa è un’azienda sana o è un’azienda marcia.

Vi starete chiedendo come farò, giusto? Vi chiamerò personalmente. Con ciascuno di voi nei prossimi giorni fisserò un colloquio di mezz’ora al massimo, nell’ambito del quale dovrete parlarmi del dottor Ferrari, dei vostri rapporti con lui, dei suoi rapporti con gli altri colleghi e dei suoi aspetti personali che conoscete, se li conoscete. Non ammetto rinvii ingiustificati. Annullate ogni impegno e passate da Clara entro domattina a fissare la vostra sessione o lasciate detto di chiamarvi appena sono libero... Potete andare, se non ci sono domande...

Nessuno parlò... Erano tutti con le mani sui braccioli delle sedie e le unghie puntate nella dura stoffa, le gambe dondolanti avanti e indietro per il nervosismo. Alfredo si alzò ed uscì dalla stanza e piano piano si levò un mormorio nel quale si leggeva delusione, paura e diffidenza. Ciascuno pensava ai propri torti e immaginava gli altri colleghi pronti a metterli in piazza davanti all’amministratore delegato, per fare bella mostra di sé.

Anita si guardò un po’ in giro e poi sgaiattolò fuori verso la scrivania di Clara, chiedendo il suo appuntamento quel pomeriggio stesso, se fosse stato possibile. Quindi prese l’ascensore e se ne tornò in ufficio.

Cap. 3

Clara accolse Anita con un sorriso. Quella ragazza le ricordava sua figlia e l’adorava fin da quando era stata assunta. Se la ricordava perchè all’epoca lei lavorava al Personale, che ora si chiamava le Risorse Umane. La invitò ad entrare nell’ufficio dell’amministratore delegato.

Anita varcò l’ingresso timorosa. Era la prima volta che entrava nell’ufficio dell’amministratore delegato, una grande stanza dai colori freddi bianco – acciaio e vetri dappertutto. Sicuramente da lì la vista era spettacolare su Milano, ma non aveva il tempo di concentrarsi sul panorama.

- Salve – salutò timidamente Anita.
- Salve. Prego si accomodi. Prende un caffè?
- No grazie.
- Bene... si è un po’ ripresa?
- Beh, ecco... non è facile... a parte la scoperta in sé.. insomma, non te lo aspetti... avevo il colloquio di valutazione quindi pensavo fosse lì dentro, pensavo di trovarlo alla scrivania, come al solito...e invece era lì, quello sguardo...
- Lasci perdere non voglio scatenarle ricordi poco piacevoli..
- Sì, ma vede non è solo questo. In realtà è proprio l’idea di non aver capito cosa gli passasse per la testa che mi sta frullando da allora. Insomma, alla fine io passavo molto tempo con lui. Non so se lo sa, ma stavamo progettando un nuovo sistema di controllo dei costi, diciamo che era quasi pronto... ecco, mancava l’ultima taratura e poi glielo avremmo presentato...
- Mm... di cosa si tratta?
- Vede... fino ad oggi tutte le fatture sono controllate da una singola unità centrale presso l’amministrazione, che verifica semplicemente che i contratti siano in essere formalmente, quindi che siano validi, e poi paga l’importo a contratto. Ci sono dei contratti a consumo ove sono definiti invece soltanto i costi dei servizi e l’amministrazione semplicemente verifica che i calcoli siano corretti, non potendo entrare nel merito dei servizi.
- Mi scusi, ma di quali servizi stiamo parlando?
- Stiamo parlando dei materiali necessari alla produzione dei giochi: la plastica, la stoffa...
- Ma scusi, non è certificato quanto materiale serve?
- Dipende dal ramo di produzione. Come sa c’è un ramo, che è quello dei giocattoli artigianali, che sono fatti di legno a mano da artigiani fuori dalla nostra fabbrica, che richiedono il materiale da lavoro: stoffa, legno, chiodi , insomma tutto ciò che serve per produrre i giocattoli che poi noi vendiamo.
- E dunque?
- Ebbene, abbiamo verificato che ci sono delle sacche di inefficienza e potenziale abuso nella erogazione di questo materiale e organizzandosi in modo diverso si può arrivare ad un risparmio di oltre un milione di euro.
- Cosa?
- Sì, non ci credevo nemmeno io. Ma vede, il modello è semplice: parte dalla media di materiale che è stata utilizzata negli ultimi dieci anni dagli artigiani e raffronta questo dato con la quantità richiesta dai singoli artigiani. In questo modo siamo in grado di lasciare a casa o correggere quelli più spreconi, oltre che di verificare partite difettose dei materiali, che possiamo rispedire indietro ai fornitori.
- Mi sembra un concetto banale... perchè non è mai venuto fuori prima?
- Perchè prima era una la capogruppo a gestire la fornitura del materiale ai nostri artigiani e non sapevano nulla dei nostri processi! Pagavano e basta... Adesso invece vogliamo spostare il controllo delle fatture ed il pagamento presso di noi, con personale interno posto a presidio del processo produttivo, quello industriale, intendo. E’ personale comunque competente, che può contestare agli artigiani i loro metodi di lavoro.
- Complimenti...
- Grazie. E’ quasi ultimato. Mancava la raccolta delle statistiche dell’ultimo anno e poi glielo avremmo proposto...
- Ma perchè me lo racconta? Ha a che fare con il suicidio?
- Non so... il fatto è che ho sentito spesso litigare il dottor Ferrari con il dottor Pasquini ed il dottor Riboldi su questo argomento. Il dottor Riboldi sosteneva che il modello avesse delle falle e non fosse in grado di cogliere correttamente i dati. Pasquini e Ferrari sostenevano il contrario...
- E secondo lei?
- Io sono sicura che il modello sia corretto e così sono andata avanti per conto mio.
- Non sa dirmi di più sulla relazione con Pasquini e Riboldi?
- No, mi spiace. Si sono sempre guardati in cagnesco con Riboldi, da che lo conosco, ma ultimamente le scenate erano peggiorate...
- Lei che ne pensa?
- Io? Penso che abbiano tutti un po’ paura adesso... sa... se dovesse emergere qualcosa di strano...
- Perchè parla di qualcosa di strano?
- E’ una sensazione... non riesco a qualificarla, ma penso come lei che qualcuno non abbia la coscienza pulita...
- Ah... e dal punto di vista personale?
- Era un gentiluomo. Non credo di poter dire altro, mi spiace.
- Va bene... mi riservo di richiamarla se sarà necessario.
- Sono a sua disposizione dottore.
- Grazie... ah! Finisca il suo modello, voglio studiarlo.
- Sì – sorrise Anita – ci conti!

