Gli sdraiati sono i figli adolescenti, i figli già
ragazzi, con il loro mondo ignoto, che forse da quella posizione riescono a
vedere cose che gli "eretti" non vedono più, non vedono ancora, hanno
smesso di vedere.
[estratto dal primo capitolo]
«Ma dove cazzo sei?
Ti ho telefonato almeno quattro volte, non rispondi mai.
Il tuo cellulare suona a vuoto, come quello dei martiri adulteri e delle amanti
offese. La sequela interminata degli squilli lascia intendere o la tua attiva
renitenza o la tua soave distrazione e non so quale sia, dei due "non
rispondo", il più offensivo.
Per non dire della mia ansia quando non ti trovo, cioè
quasi sempre. Ho imparato a relegarla tra i miei vizi, non più tra le tue
colpe. Non per questo è meno greve da sopportare. Ogni sirena di ambulanza,
ogni riverbero luttuoso dei notiziari scoperchia la scatola delle mie paure.
Vedo motorini insanguinati, risse sanguinose, overdosi fatali, forze
dell'ordine impegnate a reprimere qualche baldoria illegale.
Almeno tre dei quattro angoli sono rivoltati all'insù, e
un paio di grosse pieghe ondulate, non parallele tra loro, alterano
l’orizzontalità del tappeto fino a conferirgli il profilo naturalmente casuale
della crosta terrestre. In inverno tracce di fanghiglia e foglie secche
aggiungono avventurose varianti di Land Art alle austere decorazioni
geometriche del kilim. D'estate il disastro è più lindo, meno suggestivo del
trionfo invernale. Ma la scarpa che imprime e svelle è sempre la stessa: tu e
la tua tribù avete abolito sandali e mocassini in favore di quegli scafi di
gomma imbottita che vi ingoiano i piedi per tutto l'anno, nella neve fradicia
come nella sabbia arroventata. L'orbita della Terra attorno al sole vi è
estranea, vi vestite allo stesso modo quando soffia il blizzard e quando il
sole cuoce il cranio, avete relegato il tempo atmosferico tra i dettagli che
bussano vanamente sulla superficie del vostro bozzolo.
In cucina il lavello è pieno di piatti sporchi. Macchie
di sugo ormai calcinate dal succedersi delle cotture chiazzano i fornelli.
Questa è la norma, l'eccezione (che varia, in festosa sequenza) è una padella
carbonizzata, o il colapasta monco di un manico, o una pirofila con maccheroni
avanzati che produce le sue muffe proprio sul ripiano davanti al frigo: un
passo ancora e avrebbe trovato salvezza, ma la tua maestria nell'assecondare
l'entropia del mondo sta esattamente in questo minimo, quasi impercettibile
scarto tra il "fatto" e il "non fatto". Anche quando basterebbe
un nonnulla per chiudere il cerchio, tu lo lasci aperto. Sei un perfezionista
della negligenza.
[...] Tutto rimane acceso, niente spento. Tutto aperto,
niente chiuso. Tutto iniziato, niente concluso.»
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