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2 mar 2015

Shared, di Carla Pavone


Le notti d’estate contavamo le stelle cadenti, e se non ce ne erano, le inventavamo. Non c’erano stelle da guardare, né risate da condividere, solo occhi che nel buio mi scrutavano. Mi faceva schifo quel posto, volevo urlare, ma sapevo che sarebbe stato peggio, così rimanevo a occhi aperti e i pensieri si affollavano, e costruivo scenari sempre più paurosi, mi immaginavo una sequenza di giornate come quella appena trascorsa e notti insonni a vegliare sul mio corpo. Cercavo di pensare a qualcosa di bello, ma non era rimasto più nulla. Sentivo dentro me un vuoto profondo, un senso di colpa enorme perché mi sentivo sbagliata e non ne capivo il motivo, volevo reagire e non ne trovavo la forza. Suoni e movimenti nel buio mi facevano sussultare, cantilene notturne di cicale mi tenevano compagnia, lugubri richiami di civette mi scuotevano il petto. Fu solo quando la pallida luce dell’alba filtrò attraverso le grate di quella prigione, che, spossata da quella veglia continua, mi addormentai.
 
Foto: shooting_stars_by_incolor16-d5odbez.jpg (deviantart.com)

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