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5 mag 2011

Io sono qui

Non so se vi sia capitato di ascoltare qualche volta, dal lunedì al venerdì alle quattro del pomeriggio, la trasmissione “Io sono qui” di Matteo Caccia, Radio24. Credo sia una delle trasmissioni più piacevoli che abbia ascoltato da qualche anno. Mi ha colpito perché è una trasmissione di racconti, nella quale anche il racconto più banale diventerebbe interessante, grazie alla voce di Matteo Caccia. Il problema è che nessuno dei racconti che ho ascoltato è stato banale. Ho cercato allora il sito, ho trovato questo ed ho risposto.


E voi, dove siete? Guardatevi intorno e scattate una foto di dove siete ora, o dove vorreste essere davvero, poi speditela a iosonoqui@radio24.it



Sono seduta su un gradino di cemento all'ingresso della piscina comunale presso la quale accompagno mio figlio di 13 anni per il corso di nuoto adolescenti. I corsi di nuoto tradizionali non sono "abbastanza" per un ragazzo che da molti anni oramai percorre avanti e indietro venticinque metri nuotando sotto la supervisione di un istruttore. Così ogni mercoledì guido per qualche chilometro e lascio che si diverta un po'.

D'inverno leggiucchio quando non sono disturbata dal chiacchiericcio di mamme in ansia che commentano bracciata per bracciata il percorso dei loro figli. Ma oggi è un pomeriggio di primavera con un sole che, per quanto malaticcio, riscalda bene.

Provo a chiudere gli occhi ed immagino una brezza salmastra su una spiaggia della Maremma. Le narici si allargano man mano che respirano il forte profumo di mare che la brezza porta con sé.

Conosco bene quella spiaggia. Sono tanti anni che d'estate affondo i piedi su quella sabbia bollente, ma posso solo immaginare come sia in questa stagione, quando la gente è in città.

Percorro il viale di pietre che dalle dune in fondo porta al mare. Di fronte a me, il cielo è azzurro e accarezza sull'orizzonte il blu dell'acqua. A destra si intravede l'Isola d'Elba. A sinistra Montecristo, le Formiche ed il Giglio. A volte sembra di poterle raggiungere con poche bracciate, altre volte sono inghiottite dalla foschia e dalle nuvole.

Il paesaggio che conosco è pieno di bambini che giocano vicino al bar, dove ci sono le altalene e il materasso per saltare. I genitori li rincorrono disperati, sperando che si stanchino presto per poter riposare su un telo sotto il sole. I nonni si riuniscono a gruppi sotto gli ombrelloni a giocare a briscola e litigano con il tono alto di voce e l'accento tipico toscano. Si conoscono da molto e lo si capisce dagli sguardi che si sono scrutati per tante estati, l'una uguale all'altra, se non fosse per i centimetri in più che vedono sui nipoti. Pelli abbronzate, seccate dal sole che per mesi li ha bruciati, da giugno inoltrato, quando si ritirano in quel piccolo paradiso. Ogni tanto il paesaggio si colora di pelli diverse: i tedeschi dalle pelli rese ancora più bianche dalle creme protettive e gli extracomunitari che passeggiano da mattina a sera con le loro pesanti mercanzie, accompagnati dai loro incessanti ritornelli: "meno della metà" e "solo un euro solo un euro solo un euro", che negli anni è diventato "solo due euro", colpito anch'esso dall'inflazione. Mi vengono vicino come se mi conoscessero da anni. In fondo qualcuno è da anni che lo vedo andare avanti e indietro tra la gente. Loro afferrano la mia curiosità. La leggono nei miei occhi e si piazzano a due centimetri dal mio naso. Iniziano ad aprire le loro borse e a tirare fuori i loro tesori. Io recito la mia parte: faccio finta di niente, ma loro insistono ed alla fine mi strappano il sorriso ed un po' del mio tempo. In fondo sono in vacanza, un po' di tempo posso anche perderlo.

Oggi quella spiaggia è deserta. L'ho vista così solitaria solo una mattina che avevo deciso di provare ad andare in bici sul bagnasciuga. Ho arrugginito la bicicletta quel giorno, mio marito me lo rinfaccia sempre. Eppure mi sono divertita un mondo a battere le onde, cercando di pedalare sulla sabbia nel momento esatto in cui l'acqua si ritirava indietro verso il mare, lasciando un appoggio duro sul quale fare scorrere la ruota.

È suggestivo questo paesaggio al tramonto, con il sole che sembra andare a dormire lentamente, quasi non ne avesse voglia e poi da un momento all'altro precipita giù nel mare. Il vento che durante il pomeriggio mi ha accecato scagliandomi la sabbia negli occhi lentamente si placa. La sabbia che ha bruciato i miei piedi da mezzogiorno si rinfresca. La gente ha lasciato quel posto per la doccia e la cena, magari fuori al ristorante, perchè d'estate è bello mangiare fuori e farsi una passeggiata tra le bancarelle piene di cianfrusaglie etniche e quadri che hanno dentro il mal d'Africa.

Allora è bello passeggiare proprio al confine tra terra e mare, con la pelle che si arriccia quando piccole gocce si infrangono su di me invece che sulla spiaggia. Appoggio i piedi passo dopo passo nell'acqua fresca. Guardo le conchiglie, le penne dei gabbiani, alcune piccole, nere e sporche ed altre bianche e grandi. Raccolgo anche io le mie cianfrusaglie dalla sabbia, il mio piccolo tesoro che regolarmente deposito in cantina con stuoie ed ombrelloni, perchè in fondo mi piace l'idea di portarmi a casa un po' di quel mare, ma poi in città me ne dimentico. Resta solo nel cuore.

Cammino e guardo le capanne fatte di tronchi d'albero. Alcune sembrano proprio bilocali, grandi, zona notte e zona giorno. Cammino saltando ogni tanto qualche tronco, inciampando talvolta su piccoli sassi nascosti nella sabbia. Cammino ancora e arrivo alla foce dell'Ombrone, dove la sabbia piano scompare per far posto alla pineta, agli alberi che si incurvano direttamente nell'acqua, in quel posto dove c'è sempre meno gente e pescatori solitari aspettano per ore intere le loro prede, in piedi, nell'acqua, tenendo la canna ben ferma.

A un certo punto torno indietro. Un punto sempre diverso, nel quale sento il richiamo di casa. Così mi volto e ancora passo dopo passo ripercorro la mia strada, affondo orma nell'orma, incontro di nuovo i pescatori e ne riconosco i volti tesi, studio le capanne e ne scelgo una, ritrovo il mio posticino, adesso ancora più deserto e risalgo le dune.

Eccomi, sono arrivata. Mio figlio mi guarda mentre sul gradino di cemento sogno il mio mare. "Sei stata qui tutto il tempo a scrivere?"
Già... Sorrido, prendo le chiavi della macchina e ci incamminiamo verso il parcheggio.




1 commento:

  1. bello, struggente e malinconico, ma ad un tempo senti che cela una gioia non comune. Mi è piaciuto.

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