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26 ago 2014

In fondo al tuo cuore, Maurizio De Giovanni


Estratto dal Capitolo IX

«E ci stava la luna, quella sera. Io vengo da una famiglia di pescatori e lo so, quando ci sta la luna. Quando costruisce quella strada d'argento in mezzo al mare, e le luci della città sembrano stelle cadute sulla terra, e non fa niente, perché in cielo ce ne stanno tante tante. Quella sera, Rosine', ci stavamo solo io e te sulla spiaggia. Me lì ricordo a uno a uno i nostri baci. Il cuore mi batteva in petto come le finestre se c'è il vento, come le onde sul fianco delle barche, tum tum tum. Te lo ricordi Rosine'? Certo che te lo ricordi. Tenevi tredici anni, tu. E quattordici io.

Tutto, tutto quello che ho fatto nella vita mia l'ho fatto per te, Rosine'. I commerci, la casa, il rispetto degli amici. Tutto. Per i sogni che abbiamo fatto, stretti vicino al mare, quella sera che ho sentito il sapore della tua bocca per la prima volta, quel sapore che mi avvelena stanotte, che ci sta la stessa luna in cielo, che le stelle mute si riuniscono per piangere insieme a me.
Te lo ricordi il giorno del matrimonio, Rosine'? Tenevi vent'anni. Non basta il sole, non basta il mare, non basta il verde della collina che si apre davanti agli occhi per dire quant'eri bella. Serve il cielo che si specchia nell'acqua e si rompe in mille scintille che fanno male agli occhi e bene al cuore, e la montagna calma che riposa e sorveglia, e gli alberi che sventolano fronde come se volessero applaudire, e la spuma bianca sugli scogli, per dire quant'eri bella. Le ragazze del quartiere ti vollero fare la corte, la principessa che diventava regina, un passo dietro di te.

E quella notte te la ricordi? Con la luna che entrava dalla finestra, la luna che ci aveva fatto da madrina, la stessa luna. Mi desti la vita, sorridendo sempre pure nel dolore, la vita, le lacrime della gioia. E pure io piansi, Rosine'. Mentre tu dormivi abbracciata e felice, con il mezzo sorriso in faccia della donna che eri diventata. Mentre io inseguivo la paura del futuro. Quando uno è troppo felice piange, Rosine'.
A che serve l'amore, Rosine'?

Una sera, al ritorno dalla dfatica, che non mi reggevo in piedi da quanto ero stanco, mi hai preso la mano e me l'hai messa sulla pancia. E poi mi hai detto: a questo serve, l'amore. Io guardai il paradiso in faccia. E mi sentivo il cuore nelle orecchie, e tum tum tum come la notte vicino al mare a quattordici anni, e come davanti alla chiesa.
Poi una notte Rosine' è cominciato il sangue. Il sangue tuo, tanto, mi sembravano litri e litri, e il letto piangeva sangue fino a terra.

Lo sai quando impazzisci, Rosine'. Lo sai perché dalla testa ti sparisce il futuro. Guardi avanti, dove prima ci stavano giornate e nottate e mesi e anni, e non vedi più niente. Dice che è come morire, forse è così. La morte che cos'è, se non quando ti levano il futuro?
Io è come se mi fossi ritrovato all'inferno. E di nuovo ho sentito il cuore nelle orecchie, tum tum tum. Poi il cuore si è fermato.

E ora non batte più.»

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