Cap. 4

Alfredo era rimasto un po’ come stordito dalla chiacchierata con Anita. Non riusciva a capacitarsi di come un errore così banale fosse stato compiuto per anni. Fece un rapido conto di quanto avevano sprecato negli ultimi anni e di quanti investimenti avrebbero potuto fare con quei soldi. Il suo pallino era sempre stata la ricerca e sviluppo, che in quell’azienda non era particolarmente avanzata e si ripropose di utilizzare tutti i risparmi che fossero nati dall’utilizzo di quel modello proprio per quel settore.

- Prego Sandro! – disse Alfredo salutando il dottor Pasquini, direttore della Produzione standard.

Non si era mai spiegato perchè ci fossero due direttori della Produzione, uno dedicato alla produzione “standard”, quella da catena di montaggio, per intenderci ed uno dedicato alla produzione artigianale. Era evidentemente un trascinamento di vecchi privilegi derivanti da fusioni di società diverse, nelle quali il precedente management aveva scelto di non puntare su nessuno dei due direttori ma di suddivedere rischi e meriti tra due persone.

Era normale quindi che tra Pasquini e Riboldi ci fosse un po’ di astio, ma lui aveva lavorato per trasformare questo sentimento poco proficuo in una sana competizione. Preferiva di gran lunga Pasquini, ma aveva voluto offrire una onesta chance anche all’altro direttore e si era prefissato nel giro di un anno di scegliere il migliore tra i due per la riunificazione della produzione. Forse era arrivato il momento di farlo e l’occasione era propizia.

