Non ricordavo più il momento in cui le righe che il dito di
Atticus indicava, muovendosi sulla pagina, si erano separate in tante parole,
mi ricordavo di aver fissato quelle righe ogni sera della mia vita, ascoltando
le notizie di cronaca, il dibattito parlamentare, i diari di Lorenzo Dow, tutto
quel che leggeva Atticus, la sera, quando mi arrampicavo sulle sue ginocchia.
Fino al giorno in cui mi minacciarono di non lasciarmi più leggere, non seppi
di amare la lettura:
si ama, forse, il proprio respiro?
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