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15 apr 2011

Vivienne

Storia di una donna che si perse in un blog

Vivienne era nata con il sangue blu. Non quello che scorre nelle blasonate vene di antichi nobili. Il sangue blu di Vivienne era del tipo che scorre misto al sangue rosso delle emozioni più sfrontate, quello che si versa sulla carta bianca esponendo al pubblico il mondo interiore, lasciando trapelare le debolezze, le sofferenze, le pene che sono racchiuse nel profondo dell’anima.

Vivienne aveva iniziato a scrivere da adolescente, riempiendo diari che ora stagionavano come vino buono nella cantina della sua casa. All’inizio erano semplici frasi, perdute tra ritagli di giornali, foto e disegni. Poi erano diventate poesie, raccolte in un quaderno di quelli con la copertina rigida, ordinatamente trascritte con la data, come a voler sistemare le sue emozioni etichettandole una per una. Alla fine erano pezzi di vita raccontata brutalmente, così come veniva fuori nel pieno della tempesta di dolori e gioie. Aveva aperto una sola volta quelle scatole piene di parole e quel piccolo gesto le aveva riportato intatti tutti i sentimenti che aveva provato, soprattutto i dolori che se ne stavano sopiti dentro di sé, indisturbati.

Non aveva mai pensato di poterne fare un mestiere. Aveva in mente ambasciate in terre straniere, studi pubblicitari di grande nome, palchi sui quali cantare o recitare. Era finita a fare altro nella vita. L’unica cosa che le era rimasta di quegli anni era l’incapacità di fermare le parole. Le sentiva vibrare nella testa, correre e rincorrersi, ordinarsi l’una dopo l’altra finchè non erano pronte a mostrarsi ed allora scendevano giù per il suo corpo e le imprigionavano la mano sul foglio.

Aveva scritto tre libri. Tre pezzi della sua vita che le rimbombavano dentro. Aveva deciso di battersi solo per uno, quello che meno faceva trasparire se stessa, quello che rivelava meno di sé, perché era sempre stata schiva a mostrarsi, si era sempre mantenuta in un angolo, in disparte, lontano dagli occhi indiscreti del primo passante.

Era il periodo nel quale stava finendo il suo libro, quello in cui conobbe Roland.

A dire il vero lo conosceva già. Come si conoscono tanti genitori a scuola. «Ciao come va? Tutto bene? ». Vite macinate l’una affianco l’altra, senza davvero conoscersi.

Poi era venuta l’era di Facebook ed anche lei ci era cascata. Erano diventati «amici» e aveva scoperto così che lui aveva un suo blog. Fu una sorpresa scoprire una passione simile, ma fu l’occasione per riflettere su quanto fosse cambiata la vita grazie alla tecnologia. Via i quaderni dalle copertine rigide, via i diari pieni di foto. Le parole avevano una tastiera sulle quali comporsi. Così anche Vivienne aveva aperto il suo blog, vuoto. Sembrava una vergine in attesa del primo amante al quale regalare la sua virtù. Prima o poi, si diceva Vivienne, avrebbe trovato le parole per iniziarsi alla «rete».

Fu lì che Roland la colpì, dritta al cuore, con poche parole scritte su una email. Un semplice invito a collaborare su un blog con altri due amici, per scrivere e raccontarsi. «Perché in fondo, chi scrive » sosteneva Roland «ha anche voglia di farsi leggere.» «Io no!» urlava Vivienne «Io scrivo perché non posso farne a meno». Quell’ingenuità le costò caro. Accettò ed iniziò.

La sua mente iniziò a viaggiare. Storie su storie che la colpivano in piena notte, costringendola a restare sveglia con luce fioca per non svegliare la sua famiglia. Personaggi che creava, regalando loro un po’ di sé e della sua vita, delle emozioni che raccoglieva durante la notte, per riversarle colorandole nei suoi racconti. Scriveva ogni momento che poteva. Si attaccava al Blackberry anche per un’ora, con le dita rattrappite per il dolore. Passava ore al computer. Scriveva sulla carta se non aveva altro per mano e poi ricopiava. Inventava, trasportava ed il blog si riempiva anche di lei. E questo le piaceva.

Vivienne scrive ancora. Ha un po’ lasciato perdere il suo libro, dopo varie proposte di pubblicazione giunte da editori che volevano un contributo. No, Vivienne non cede ancora. Lei è una idealista. Lei crede ai suoi personaggi, alle loro vite piene, alle loro debolezze e non ha voluto svenderli solo per vederli pubblicati. E per ora continua a scrivere… un po’ per farsi leggere, ma soprattutto perché è la cosa che adora di più fare. Non può fare a meno di quel sentimento che la inchioda ad una sedia e di quelle bufere di parole nate dietro un’idea che si costruisce da sola all’improvviso. Nel suo cuore le piace davvero poter vivere mille storie senza abbandonare la sua, soprattutto quando quelle storie sono lontane da ciò che è o deve essere.

Già… perché i suoi personaggi sono quello che è e quello che vorrebbe essere, quello che adora e quello che disprezza, quello che può e non può essere. Lei non te lo dirà mai com’è davvero dentro di sé, perché le parole non le sa pronunciare. Preferisce che rimangano là, fisse, sulla carta bianca e lascia a te lo sforzo di cercarci dentro la vera Vivienne. La vera Vivienne è solo lì, nelle emozioni, nelle parole, nelle verità e nelle bugie.

Vivienne è ferma lì al suo computer che si rilegge il suo centesimo post. E’ contenta. Non l’ha fatto apposta a finire il suo ultimo racconto proprio al numero cento. Se n’è accorta per caso… Allora si alza. Apre il frigorifero. Prende una bottiglia. La apre, versa le bollicine in un calice e lo alza verso il cielo azzurro.

«Grazie, Roland! Non ce l’avrei mai fatta senza di te…»

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