- Allora Sandro, cosa mi racconti?
- Andiamo avanti molto bene... ho visto gli ultimi rapporti delle vendite e...
- No no, non intendevo di lavoro...
- Ah no? E perchè mi hai fatto chiamare allora?
- Ferrari...
- Ah, brutta storia...
- Già... raccontami...
- Cosa vuoi che ti racconti? Massimiliano era uno tosto, uno che credeva nel suo lavoro. Forse perchè alla fine non aveva una famiglia...
- Non era sposato?
- Macchè... da tempo aveva messo la croce su donne e matrimonio. Una volta che eravamo a Parigi a cena si era sbottonato un po’ e mi aveva accennato ad una donna che era sul punto di sposare. Poi non so che cosa sia successo e ha scelto di restare solo.
- Viveva da solo?
- Sì sì, da solo. Abita... abitava, sì, dalle parti del Naviglio, sai quelle case... com’è che le chiamano... quelle che hanno un unico spazio... oddio non mi viene...
- Loft?
- Sì, ecco bravo, un loft di centoventi metri quadri. Ci sono stato una volta che era malato e gli avevo portato del lavoro urgente a casa... una meraviglia! Non immagini...
- E sul lavoro?
- Io e lui andavamo abbastanza d’accordo. Ci trovavamo molto come modo di lavorare. Lavoravamo insieme da moltissimi anni, stessa filosofia: collaborare e lavorare per un unico obiettivo aziendale.
- Con gli altri?
- Era un tipo molto conciliante... devo dire che si trovava abbastanza bene con tutti...
- Anche con Riboldi?
- No... Riboldi ecco è una delle poche eccezioni, diciamo l’unica al livello della prima linea. Per il resto ha avuto qualche scontro con qualche mia persona o qualche altra persona della ricerca ma il tutto è classificabile nella norma... sai, come quando ti incazzi e poi ti vai a fare una birra insieme. Con Riboldi no...
- Perchè no?
- Riboldi veniva dall’altra società e l’ha sempre guardato in cagnesco da quando è arrivato. Sai com’è... appena arrivato e nominato capo Finance ha cominciato a mettere mano ai conti... Riboldi era l’unico direttore di Produzione dell’altra società...
- Un tuo rivale, dunque...
- Sì... ma è uno di quelli che si capisce come è arrivato in alto: pugnalate a destra e a sinistra, poco rispetto per le persone, leccaculo fino alla morte. Del resto avrai avuto modo di conoscerlo...
- Beh e quindi?
- E quindi si sono scornati subito. Massimiliano ha iniziato a mettere il becco sui costi, contestandogli il modello di produzione e ultimamente lavorava con quella ragazza... come si chiama...
- Anita Cenci?
- Sì, con lei... una favola quella ragazza. Una testa da paura...
- Da quello che mi ha raccontato la sua è una scoperta un po’ banale... non credi?
- Di per sè il concetto è molto semplice, ne convengo... ma il modello è ben congegnato. Abbiamo provato ad adottarlo sulla linea di produzione che gestisco e abbiamo tirato fuori una serie di porcherie di alcuni fornitori che poi abbiamo cambiato.
- Ah...
- Sì... e adesso erano pronti ad attaccare l’area di Produzione artigianale...
- Quindi Riboldi si è un po’ messo sulla difensiva...
- Sì... così...
- E Semeraro cosa ne pensa?
- Lui era della guardia di Riboldi... Sono stati pappa e ciccia per anni... ma ultimamente non si capisce più che gioco fa... sembra quasi andargli contro...
- Capisco... va bene... penso che possa bastare...
- Spero tu riesca a trovare chi è stato...
- Chi è stato?
- Alfredo... io non credo all’ipotesi del suicidio...
- No ferma... io non sto mettendo in dubbio quello che la scientifica ha indicato... a me interessa sapere perchè...
- Trova il bastardo che c’è dietro a quel perchè... Massimiliano non meritava quella fine...
- Ci provo... se senti in giro qualcosa, fammelo sapere...
- Contaci... ciao buon lavoro.

Cap. 5

Angelo Semeraro era un uomo tarchiato, calvo e con gli occhialini da miope. A scuola era il classico secchione e nel lavoro era il classico contabile. Sarebbe stato orientato ad una vita da ragioniere se una serie di circostanze fortuite non l’avessero elevato al rango di Direttore Operations, che gli si appiccicava a pennello lì dove le problematiche erano di natura economica e gli si staccava dalla pelle quando gli argomenti spaziavano dall’organizzazione all’IT ed alle risorse umane.

Non risultava simpatico a nessuno d’istinto, ma chi aveva imparato a conoscerlo sosteneva che era un uomo molto arguto ed intelligente, che fingeva incompetenza quando le cose non lo interessavano davvero e non voleva prendere decisioni.

Alfredo lo snobbava un po’ per quel curriculum un po’ fuori dalle righe fermo al Diploma in Ragioneria. Per questo, continuava a dargli del lei, nonostante i continui rapporti di lavoro.

