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23 ago 2014

Gli sdraiati, Michele Serra [estratto dal primo capitolo]

Gli sdraiati sono i figli adolescenti, i figli già ragazzi, con il loro mondo ignoto, che forse da quella posizione riescono a vedere cose che gli "eretti" non vedono più, non vedono ancora, hanno smesso di vedere.
 
 

 
[estratto dal primo capitolo]
 
 
«Ma dove cazzo sei?
Ti ho telefonato almeno quattro volte, non rispondi mai. Il tuo cellulare suona a vuoto, come quello dei martiri adulteri e delle amanti offese. La sequela interminata degli squilli lascia intendere o la tua attiva renitenza o la tua soave distrazione e non so quale sia, dei due "non rispondo", il più offensivo.
Per non dire della mia ansia quando non ti trovo, cioè quasi sempre. Ho imparato a relegarla tra i miei vizi, non più tra le tue colpe. Non per questo è meno greve da sopportare. Ogni sirena di ambulanza, ogni riverbero luttuoso dei notiziari scoperchia la scatola delle mie paure. Vedo motorini insanguinati, risse sanguinose, overdosi fatali, forze dell'ordine impegnate a reprimere qualche baldoria illegale.
 [...] L'unica certezza è che sei passato da questa casa. Le tracce della tua presenza sono inconfondibili. Il tappeto kilim davanti all'ingresso è una piccola cordigliera di pieghe e avvallamenti. La sua onesta forma rettangolare, quando entri o esci di casa, non ha scampo: è stravolta dal calco delle tue enormi scarpe, a ogni transito corrisponde un'alterazione della forma originaria. Secoli di manualità di decine di popoli, caucasici maghrebini persiani indostani, sono offesi da ogni tuo piccolo passo.

Almeno tre dei quattro angoli sono rivoltati all'insù, e un paio di grosse pieghe ondulate, non parallele tra loro, alterano l’orizzontalità del tappeto fino a conferirgli il profilo naturalmente casuale della crosta terrestre. In inverno tracce di fanghiglia e foglie secche aggiungono avventurose varianti di Land Art alle austere decorazioni geometriche del kilim. D'estate il disastro è più lindo, meno suggestivo del trionfo invernale. Ma la scarpa che imprime e svelle è sempre la stessa: tu e la tua tribù avete abolito sandali e mocassini in favore di quegli scafi di gomma imbottita che vi ingoiano i piedi per tutto l'anno, nella neve fradicia come nella sabbia arroventata. L'orbita della Terra attorno al sole vi è estranea, vi vestite allo stesso modo quando soffia il blizzard e quando il sole cuoce il cranio, avete relegato il tempo atmosferico tra i dettagli che bussano vanamente sulla superficie del vostro bozzolo.
In cucina il lavello è pieno di piatti sporchi. Macchie di sugo ormai calcinate dal succedersi delle cotture chiazzano i fornelli. Questa è la norma, l'eccezione (che varia, in festosa sequenza) è una padella carbonizzata, o il colapasta monco di un manico, o una pirofila con maccheroni avanzati che produce le sue muffe proprio sul ripiano davanti al frigo: un passo ancora e avrebbe trovato salvezza, ma la tua maestria nell'assecondare l'entropia del mondo sta esattamente in questo minimo, quasi impercettibile scarto tra il "fatto" e il "non fatto". Anche quando basterebbe un nonnulla per chiudere il cerchio, tu lo lasci aperto. Sei un perfezionista della negligenza.
 [...] Il divano., il tuo habitat prediletto. Vivi sdraiato.
 [...] In bagno, asciugamani zuppi giacciono sul pavimento. Appendere un asciugamano all'appendi asciugamani è un’attività che deve risultarti incomprensibile, come tutte quelle azioni che comportano la chiusura del cerchio. Come richiudere un cassetto, o l'anta di un armadio, dopo averli aperti. Come raccogliere da terra, e piegare, i tuoi vestiti buttati ovunque. [...] Calzini sporchi ovunque, a migliaia. A milioni. Appallottolati, e in virtu' del peso modesto e dell'ingombro limitato, non tutti per terra. Alcuni anche su ripiani e mensole, come palloncini che un gas misterioso ha fatto librare in ogni angolo di casa.
 Qualche apparecchio elettronico lasciato acceso, sempre. Sulle pareti della casa buia, bagliori soffusi di spie, led, video ronzanti, come le braci morenti del camino nelle case di campagna. Spesso la televisione di camera tua replica anche in tua assenza uno di quei cartoni satirici americani (Griffin o Simpson) che dileggiano il consumismo.
[...] Tutto rimane acceso, niente spento. Tutto aperto, niente chiuso. Tutto iniziato, niente concluso.»
 

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