Le notti d’estate contavamo
le stelle cadenti, e se non ce ne erano, le inventavamo. Non c’erano stelle da
guardare, né risate da condividere, solo occhi che nel buio mi scrutavano. Mi
faceva schifo quel posto, volevo urlare, ma sapevo che sarebbe stato peggio,
così rimanevo a occhi aperti e i pensieri si affollavano, e costruivo scenari
sempre più paurosi, mi immaginavo una sequenza di giornate come quella appena
trascorsa e notti insonni a vegliare sul mio corpo. Cercavo di pensare a
qualcosa di bello, ma non era rimasto più nulla. Sentivo dentro me un vuoto
profondo, un senso di colpa enorme perché mi sentivo sbagliata e non ne capivo
il motivo, volevo reagire e non ne trovavo la forza. Suoni e movimenti nel buio
mi facevano sussultare, cantilene notturne di cicale mi tenevano compagnia,
lugubri richiami di civette mi scuotevano il petto. Fu solo quando la pallida
luce dell’alba filtrò attraverso le grate di quella prigione, che, spossata da
quella veglia continua, mi addormentai.
Foto: shooting_stars_by_incolor16-d5odbez.jpg (deviantart.com)
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