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16 mar 2015

Giovanni Blu, Simone Cristicchi (estratto da Centro di Igiene Mentale)


Giovanni ha i capelli corti. La madre lo porta dal barbiere una volta al mese, da quando era bambino, perché aveva avuto i pidocchi. Da quel periodo in poi è diventato un appuntamento fisso, e guai a sgarrare di un giorno. I suoi capelli non devono superare la lunghezza di un centimetro.

È gentile, molto riservato, e come tutti i pazienti affetti da autismo vive in uno stato di totale isolamento dall’ambiente esterno. È chiuso a chiave nel suo mondo interiore.

Una delle caratteristiche di Giovanni è il desiderio ossessivo di mantenere immutabile l’ambiente intorno a sé, è maniaco dell’ordine, della precisione. Ha un modo ripetitivo nell’eseguire azioni banali come vestirsi o mangiare. Giovanni sembra imprigionato in una serie di regole autoimposte, regole che lo tranquillizzano e lo rendono sicuro di non sbagliare. Tutti lo sanno e si comportano di conseguenza, facendo attenzione a non oltrepassare i confini immaginari della sua realtà. Queste regole sono tutto ciò che ha.

A Giovanni piace disegnare, passa ore e ore chino sul tavolo della sala. Quando disegna sembra totalmente immerso nella sua fantasia e non risponde ad alcuno stimolo esterno, una parola, una voce, un semplice rumore.

Disegna paesaggi, con le case in basso e qualche piccola collina verde sullo sfondo. Disegni fatti bene, curati nei minimi dettagli.

Il resto del foglio è tutto colorato di blu. “…È il cielo” mi dice tutto contento. “…È il cielo”. Già, il cielo. Ecco a cosa servono quei pennarelli blu che sono andato a comprare. Giovanni è capace di consumare un pennarello blu al giorno, riempiendo con estrema cura ogni minimo spazio del foglio. Spesso non riesce a concludere la sua opera perché il pennarello blu gli muore nella mano. E lui, sembra morire con quel pennarello. In quei casi non c’è modo di farlo alzare dalla sedia.  Resta come inchiodato, con lo sguardo perso nel vuoto. Un vuoto che profuma di dolore. Diventa pallido, comincia a sudare freddo, entra in uno stato di panico quieto. Sembra una crisi di astinenza.

Per sdrammatizzare gli dico: “Giovà, lasciali bianchi quegli spazi che ti sono rimasti! Potrebbero essere le nuvole, no? Nel cielo ci sono pure le nuvole.”

Lui si gira verso di me con le lacrime agli occhi e dice: “Quando c’è le nuvole, vuole dire che piove… Qui non deve piovere! Non deve piovere mai… Devo finire il cielo, devo finire il cielo, devo finire il cielo…”

Quando torno con i tre pennarelli nuovi in mano. Lui aspetta che li appoggi accanto alle sue mani lunghe. Si asciuga quei grossi lacrimoni e torna sereno.

Sereno come quel suo cielo, colorato di blu.

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