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8 lug 2014

Il ruggito della mamma tigre, di Ami Chua

Tutti i genitori vogliono il meglio per i propri figli. Il problema è come ottenerlo. Se un tempo il metodo era uno, ovvero l’uso della disciplina, oggi, in un’epoca di pedagogia figliocentrica e permissiva, anche il genitore meglio intenzionato finisce per cedere al compromesso. Non è così per Amy Chua: cresciuta secondo i rigidi principi educativi cinesi (“la disciplina più disciplina del mondo”), ha un’idea molto chiara su come allevare le sue bambine, Sophia e Lulu. La “mamma tigre” crede che il modo migliore per proteggere i figli non sia rassicurarli continuamente, assecondarne le predisposizioni, evitare loro le difficoltà per non intaccarne l’autostima, bensì promuovere i valori dell’abnegazione, della necessità di puntare sempre all’obiettivo più alto, per arrivare a una sicurezza personale di cui poi nessuno riuscirà più a privarli. Ecco perché sono banditi TV, computer e uscite con gli amici. Le priorità sono, sempre e comunque, i compiti e lo studio assiduo della musica. I risultati non tardano ad arrivare ma al prezzo di sacrifici che ai nostri occhi di genitori occidentali e permissivi destano non poca sorpresa e scandalo. Tuttavia, quando Sophia e Lulu entreranno nella difficile età dell’adolescenza, persino la “mamma tigre” dovrà rivedere le sue convinzioni… Caso editoriale negli Stati Uniti, dove ha scatenato un dibattito pubblico che dall’America si è esteso a tutto il mondo, questo libro racconta una grande storia di disciplina, talento, severità e amore.
Il fallimento della mamma tigre, Roberta Carlini
Ore e ore di pianoforte forzato, niente pigiama-party, zero attività extracurriculari divertenti; e punizioni fino alla gogna familiare in caso di delusione delle aspettative dei genitori. Quando l'epopea della “mamma tigre” uscì, due anni fa, creò immediatamente un caso, e non solo negli Stati Uniti, per i confronti tra l'educazione nelle famiglie asiatico-americane e le altre; il libro di Amy Chua suscitò un certo interesse anche da noi, piombando in pieno sul dibattito sul permissivismo della generazione dei genitori post-sessantottini e sulla nuova tirannia dei figli-imperatori. Anche qui,  genitori stressati e in crisi di identità si divisero tra fan e detrattori delle madri-tigre, discutendo sull'accettabilità di mezzi così duri sui nostri pargoli, e sulla desiderabilità del risultato (una performance eccellente in tutto, dalla scuola al lavoro alla vita quotidiana); mai mettendo in discussione, però, la loro efficacia nel raggiungerlo, quel risultato. Invece adesso uno studio - reso noto da Slate - manda in aria tutta la teoria della mamma-tigre, mostrando esiti del tutto negativi di quel modello educativo: risultati scolastici peggiori, alienazione familiare, problemi comportamentali... Un fallimento, insomma.


La misurazione precisa dell'impatto educativo della mamma-tigre si deve a una coincidenza. “Oh mio dio, ma io ho i dati su tutta questa roba!”, fu quel che si disse un'altra donna asiatico-americana, Su Yeong Kim, quando esplose il caso del libro di Amy Chua. Fatto sta che la professoressa Kim, dell'università del Texas, da qualche anno con altri ricercatori andava intervistando un campione di 300 famiglie sino-americane proprio per classificare e valutare i modelli educativi. Per far ciò, racconta Slate, Kim aveva corretto le categorie correntemente in uso tra i ricercatori occidentali, che usualmente considerano tre modelli genitoriali: il permissivo, l'autorevole, l'autoritario; e aveva in qualche modo introdotto nella classificazione proprio il modello molto esigente e duro che corrisponde alla figura della “tiger mom”. Classificati i modelli genitoriali, aveva poi seguito i figli nelle loro vite e carriere. L'esito finale della ricerca, venuta alla luce adesso, è netto: in primo luogo, il modello “tigre” non è affatto il più diffuso tra le famiglie sino-americane, e in ogni caso negli ultimi tempi prevale tra i padri più che tra le madri; quanto ai risultati, i ragazzi e le ragazze educati alla scuola “tigre” hanno peggiori esiti all'università e nell'istruzione in generale, e più frequenti problemi psicologici e di alienazione familiare, rispetto ai figli educati in famiglie che adottano altri modelli, sia quelli più lassisti che quelli basati su comprensione e sostegno. Insomma, i cuccioli-tigre non sono dei “vincenti”, per dirla col gergo caro a mamma Chua.
