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16 mar 2015

Un matto, di Simone Cristicchi (da Centro di Igiene Mentale)

Davanti a un matto, ho sempre avuto la stessa sensazione, lo stesso identico brivido. Fissare negli occhi la follia è come guardare nella profondità del mare, trovarsi davanti a un’imbarcazione affondata, un relitto che giace addormentato sotto la superficie. Qualcosa di indecifrabile. Come una frase difficile che hai bisogno di rileggere più volte prima di poterla capire. I relitti della psichiatria, i relitti della follia, i relitti della violenza, i relitti della società. Nelle facce di questi relitti io scorgo l’impossibile, l’irraggiungibile.
Volti come imbarcazioni affondate, condannate a stare sotto la superficie, per sempre. Nelle molteplici espressioni di questi visi rosicchiati dal dolore, io riconosco la bellezza. Il fascino del nostro incerto cammino, fatto di labili speranze ed equilibri fasulli.
In quelle mani che non stanno mai ferme, in quegli occhi profondi e inquieti, io ritrovo l’uomo, al di là di ogni sua fragile costruzione. L’uomo nudo, finalmente spogliato, che ha davanti a sé il mistero della sua vita e del suo imponderabile destino.
 

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