
Il fallimento della mamma tigre, Roberta Carlini
Ore e ore di
pianoforte forzato, niente pigiama-party, zero attività extracurriculari
divertenti; e punizioni fino alla gogna familiare in caso di delusione delle
aspettative dei genitori. Quando l'epopea della “mamma tigre” uscì, due anni
fa, creò immediatamente un caso, e non solo negli Stati Uniti, per i confronti
tra l'educazione nelle famiglie asiatico-americane e le altre; il libro di Amy Chua suscitò un certo
interesse anche da noi, piombando in pieno sul dibattito sul permissivismo
della generazione dei genitori post-sessantottini e sulla nuova tirannia dei
figli-imperatori. Anche qui, genitori stressati e in crisi di identità si
divisero tra fan e detrattori delle madri-tigre, discutendo sull'accettabilità
di mezzi così duri sui nostri pargoli, e sulla desiderabilità del risultato
(una performance eccellente in tutto, dalla scuola al lavoro alla vita quotidiana);
mai mettendo in discussione, però, la loro efficacia nel raggiungerlo, quel
risultato. Invece adesso uno studio - reso noto da Slate -
manda in aria tutta la teoria della mamma-tigre, mostrando esiti del tutto
negativi di quel modello educativo: risultati scolastici peggiori, alienazione
familiare, problemi comportamentali... Un fallimento, insomma.
La misurazione
precisa dell'impatto educativo della mamma-tigre si deve a una coincidenza. “Oh
mio dio, ma io ho i dati su tutta questa roba!”, fu quel che si disse un'altra
donna asiatico-americana, Su Yeong Kim, quando esplose il caso del libro di Amy
Chua. Fatto sta che la professoressa Kim, dell'università del Texas, da qualche
anno con altri ricercatori andava intervistando un campione di 300 famiglie
sino-americane proprio per classificare e valutare i modelli educativi. Per far
ciò, racconta Slate, Kim aveva corretto le categorie correntemente in uso tra i
ricercatori occidentali, che usualmente considerano tre modelli genitoriali: il
permissivo, l'autorevole, l'autoritario; e aveva in qualche modo introdotto
nella classificazione proprio il modello molto esigente e duro che corrisponde
alla figura della “tiger mom”. Classificati i modelli genitoriali, aveva poi
seguito i figli nelle loro vite e carriere. L'esito finale della ricerca, venuta alla luce adesso, è netto: in primo luogo,
il modello “tigre” non è affatto il più diffuso tra le famiglie sino-americane,
e in ogni caso negli ultimi tempi prevale tra i padri più che tra le madri;
quanto ai risultati, i ragazzi e le ragazze educati alla scuola “tigre” hanno
peggiori esiti all'università e nell'istruzione in generale, e più frequenti
problemi psicologici e di alienazione familiare, rispetto ai figli educati in
famiglie che adottano altri modelli, sia quelli più lassisti che quelli basati
su comprensione e sostegno. Insomma, i cuccioli-tigre non sono dei “vincenti”,
per dirla col gergo caro a mamma Chua.
Sarà vero? O lo studio di Kim non soffre, al pari del pamphlet
di successo di Amy Chua, del difetto della generalizzazione? Dovremo adesso
assistere a un'ondata opposta a quella del 2011, e a una rivalutazione di mamme
(e padri) all'italiana, quelli che accompagnano i figli perfino a fare i test
di ingresso all'università? Va detto che, mentre il libro di Amy Chua si basava
su una sola esperienza – personale - il lavoro di Su Yeong Kim è frutto di una
ricerca, fatta con metodi scientifici, che ha coinvolto l'osservazione di 300
famiglie. E che, a stare a quel che si legge, ha fatto attenzione a depurare i
risultati da influssi di altre variabili (ad esempio, il background sociale che
ovviamente incide sulle performance dei figli, qualunque sia l'educazione che
si riceve). Ne viene fuori che, anche nel contesto delle famiglie miste con un
genitore di origine asiatica e l'altro americano, e all'inizio del terzo
millennio, il modello più valido è un mix di autorevolezza e comprensione,
attenzione e calore, autorità e libertà: qualcosa che ci ricorda una certa
Montessori, non a caso celebrata,
nel pieno della moda delle mamme-tigre, proprio in patria americana.
http://www.unipd.it/ilbo/content/il-fallimento-della-mamma-tigre
Citazioni
“La verità è che non sono capace
di godermi la vita. Non è uno dei miei pregi. Sono sempre piena di liste di
cose da fare e detesto i massaggi e le vacanze ai Caraibi”.
“Un genitore perde sempre.
Qualunque cosa tu faccia, non importa: crescendo, i figli ce l’avranno sempre
con te.”
La madre cinese
Molti si chiedono come facciano i
genitori cinesi a crescere bambini così perfetti. Si domandano come riescano a
produrre tanti fenomeni della matematica e prodigi musicali, come sia la vita
nelle loro famiglie e come fare per ottenere gli stessi risultati. Tutte
domande cui posso rispondere per esperienza diretta. Per esempio, alle mie
figlie Sophia e Louisa non è mai stato permesso di:
-
Andare a dormire dalle amiche
-
Andare a giocare dalle amiche
-
Partecipare a una recita scolastica
-
Lamentarsi di non poter partecipare a una recita
scolastica
-
Guardare la televisione o giocare con i
videogiochi
-
Scegliere le attività extrascolastiche
-
Prendere un voto inferiore a 10
-
Non essere la migliore in ogni materia tranne
educazione fisica e recitazione
-
Suonare uno strumento che non fosse il
pianoforte o il violino
-
Non suonare il pianoforte o il violino.