- Semeraro buongiorno. Prego si accomodi.
- Buongiorno dottore. Mi scusi per il ritardo, ma sono rimasto bloccato in contabilità per una fattura un po’ strana.
- Mm... tutto a posto?
- Sì sì, adesso i ragazzi ci lavorano... mi dica, dottore?
- Senta Semeraro, l’ho chiamata qui per parlare un po’ di Ferrari.
- Non sa quanto mi è spiaciuto...
- Era un suo riporto...
- Un bravo ragazzo! Onesto dalla punta dei capelli fino alla punta dei piedi!
- Perchè mi dice questo prima di tutto?
- Perchè ultimamente abbiamo molto parlato di onestà sul lavoro, dottore.. Ferrari stava per scoperchiare delle tombe un po’ puzzolenti...
- Cosa vuole dire?
- Beh... aveva scoperto che sulla parte artigianale c’erano molti conti che non tornavano e stava preparando un modello che potesse rilevare formalmente questi scoperti.
- Cosa intende per “conti che non tornavano”?
- Mah... partite di materiale consegnate due volte allo stesso artigiano, partite rese senza motivo, partite di materiale sottopagato... e poi dottore, parliamoci chiaro, molti degli artigiani che lavorano per noi non ci garantiscono nemmeno la qualità che noi spacciamo all’esterno... sono lì per grazia ricevuta!
- Senta Semeraro o fa una chiara denuncia oppure sta zitto... cosa sono queste frasi dette a mezzo, un po’ da mafioso, che dicono tutto e non dicono nulla?
- Lei ha detto che voleva sapere tutto ed io le sto dicendo tutto. Solo che finchè quel modello non viene applicato io non ho la certezza di nulla...
- Perchè? Cosa c’entra un modello teorico e statistico con le sue evidenze?
- In realtà stiamo caricando le evidenze storiche sulla base delle quali funzionerà il modello e lo stiamo tarando perchè non dia segnalazioni errate. Fino a che questo lavoro non è finito non posso dirle nulla. Manca l’ultimo anno di dati... Quello che le racconto è solo quanto è emerso fino ad oggi guardando in modo un po’ spannometrico i dati.
- Chi deve caricare questi dati?
- E’ il team di Anita Cenci che li sta caricando. Purtroppo sta andando un po’ a rilento perchè due persone se ne sono andate e non sono state sostituite. Abbiamo preso un interinale ed una stagista ma capisce bene che non è la stessa cosa...
- Quando contate di finire..?
- Presto, dottore.
- Altro?
- No. Mi raccomando... dottore... vada a fondo. Ferrari si merita almeno che la verità venga a galla.

Cap.6

Mario Riboldi era il classico uomo che a Napoli soprannominavano “o’ sciupafemmine”: un bel quarantenne, affascinante, separato, con molti soldi da spendere e un lavoro da dirigente. Metà delle ragazze dell’azìenda morivano di invidia per Selene, la sua segretaria, che passava molto tempo con lui, più di quello che ci si poteva aspettare da un normale rapporto di lavoro. Del resto anche lei era nei canoni delle segretarie: bionda, magra, alta, molto carina, di famiglia bene, con poca propensione allo studio, approdata a quel posto per raccomandazione.

Alfredo lo teneva a distanza: non gli era simpatico, ma aveva a che fare molto con lui, essendo il secondo direttore di Produzione, quello che gestiva la parte di produzione artigianale.

- Alfredo, ti vedo un po’ sbattuto.. starai mica lavorando molto? – disse con fare arrogante Riboldi entrando nello studio dell’amministratore delegato.
- Siediti Mario... non ho molto tempo...
- Che c’è? Ti vedo preoccupato? Sarà mica la storia di Ferrari?
- Bravo, proprio quella...
- Ma scusa è un caso chiuso, giusto?
- Sì, il caso è chiuso, “quasi” chiuso... ma voglio andarci a fondo e voglio scoprire perchè si è suicidato.
- Cosa vuoi? Sarà stato per una donna, no?
- Non ne aveva...
- Allora sarà stato perchè non ne aveva...
- In che rapporti eri con lui?
- Cos’è un interrogatorio? – chiese preoccupato.
- Rispondimi... sto cercando di capire...
- Non eravamo in buoni rapporti... era questo che volevi sentirti dire? Non lo eravamo affatto!
- E perchè?
- Ultimamente stava facendo le pulci al mio settore...
- Cioè?
- Sì... insomma agli artigiani che collaborano con noi: materiale inviato, lavori fatti male, roba di questo tipo... pretendeva di dimostrare che sono dei raccomandati e lavorano male, ma è una balla! Sono nostri collaboratori da più di dieci anni. Alcuni li ho messi io sotto contratto ed è gente valida. E’ quello stupido modello di quella stupida ragazzina che non funziona e prende fischi per fiaschi...
- Mm.. lo hai visto? Me ne hanno parlato bene...
- Cosa vuoi che sia?! Una robina su excel... con tutti i bugs che ha excel chissà cosa tira fuori... io c’ho il fatturato dalla mia porca miseria! Quella ragazzina vuole venire a farmi le pulci? Prego.. scambiamoci i lavori e poi vediamo se riesce a portare quanto porto io!
- Non ti sta simpatica...
- Macchè... una sbarbatella presuntuosa che magari andava a letto proprio con Ferrari...
- Su che base fai questa affermazione...
- Massì... stavano sempre insieme quei due... sembravano flirtare dalla mattina alla sera invece di lavorare...
- Non ne hai evidenze?
- Ma dai Alfredo... su... sono cose che si dicono... ne ho piene le balle di questa storia di Ferrari. Io sono una persona seria, faccio il mio lavoro e non ho nulla da recriminare. Se non ti sta bene prendi e mandami via ma basta con queste sciocchezze... ora vado, devo vedere un fornitore...
- Vai pure, vai...
- Ciao Fred...