Sarà vero? O lo studio di Kim non soffre, al pari del pamphlet di successo di Amy Chua, del difetto della generalizzazione? Dovremo adesso assistere a un'ondata opposta a quella del 2011, e a una rivalutazione di mamme (e padri) all'italiana, quelli che accompagnano i figli perfino a fare i test di ingresso all'università? Va detto che, mentre il libro di Amy Chua si basava su una sola esperienza – personale - il lavoro di Su Yeong Kim è frutto di una ricerca, fatta con metodi scientifici, che ha coinvolto l'osservazione di 300 famiglie. E che, a stare a quel che si legge, ha fatto attenzione a depurare i risultati da influssi di altre variabili (ad esempio, il background sociale che ovviamente incide sulle performance dei figli, qualunque sia l'educazione che si riceve). Ne viene fuori che, anche nel contesto delle famiglie miste con un genitore di origine asiatica e l'altro americano, e all'inizio del terzo millennio, il modello più valido è un mix di autorevolezza e comprensione, attenzione e calore, autorità e libertà: qualcosa che ci ricorda una certa Montessori, non a caso celebrata, nel pieno della moda delle mamme-tigre, proprio in patria americana.
http://www.unipd.it/ilbo/content/il-fallimento-della-mamma-tigre
Citazioni
“La verità è che non sono capace di godermi la vita. Non è uno dei miei pregi. Sono sempre piena di liste di cose da fare e detesto i massaggi e le vacanze ai Caraibi”.
“Un genitore perde sempre. Qualunque cosa tu faccia, non importa: crescendo, i figli ce l’avranno sempre con te.”
La madre cinese
Molti si chiedono come facciano i genitori cinesi a crescere bambini così perfetti. Si domandano come riescano a produrre tanti fenomeni della matematica e prodigi musicali, come sia la vita nelle loro famiglie e come fare per ottenere gli stessi risultati. Tutte domande cui posso rispondere per esperienza diretta. Per esempio, alle mie figlie Sophia e Louisa non è mai stato permesso di:
-          Andare a dormire dalle amiche
-          Andare a giocare dalle amiche
-          Partecipare a una recita scolastica
-          Lamentarsi di non poter partecipare a una recita scolastica
-          Guardare la televisione o giocare con i videogiochi
-          Scegliere le attività extrascolastiche
-          Prendere un voto inferiore a 10
-          Non essere la migliore in ogni materia tranne educazione fisica e recitazione
-          Suonare uno strumento che non fosse il pianoforte o il violino
-          Non suonare il pianoforte o il violino.
[...] Ampliando il discorso ai “genitori occidentali” – anche questa una definizione da considerarsi in senso lato – credo di poter affermare che ne esistano di tutti i tipi: severi e permissivi, eterosessuali e omosessuali, ebrei ortodossi, single, ex figli dei fiori, bancari e militari, e non è detto che tutti condividano lo stesso punto di vista.
Quindi proprio come una madre cinese non è necessariamente tale per nascita o per origine, così la definizione di “genitore occidentale” non vale per tutti i genitori nati e cresciuti in Occidente.