[...] Ampliando il discorso ai “genitori
occidentali” – anche questa una definizione da considerarsi in senso lato –
credo di poter affermare che ne esistano di tutti i tipi: severi e permissivi,
eterosessuali e omosessuali, ebrei ortodossi, single, ex figli dei fiori,
bancari e militari, e non è detto che tutti condividano lo stesso punto di
vista.
Quindi proprio come una madre
cinese non è necessariamente tale per nascita o per origine, così la
definizione di “genitore occidentale” non vale per tutti i genitori nati e
cresciuti in Occidente.
[...] Gli stereotipi culturali
sono spesso fastidiosi, tuttavia nello scontro Oriente-Occidente centinaia di
studi mettono in evidenza spiccate differenze nel concetto di educazione e
crescita dei figli. Vorrei citare un’indagine condotta presso cinquanta madri
statunitensi e quarantotto madri cinesi emigrate negli Stati Uniti. Circa il 70
per cento delle prime ha sostenuto che “esasperare il successo negli studi
nuoce ai figli” o in ogni caso che “i genitori devono trasmettere l’idea che
imparare è divertente”.
Una visione per nulla condivisa
dalle madri cinesi, convinta che i propri figli possano essere “gli studenti
migliori”, che “i successi scolastici sono il frutto di una buona e corretta
educazione” e che, di conseguenza, se i ragazzi non eccellono è sintomo di un “problema”,
cioè che i genitori “non stanno facendo il proprio dovere”.
[...] Alcuni sono convinti che il
tipico genitore americano che sprona i figli a praticare lo sport sia l’equivalente
occidentale della madre cinese. Niente di più sbagliato. Anzi, una madre cinese
è convinta che:
-
Lo studio venga sempre per primo
-
10- sia un brutto voto
-
In matematica i propri figli debbano essere due
anni avanti rispetto ai compagni di classe
-
Non debba mai complimentarsi con loro in
pubblico
-
Se il figlio si dovesse trovare in disaccordo
con un insegnante o un allenatore, un bravo genitore debba prendere sempre le
parti di quest’ultimo
-
Le unica attività che bisognerebbe permettere ai
ragazzi sono quelle in cui possano aggiudicarsi una medaglia
-
Tale medaglia debba essere d’oro.
Morsi e bollicine
Ho riflettuto a lungo su come
facciano i genitori cinesi a comportarsi in determinati modi, e sono giunta
alla conclusione che la risposta risieda in tre grandi differenze di forma mentis.
Primo: ho notato che i genitori
occidentali sono costantemente in pensiero per l’autostima dei figli. Si
preoccupano di come si sentirebbero se dovessero fallire in qualcosa e si
profondono in continue rassicurazioni, ripetendo loro quanto siano bravi
nonostante un brutto voto o un’esibizione mediocre a un saggio. In altre
parole, i genitori occidentali si preoccupano della psiche dei figli. I
genitori cinesi no. Non partono dal presupposto che i figli siano fragili, al
contrario. Quindi si comportano in modo completamente diverso. [...] Se lo studente occidentale torna a casa
con un 7, molto spesso riceve ugualmente dei complimenti. Ci sono genitori
occidentali che siederanno con lui per esprimere disapprovazione, ma sempre
stando bene attenti a non far sentire il figlio incapace o insicuro. Nel
proprio intimo, però, i genitori occidentali si dicono che il figlio non dà il
meglio durante le prove o non è portato, o che c’è qualcosa che non va con il
programma di studi, se non perfino con la scuola. [...] I genitori cinesi
pretendono voti altissimi perché credono che i figli possano prenderli. E se
non ci riescono, significa che non si sono impegnati abbastanza. Il genitore
cinese è convinto che il figlio sia forte abbastanza da sopportare la vergogna
e trovare il modo di migliorarsi.
Secondo: i genitori cinesi sono
convinti che i figli siano in debito con loro. Il concetto è che i figli devono
trascorrere la vita ripagando i genitori con obbedienza e risultati che li
rendano orgogliosi. Sono convinta che la maggior parte dei genitori occidentali
non condivida questo punto di vista. Jed, per esempio, la pensa diversamente. Una
volta mi ha detto: “I figli non possono scegliersi i genitori. Non possono
nemmeno decidere se e quando venire al mondo. Sono i genitori a obbligarli a
nascere, quindi è loro precisa responsabilità provvedere a tutto. I figli non
ci devono un bel niente.”
Terzo: i genitori cinesi sono
convinti di sapere che cosa sia meglio per i figli, e, di conseguenza, ne
prevaricano desideri e preferenze. Non è vero che ai genitori cinesi non
importa nulla dei propri figli, è vero il contrario. Si tratta solo di una
diversa concezione della funzione del genitore.
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