Odiava quando lo chiamava Fred. Forse perchè l’unico Fred che gli veniva in mente era Fred dei Flintstones e il paragone con un cavernicolo proprio non gli piaceva. Che strano atteggiamento che aveva Mario: sembrava il classico uomo con molte cose da nascondere che sparava sugli altri come difesa. Nonostante tutto l’idea che si era andata formando nella sua testa in merito a Ferrari era quella di una persona onesta, che amava il suo lavoro ed amava andarci in fondo. Per questo motivo stava preparando un modello che avrebbe portato alla luce delle inefficienze. Si stava facendo qualche nemico per questo, uno molto potente soprattutto, Mario Riboldi, ma alla fine, non riusciva ancora a capire quale fosse il passo che lo aveva portato a suicidarsi. Anita gli sembrava la soluzione...

Cap.7

- Dottore, mi ha fatto chiamare?
- Sì, mi scusi per l’orario, ma Clara mi ha detto che era ancora in ufficio...
- Non si preoccupi...
- Stava lavorando al suo modello?
- Sì...
- Mi hanno detto che deve caricare molti dati perchè il modello funzioni, corretto?
- Beh, il dottor Semeraro mi ha chiesto di caricarli, in effetti, ma di per sé il modello può essere portato in produzione anche senza dati storici: comincia a funzionare da oggi e tra un anno ci dà le prime evidenze. Se lo vuole rendere operativo adesso deve caricare i dati storici... tutto qui.
- Ah... e il dottor Semeraro vuole caricare lo storico da quando?
- Mi ha chiesto di caricare dieci anni di storia.
- Dieci? Cosa vuole ottenere?
- Non so. Non mi ha spiegato...
- Mm... e ce la fa?
- Beh, io mi sto concentrando sul modello. Il mio team sta caricando i dati, però due settimane fa sono andate via due persone...
- Sì sì lo so...
- Ah... e quindi abbiamo ancora un anno da caricare...
- Senta, posso farle una domanda personale?
- Beh... non so...
- Ha mai avuto una relazione con il dottor Ferrari...
- Ma no! Cosa dice?
- Nemmeno un tentativo... magari il dottor Ferrari...
- No, no assolutamente no. Il dottor Ferrari era un gentiluomo! E poi io sono fidanzata, dottore, mi sposo tra poco... è per questo che sto lavorando così tanto. Voglio chiudere prima del matrimonio, non mi piace lasciare le cose a metà...
- Beh, mi scusi, ma era una domanda che dovevo farle...
- Mi spiace se ha pensato...
- Non ho pensato nulla, mi creda. Spiace a me... ma dovevo ...
- Se ha finito, posso andare?
- Certo... vada pure. Mi scusi ancora
- Buonasera, dottore...

Cap.8

Luca Galli viveva in un mondo irreale e fantastico: quello ideale come ricercatore di nuovi giochi per bambini. Era lui stesso un grosso bambino un po’ cresciuto, cicciottello, sempre con in bocca una cicca, una caramella o un lecca lecca. A volte, quando passava davanti alla sua stanza – che come tutte le stanze avevano una grossa finestra di separazione al posto dei muri – lo vedeva seduto alla scrivania con la testa per aria a cercare di raccogliere le idee che gli volavano intorno, oppure in piedi vicino alla lavagna a disegnare strani oggetti ed immaginarne il funzionamento. Sicuramente lui non gli sarebbe stato di alcun aiuto a scoprire qualcosa relativamente alla morte di Ferrari, ma si sentiva in dovere comunque di farci una chiacchierata.

