Chi, almeno una volta nella vita, non ha avuto paura del buio? E chi, almeno una volta nella vita, non ha pensato all’idea terrificante di essere sepolto vivo?
Le immagini che accompagnano il romanzo sono quasi surreali: buio, onde verdi, la sensazione di impotenza nel sentirsi vivo e nel non riuscire a muovere nemmeno un muscolo del proprio corpo. Una serie di onde verdi accompagnano lo stato vigile dell’uomo in piccoli flashback che descrivono la sua vita. La vita di un uomo che ha saputo conquistare un ruolo importante nel lavoro, ma nella vita è circondato da poche persone che davvero sembrano amarlo: una figlia, Debbie; una sorella Dorothy e qualche amico. Un mistero senza soluzione, che potrebbe condurre alla pazzia (“un buio speciale, disperato, incontrollabile ed invivibile”) e che avvolge i due terzi del libro, fino a quando una luce illumina la mente del lettore e lo guida attraverso quelle onde.
Il libro si muove attraverso un dualismo tra passione e morte, “Dualismo che Empedocle aveva già individuato come fantasia cosmica nel 495 a.C. e che Freud aveva ripreso in termini di conflitto delle pulsioni, però biologiche nello stesso individuo”.
La passione cuce le pulsioni che
hanno guidato la vita dell’uomo: il matrimonio con Helen, quello che viene
definito “una cazzata”, dal quale nascono due figlie praticamente sconosciute,
Rebecca e Carol; il matrimonio con Elizabeth, che sembra finalmente dare
serenità al protagonista, fino a che la sua vita non è sconvolta da Nichole,
una ragazza esuberante che gli regala momenti di alta eroticità; l’amore
filiale di Debbie, che non accetta di
perdere suo padre soltanto perchè il matrimonio con la madre è finito; la presenza
a volte solo dietro le quinte di Dorothy, il suo “angelo”; la passione che
nasce lentamente per il suo romanzo, che lo porta a decidere di trasferirsi
lontano dagli affetti di Boston per richiudersi in una piccola casa al mare; l’amicizia
con Mattew, che rivela la sua natura solo alla fine del romanzo; infine il suo
amore sincero per Madeleine, dalla quale si sente distante solo per età e che
alla fine della sua vita gli regala un sentimento che sembra non aver mai
provato.
La morte appare con le indimenticabili
immagini del suo funerale, del buio, del gioco d’azzardo, della malattia, la
consapevolezza matura di essere stato “strumento di sofferenza per tutti coloro
che lo avevano amato” e rimane legata alla vita per quelle ondeggianti linee
verdi che rimangono inspiegabili per quasi tutto il libro.
Il libro che l’uomo scrive sembra
essere “questo” libro e questa sensazione è violentemente confermata alla fine,
quando l’uomo conclude il suo romanzo e ne impila le pagine prima di mandarle
all’editore. Una immagine di grande effetto (che non cito per correttezza verso
chi il libro non lo ha ancora letto) sorprende il lettore e lo fa sorridere,
sentendosi quasi preso bonariamente in giro dall’autore.
Particolarmente bella la figura
di Madeleine, che nella scena del funerale è in disparte e non se ne capisce
bene il ruolo. E’ la donna che regalerà all’uomo piaceri oltre la carne e
sensazioni che addolciscono ed esaltano la sua vita. Molto significativi i passaggi legati alla scrittura del romanzo, che esprimono “i tormenti e le indecisioni” dello scrittore che deve decidere “da che parte stare .
Una fine amara, ma in fondo, forse, l’unica davvero possibile.
Estratti
Non era
più una premessa come in altre occasioni
ma solo un languido ricordo che si stava trasformando in rabbia.
Non aver paura
della morte, fa meno male della vita. (Jim Morrison)
La morte ha in sé un fascino straordinario e
irripetibile anche se nella vita capita di morire dentro e anche più volte. O
almeno crediamo di morire, ma in realtà la vita ci aspetta per dispensarci
altre sofferenze e soltanto quando la morte è definitiva smettiamo di soffrire.
[...] Non si era mai
voltato verso suo padre. Non aveva trovato il coraggio di farl sino a quando,
sospinto alle spalle da Dorothy, fu costretto ad avvicinarsi. Si muoveva come
un automa, terrorizzato all’idea di vedere suo padre trasformato in cadavere.
Si guardava intorno cercando l’energia che gli serviva ma della quale si
sentiva svuotato. La trovò nella rabbia. Si sentiva umiliato dalla propria
impotenza e reagì chinandosi di scatto con le labbra protese verso la fronte di
suo padre ma non riuscì a controllarsi quando sobbalzò indietreggiando
spaventato dal contatto gelido di quel bacio. E’ dunque questa la morte? –
Se lo chiedeva
perché era terrorizzato. Aveva la sensazione di averla toccata.
La morte è
spaventosa – si disse ricordando una frase letta nei quaderni di Anton Checov –
ma ancor più spaventosa sarebbe la consapevolezza di non poter morire mai.
[...] Rimase in piedi in fronte alle lapidi alcuni
minuti. Era incapace di pensare, era commosso e mai e poi mai avrebbe pensato
che un giorno gli sarebbe capitato di chiedere aiuto a suo padre e a sua madre,
soprattutto adesso che erano stati tumulati e non in grado di rispondergli.
Non aveva da chiedere beni materiali, non l’avrebbe
mai fatto, né chiedeva rimedi alla sua salute visto che si considerava
fortunato per non avere ancora patito anche soltanto una piccola parte delle
loro sofferenze. Né chiedeva perdono per le malefatte in gioventù e per il poco
amore a loro riservato in vita. Sapeva bene di non meritarlo.
Avrebbe voluto chiedere, questo sì, cosa fare della
propria vita spesso insulsa e programmata per fare del male alle persone che
avevano commesso l’errore di amarlo. Avrebbe voluto solo un suggerimento ma non
chiese perché avrebbe dato loro, ovunque fossero, un fardello enorme oltre a
quelli che in vita avevano già trascinato per lui.
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