[...] Gli stereotipi culturali sono spesso fastidiosi, tuttavia nello scontro Oriente-Occidente centinaia di studi mettono in evidenza spiccate differenze nel concetto di educazione e crescita dei figli. Vorrei citare un’indagine condotta presso cinquanta madri statunitensi e quarantotto madri cinesi emigrate negli Stati Uniti. Circa il 70 per cento delle prime ha sostenuto che “esasperare il successo negli studi nuoce ai figli” o in ogni caso che “i genitori devono trasmettere l’idea che imparare è divertente”.
Una visione per nulla condivisa dalle madri cinesi, convinta che i propri figli possano essere “gli studenti migliori”, che “i successi scolastici sono il frutto di una buona e corretta educazione” e che, di conseguenza, se i ragazzi non eccellono è sintomo di un “problema”, cioè che i genitori “non stanno facendo il proprio dovere”.
[...] Alcuni sono convinti che il tipico genitore americano che sprona i figli a praticare lo sport sia l’equivalente occidentale della madre cinese. Niente di più sbagliato. Anzi, una madre cinese è convinta che:
-          Lo studio venga sempre per primo
-          10- sia un brutto voto
-          In matematica i propri figli debbano essere due anni avanti rispetto ai compagni di classe
-          Non debba mai complimentarsi con loro in pubblico
-          Se il figlio si dovesse trovare in disaccordo con un insegnante o un allenatore, un bravo genitore debba prendere sempre le parti di quest’ultimo
-          Le unica attività che bisognerebbe permettere ai ragazzi sono quelle in cui possano aggiudicarsi una medaglia
-          Tale medaglia debba essere d’oro.
Morsi e bollicine
Ho riflettuto a lungo su come facciano i genitori cinesi a comportarsi in determinati modi, e sono giunta alla conclusione che la risposta risieda in tre grandi differenze di forma mentis.
Primo: ho notato che i genitori occidentali sono costantemente in pensiero per l’autostima dei figli. Si preoccupano di come si sentirebbero se dovessero fallire in qualcosa e si profondono in continue rassicurazioni, ripetendo loro quanto siano bravi nonostante un brutto voto o un’esibizione mediocre a un saggio. In altre parole, i genitori occidentali si preoccupano della psiche dei figli. I genitori cinesi no. Non partono dal presupposto che i figli siano fragili, al contrario. Quindi si comportano in modo completamente diverso.  [...] Se lo studente occidentale torna a casa con un 7, molto spesso riceve ugualmente dei complimenti. Ci sono genitori occidentali che siederanno con lui per esprimere disapprovazione, ma sempre stando bene attenti a non far sentire il figlio incapace o insicuro. Nel proprio intimo, però, i genitori occidentali si dicono che il figlio non dà il meglio durante le prove o non è portato, o che c’è qualcosa che non va con il programma di studi, se non perfino con la scuola. [...] I genitori cinesi pretendono voti altissimi perché credono che i figli possano prenderli. E se non ci riescono, significa che non si sono impegnati abbastanza. Il genitore cinese è convinto che il figlio sia forte abbastanza da sopportare la vergogna e trovare il modo di migliorarsi.
Secondo: i genitori cinesi sono convinti che i figli siano in debito con loro. Il concetto è che i figli devono trascorrere la vita ripagando i genitori con obbedienza e risultati che li rendano orgogliosi. Sono convinta che la maggior parte dei genitori occidentali non condivida questo punto di vista. Jed, per esempio, la pensa diversamente. Una volta mi ha detto: “I figli non possono scegliersi i genitori. Non possono nemmeno decidere se e quando venire al mondo. Sono i genitori a obbligarli a nascere, quindi è loro precisa responsabilità provvedere a tutto. I figli non ci devono un bel niente.”
Terzo: i genitori cinesi sono convinti di sapere che cosa sia meglio per i figli, e, di conseguenza, ne prevaricano desideri e preferenze. Non è vero che ai genitori cinesi non importa nulla dei propri figli, è vero il contrario. Si tratta solo di una diversa concezione della funzione del genitore.

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