- Luca... allora – disse entrando nel suo studio – cosa stai inventando oggi?
- Alfredooo, che bella sorpresa! Stavo per venire da te a parlarne... ecco qui... stavolta ho pensato alle mamme!
- Alle mamme?
- Sì... ieri stavo parlando con una mamma... ne ho intervistate un po’ per avere qualche idea sul nostro arredamento per camere di bebè... e sai qual è la lamentela ricorrente delle mamme di pupattoli sotto un anno?
- No, spara, qual è? – gli chiese Alfredo sorridendo
- Che addormentano i figli in braccio e appena si mettono davanti al lettino e si sporgono su di esso per metterli a dormire dentro, questi marmocchi si svegliano e urlano... e allora cosa ti ho trovato? Eh? Chiedimi cosa ti ho trovato?
- Sì... dai cosa mi hai trovato?
- Ti ho trovato la pedana mobile accompagna-sogni!
- Cosa è?
- Tu appoggi il pupattolo sulla pedana e schisci un bottone... dopodichè questa accompagna il pupo nel letto, così non ti pieghi, non fai falsi movimenti...
- Ma non ti devi piegare per appoggiarlo sulla pedana?
- Mm... forse hai ragione... devo studiarla meglio...
- Senti, hai due minuti, due, per me?
- Dimmi... come sei serio! Dovresti ridere un po’ di più...
- Ascolta... argomento: Ferrari!
- Oh mio Dio. Ecco perchè non ridi... poveretto...
- Tu cosa ne sai?
- Non ne so molto, mi spiace... Io sono lontano da problematiche economiche tanto quanto lui era lontano dalla creatività tipica di noi ricercatori. Ci incontravamo soltanto quando dovevamo fare l’analisi costi-benefici per le mie trovate e spesso vedevo solo i suoi riporti, a seconda dei casi la Cenci o la Bettini...
- Non lo conoscevi nemmeno personalmente?
- Io non conosco nessuno personalmente qui dentro Alfredo... sai come sono... sono un tipo un po’ introverso, creativo... insomma un po’ strano... perfino i due direttori quando hanno problemi con la produzione e necessitano di modifiche ai progetti non vengono da me ma vanno da Racali o Stefani, i miei due riporti... Tendo ad essere un asociale...
- Vabbè... non mi sei d’aiuto allora...
- Però aspetta...
- Sì?
- Qualche mese fa Ferrari era venuto da me a parlarmi...
- Per cosa?
- Mi aveva chiesto cosa sarebbe successo se un certo gioco prodotto sulla linea artigianale fosse stato costruito seguendo uno schema leggermente diverso che mi aveva portato lui...
- E tu cosa gli avevi risposto?
- Gli avevo detto che se mi trovava qualcuno in grado di farlo lo avrei baciato... certe cose si possono fare soltanto con macchinari ad alta precisione...
- Non capisco...
- Si trattava di produrre alcuni giochi con metà del materiale che noi avevamo certificato, tagliando, ad esempio i listelli di legno a metà e usandoli così più “deboli”...
- E si poteva?
- Certo, ma per mettere chiodi e quant’altro avevi bisogno poi di macchinari, perchè a mano avresti sfasciato il listello per quanto era sottile... e poi non ci stava! Diventavano pericolosi: erano dei giochi destinati al mercato 2-4 anni, quindi c’era il rischio che si rompessero e venissero deglutiti dai bambini. Gli dissi di non pensarci nemmeno di trasferire la catena di produzione dall’artigianale allo standard per risparmiare metà del materiale...
- E cosa ti disse?
- Che non ci aveva pensato lui...

Cap.9

Alfredo guardava Angelo Semeraro dritto negli occhi con una serietà ed una ferocia che poche volte gli veniva fuori. Ma era stufo dei giri di parole. Da giorni girava intorno a quella storia che non riusciva a ricostruire e finalmente mezz’ora prima Anita gli aveva chiarito tutto in merito al materiale dato agli artigiani raccomandati in quantità superiore a quello che effettivamente serviva, con sprechi elevati sulla linea di produzione artigianale, e in merito ai tentativi di utilizzare la stessa quantità di materiale per produrre il doppio dei giochi, portandosi in casa un grosso rischio di sicurezza.

