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5 apr 2025

Il coraggio di provarci di Cristina Scocchi




 [Mio padre] era insegnante e aveva una capacità innata: tirare fuori il meglio dalle persone.

«Cristina, non permettere al tuo punto di partenza di definire chi vuoi diventare. Tanto più dura è la salita, tanto più sarai forte e allenata quando arriverai alla meta. E se non ci arrivi non importa, avrai avuto il coraggio di provarci, e non è poco. Non ti inchinare di fronte a chi non stimi, anche se può spianarti la strada, non tradire mai i tuoi valori e dai il massimo ogni giorno. E se alla fine realizzerai i tuoi sogni, ricordati di aiutare chi è rimasto indietro e chi non ce l'ha fatta. […] Di fronte a chi non stimi, anche se può spianarti la strada, non tradire mai i tuoi valori e dai il massimo ogni giorno. E se alla fine realizzerai i tuoi sogni, ricordati di aiutare chi è rimasto indietro e chi non ce l'ha fatta.»

Una lezione importante, a cui si è aggiunta quella dei crisantemi. Molto coltivati in Riviera, sono fiori che vanno accuditi giorno dopo giorno nei mesi caldi, protetti dalle piogge di settembre, riparati dal freddo improvviso delle notti di ottobre, quando la fioritura giunge al termine, in vista del momento in cui dovranno essere perfetti per la commemorazione dei defunti.

Era un compito impegnativo, che coinvolgeva diverse persone della mia famiglia in una sorta di catena, ognuna intenta a fare la sua parte, perché bastava poco per rovinare il raccolto e vanificare tutti gli sforzi.

Nel corso della mia carriera mi sono trovata spesso a ripensare a quel modo di lavorare insieme, ognuno responsabile e concentrato sul proprio compito ma senza mai perdere d'occhio gli altri, pronti a intervenire se qualcuno accusava stanchezza o tensione.

Da soli non si ottiene nulla: ecco la seconda lezione che non ha mai perso la sua efficacia, neanche lontano da Coldirodi. Perché le aziende sono fatte prima di tutto dalle persone che ci lavorano, dalle menti che le animano, dal tempo trascorso insieme da esseri umani che interagiscono tra di loro in un ufficio o in una fabbrica. Credo sia conclusa l'epoca in cui un'azienda poteva essere gestita dall'alto, da leader che stanno soli in testa al gruppo, indicando la strada e detenendo il potere. Il leader oggi non balla da solo, non dà le spalle al gruppo, ma lo guida e lo sorregge.

[…]

Se da una parte resta l'anomalia che il merito non viene spesso premiato, dall'altra si è aggiunta l'aggravante di fette sempre più ampie di popolazione che non hanno la possibilità di avanzare sulla scala sociale. Nonostante i passi in avanti, per le donne è ancora molto difficile affermarsi, in alcuni casi lo è addirittura lavorare; per i giovani la precarietà è un incubo ricorrente.

Chi guida un'impresa - un microcosmo che tesse continuamente relazioni con l'esterno e spesso con mondi anche molto lontani tra loro - non può ignorare queste dinamiche.

Il suo compito, oggi, è integrare il valore con i valori, gli obiettivi e i parametri economici e finanziari con quelli etici, sociali e ambientali. Perché di tutto questo non possiamo più fare a meno, se vogliamo affrontare quest'epoca di crisi continue.

[…]

Siamo entrati nell'epoca in cui l'intelligenza artificiale generativa diventerà presto di massa: che cosa resterà all'uomo? Non certo la capacità di calcolo o di previsione. Ci resterà la capacità di creare, immaginare, dare la direzione. Ci resteranno l'empatia, i valori e il merito, che sono la chiave per creare una leadership etica e inclusiva, in grado di mettere le persone al primo posto, di dare a tutti, senza distinzione, senza esclusioni e divari, l'opportunità di dimostrare il proprio talento, perché il punto di partenza non deve più determinare chi puoi diventare. E questo sarà possibile solo quando capiremo che la leadership non è potere, è responsabilità.


Chi, come me, è a capo di un'azienda, in virtù del suo ruolo gode di un enorme privilegio: può, con le proprie azioni, migliorare il benessere delle persone e delle comunità. Le aziende sono fatte di persone, e noi che abbiamo l'onore di guidarle siamo investiti di un'importante funzione sociale, alla quale non possiamo e non dobbiamo sottrarci. Per i suoi collaboratori, un amministratore delegato non deve essere solo il capo, ma una persona di cui sentono di potersi fidare, perché ha valori etici e morali in cui si riconoscono.


La leadership non è vincere la corsa a tutti i costi, non è ambire al podio. La leadership è conoscenza, empatia, etica e coraggio. È prendersi cura delle persone che si incontrano in quei quarantadue lunghissimi chilometri di cui è fatta la vita di ciascuno di noi.

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