Delia e Gaetano erano una coppia. Ora non lo sono più, e stasera devono imparare a non esserlo. Si ritrovano a cena, in un ristorante all’aperto, poco tempo dopo aver rotto quella che fu una famiglia. Lui si è trasferito in un residence, lei è rimasta nella casa con i piccoli Cosmo e Nico. Delia e Gaetano sono ancora giovani – più di trenta, meno di quaranta, un’età in cui si può ricominciare. La loro carne è ancora calda e inquieta. Sognano la pace ma sono tentati dall’altro e dall’altrove. Ma dove hanno sbagliato? Il fatto è che non lo sanno. La passione dell’inizio e la rabbia della fine sono ancora pericolosamente vicine. Cresciuti in un’epoca in cui tutto sembra già essere stato detto, si scambiano parole che non riescono a dare voce alle loro solitudini, alle loro urgenze, perché nate nelle acque confuse di un analfabetismo affettivo. Eppure parole capaci di bagliori improvvisi, che sanno toccare il nucleo ustionante dei ricordi, mettere in scena sul palcoscenico quieto di una sera d’estate il dramma senza tempo dell’amore e del disamore.
E’ un libro che fa male al cuore, nella misura in cui ti riconosci in alcune frasi o situazioni della tua stessa vita. Vedi i tuoi litigi, le tue ripicche, le tue sofferenze e puoi solo ringraziare il cielo di non essere arrivato… fino a quel punto.
[…] Stasera lo sa. Le persone dovrebbero lasciarsi prima di arrivare a quel punto. Dove sono arrivati loro. Perché poi ti resta addosso troppo male.
Invece non succede: si arriva fino in fondo, si scola tutta la merda, anche quella che non vi spetta, che rigurgita dai tombini, quella dell’intero palazzo, dell’intera città, di tutte le coppie che si sono lasciate prima di voi, contemporaneamente a voi. Perché la merda parla, nei suoi canali sotterranei e si consulta. Tutte le coppie che si lasciano s’infilano nello stesso buco, ripetono lo stesso giro nel castello degli orrori.
No, non bisognerebbe arrivare dove sono arrivati loro.
Ai primi sintomi bisogna andarsene, lasciare il campo. Tanto non va meglio, va peggio e peggio.
Invece la gente non lo sa. La gente spera e continua a stare male.
Ma nessuno sa quanto, solo chi l’ha vissuto sa quanto si sta male.
Quando torni e quando vai. Quando cominci a scaraventare le cose, la tazza del caffè dove ti sei versato del vino, il mucchio dei cd. Quando il bambino piccolo piange e quello grande respira soltanto, come un gatto che non deve farsi trovare. Perché ha già imparato. E tu nemmeno li guardi, i tuoi figli, perché semplicemente non li vuoi tra le palle. Perché non vorresti avercele mai portate le tue palle nel mondo. Perché davvero senti di non valere niente. E’ lei che ti ha ridotto così.
Hai ragione. Sai di avere ragione.
Anche lei sa di avere ragione.
Invece non c’è più nessuna ragione.
Anche i bambini sanno di non essere una buona ragione.
Anche loro sanno di non essere niente.
Nessuno è più niente. Ci vorrà del tempo per tornare a essere qualcosa. Cani feriti e più cattivi.
Ma intanto la famiglia è morta. Composta di gente irragionevole. Di bambini sballati, che pisciano a letto e hanno fame alle due del mattino.
Questo è il momento clou. Quando vi siete uccisi e continuate a vivere, vittimi e assassini nello stesso buco di cucina.
Il momento che vorresti morire e sai che invece nessuno morirà, e questo è addirittura peggio.
Quel cazzo di bambino ti guarda, pieno di moccio.
Ed è davvero piccolo. Ed è davvero il tuo. E sai che è davvero ingiusto. Ma non puoi farci niente.
Le cose si sono messe storte e poi si sono annodate storte come rami stregati e tu sei in quella foresta con un tronco che ti preme sul petto. Soffochi.
[…] Possiamo farcela. Dobbiamo farcela. Per loro.
Ma non ce la fai per i bambini.
E loro lo sanno che non contano e s’industriano. Mettono le tazze per colazione, spiano gli sguardi, i silenzi. Danno il bacio di qua e di là, con il terrore di sbagliare il momento, di sbagliare guancia. Aspettano anche loro. Che l’amore torni.
[…] Le bastava che lui posasse storto un bicchiere per disprezzarlo.
Minuscole negligenze che avrebbe sopportato da chiunque senza nemmeno farci caso. Ma da lui no. Cosa pretendeva da lui?
Tutto. Semplicemente tutto.
[…] E’ inutile indagare le occasioni mancate. Non sai mai se ti sei salvato dalla morte o ti sei perso la vera vita.
[…] Ora sono più vicini, camminano come camminavano una volta, come due cani che sono scappati e ora tornano. Puzza di terra buona e odiata. Per un attimo stanno per darsi la mano, ma è solo un riflesso del passato… uno sbaglio. Sono stanchi, è facile distrarsi, non sapere più a che punto della vita sono. Se adesso o un anno fa.
bravissima. sia la Mazzantini sia chi ha scritto la recensione
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