Semeraro gli aveva confermato quanto Anita gli aveva raccontato e gli aveva portato tutte le evidenze. Era rimasto a leggere per mezz’ora quel report ed alla fine aveva urlato: - Claraaa, Clara per favore chiamami subito nel mio ufficio Galli, Riboldi, Cenci e Pasquini. Tutti qui subito, qualsiasi cosa stiano facendo! – poi si era avvicinato al dispenser dell’acqua, aveva preso un bicchiere e per due volte aveva riempito e bevuto l’acqua frizzante fresca nel bicchiere di plastica.

La prima a presentarsi fu Anita, che entrò molto intimorita nella stanza, salutando entrambi i suoi direttori e sedendosi sulla sedia timidamente con le mani sulle ginocchia e la schiena ritta. Poco dopo arrivarono insieme Galli e Pasquini, ridendo per qualche battuta che si erano scambiati nel corridoio e dopo circa dieci minuti arrivò Riboldi, che si bloccò sull’ingresso squadrando tutti i partecipanti, in particolare Anita, che era sicuramente fuori luogo rispetto ai direttori di prima linea. Storse il naso, ma si tirò dietro la porta e si andò a sedere.

- Io adesso voglio arrivare alla verità. Voglio scoprire cosa c’è dietro la morte di Ferrari. Mi sono spiegato? Anita la prego... mi racconti quello che ha appena scoperto e mi ha riferito.
- Certo dottore. Bene, abbiamo caricato dodici anni di storia della produzione artigianale...
- Come cazzo vi siete permessi di toccare i miei dati e chi ve li ha forniti? – si alzò in piedi visibilmente irritato Riboldi.
- Calmati Mario... ti dimentichi sempre che come capo anche dell’IT io ho accesso a tutte le basi dati... – disse serenamente Semeraro dal suo angolo.
- Mario, stai seduto ed ascolta composto come tutti gli altri – lo riprese Alfredo.
- No, non ci sto seduto... siete andati a mettere il naso nelle mie cose e non mi avete nemmeno avvisato... – ribattè Riboldi, sperando di riuscire così a spostare interesse verso l’accesso a dati che erano riservati.
- Se-du-to. Come te lo devo dire? Non sono dati tuoi... Sono dati dell’azienda, va bene? – intervenne Alfredo e di fronte a tale affermazione Riboldi non poté che sedersi di nuovo. – Prego Anita, vada avanti e lo scusi per l’interruzione – visibilmente irritato Riboldi si girò sulla sedia con le spalle all’interlocutrice.
- Bene. Abbiamo caricato questi dati ed abbiamo rilevato che da circa otto anni su cinquanta artigiani sotto contratto ce ne sono quindici che ricevono la stessa quantità di materiale ma producono prodotti per la metà degli altri. Poi ce ne sono altri dieci che ricevono la stessa quantità del materiale da quando hanno sottoscritto il contratto e sono arrivati a produrre il doppio dei prodotti, generando il doppio dei fatturati. Tenga presente che per gli altri venticinque nello stesso periodo, a causa anche delle variazioni nei disegni dei prodotti, i costi sono aumentati: c’è stata la necessità di incrementare leggermente il materiale di base affinchè la produzione risultasse in linea con i disegni e gli standard di sicurezza.
- E saranno bravi quelli che producono di più a metà prezzo, no? Agli altri magari è arrivato materiale scadente e l’hanno dovuto cambiare...
- Stai zitto porca miseria Riboldi, altrimenti ti caccio! – dissentì Alfredo – prego...
- Questi venticinque artigiani anomali hanno con noi un contratto che è stato redatto poco dopo l’assunzione a direttore di produzione del dottor Mario Riboldi...
- Piccoletta, cosa vuoi insinuare?
- Mario, smettila... giuro che ti licenzio immediatamente... Vada avanti Anita...
- Questi fornitori erano stati respinti dal direttore precedente perchè non rispettavano gli standard di sicurezza nella produzione o rubavano del materiale.
- Bene... Galli, vuole ripetermi ciò che Ferrari le era venuto a chiedere un po’ di tempo fa?
- Sì... mi aveva chiesto se si poteva usare la metà del materiale necessario a produrre un gioco per produrne due ed io glielo avevo sconsigliato.
- Semeraro... a lei la parola...
- Tempo fa Ferrari era venuto a dirmi che c’era qualcosa che non andava sul fatturato della produzione artigianale. I costi avevano degli strani incrementi, il fatturato non era regolare. Era il periodo in cui si era deciso di fare rientrare questi costi dalla capogruppo a noi e quindi volevamo vederci chiaro...
- Cosa cosa? Perchè ce li pagava capogruppo?
- Perchè prima erano su una società di servizi alla quale ci appoggiavamo, che è poi confluita in capogruppo. Con essa sono confluiti tutti i costi associati e ne abbiamo perso il controllo... Da poco abbiamo iniziato a fare pulizia... ti ricordi che te ne avevo parlato... sì ti avevo detto che avremmo dovuto rivedere insieme il budget...
- Sì.. ricordo... e quindi sono saltate fuori le magagne... – lo anticipò Alfredo.
- Ma che magagne! – urlò Riboldi – vi state inventando tutto!
- Taci Mario, per favore. Un’altra parola e ti sbatto anche fuori da questa riunione... – lo zittì Alfredo – continua...
- Sì... ecco fu allora che chiesi a Ferrari di mettere in piedi un modello per analizzare il fenomeno. Adesso è chiaro quello che succede. Bisogna soltanto capire come mai succede... ma noi ci fermiamo qui... tocca a te andare avanti e capire...
- Mario – lo fermò Alfredo – a te la parola...

Mario si alzò, prese un foglio di carta dalla stampante, scribacchiò qualcosa, la consegnò a Alfredo e si avviò verso la porta. Alfredo lo rincorse dopo aver letto sul foglio delle sue dimissioni, lo prese con una stretta per un braccio e lo riportò dentro. – Adesso ci spieghi...

- Va bene... ho portato dentro dei miei conoscenti. Alcuni sono bravi artigiani, altri sono amici e basta. Facevamo consegnare il materiale a quelli bravi che poi lo tagliavano e lo utilizzavano per costruire il doppio dei giochi. Il materiale non utilizzato lo rivendevamo ad un’altra fabbrica di giochi e ci intascavamo i soldi io e loro. Non tutti i giochi prodotti però venivano venduti... alcuni si rompevano appena prima di rientrare in fabbrica per il confezionamento o durante il confezionamento. Così a fronte di notevoli costi di produzione, non riuscivamo ad aumentare il fatturato. E’ solo per questi errori che Ferrari ci ha scoperto... ma Angelo è lì che fa il santerello ma sapeva... lui era stato sotto di me per due anni e mi dava una mano... poi ha cambiato idea...

- Sei un porco... – lo apostrofò Angelo.
- Eh sì... ti sei messo contro soltanto perchè mi sono scopato tua moglie... forza dillo a tutti... sei un cornuto, ecco cosa sei...
- Bastardo – Angelo si alzò e stava per colpirlo, quando Alfredo si intromise tra i due e portò Mario in un angolo.
- Perchè si è ucciso, Mario?
- Era venuto personalmente nel mio ufficio a chiedermi il perchè di quelle cifre... Me ne aveva parlato ed io gli avevo riso in faccia... l’ho minacciato di tirarlo dentro se non mi avesse retto il gioco... quando questi costi erano stati trasferiti alla società di servizi, lui aveva firmato tutti gli incartamenti interni che andavano all’amministratore delegato per la definizione del perimetro di cessione. Sarebbe stato facile e sufficientemente credibile... avreste creduto a me o a lui?
- Bene... credo che adesso possiate andare... – lo interruppe Alfredo - Anita, la prego si fermi un attimo. Anche lei Semeraro...

Pian piano tutti uscirono dalla stanza. Anita e Angelo rimasero seduti. Alfredo ruotò intorno alla scrivania e quando alzò gli occhi vide che Mario Riboldi era fermo sulla soglia. Lo guardò e gli disse:
- Certo, vada anche lei Mario. Le sue dimissioni sono state accettate. Il dottor Pasquini prenderà la direzione unica e sono sicuro che farà meglio di lei. Parlerò con capogruppo... è probabile che ci rivedremo in tribunale...
- Ma... –
- Vada... è meglio!

Mentre Mario chiudeva la porta, Alfredo guardò sorridente Anita e fece l’occhiolino a Semeraro.
- Anita, è stata splendida, posso dirglielo?
- Dottore...
- Senta, se la sente di prendere il posto del dottor Ferrari?
- Ma io...
- Il dottor Semeraro sembra avere un passato poco onorevole ma sembra anche che si sia ampiamente riscattato... Angelo ha tutta l’esperienza per guidarla i primi tempi... sono certo che saprà portare avanti il team con la stessa competenza del responsabile che l’ha preceduta... Se la sente?

Anita guardò Alfredo e poi Angelo, incrociò le mani sulle ginocchia, si strinse nelle spalle e sorrise: - Sì, sono sicura che ce la farò...

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