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27 ago 2014

In fondo al tuo cuore, Maurizio De Giovanni


Estratto dal Capitolo XXIII.

Il dialetto di questa città, che canta canzoni d’amore e racconta passioni, ha una parola precisa per indicare un colpo di vento.

La parola è simile a un’altra della lingua madre: ma è femminile, perciò di significato profondamente diverso. E la parola non descrive il colpo di vento in genere, ma un colpo di vento, uno in particolare.

Rèfola.

Non refolo, che è una bava di aria insulsa, un soffio che può persistere nel tempo, senza regalare se non una breve sensazione, a stento registrata dalla mente che la riceve tramite la pelle. Nulla di tutto questo.

La rèfola è qualcosa di magico, un breve respiro fatato che scompare prima ancora di dare coscienza di sé. Una sottile consapevolezza, forse l’eco di un ricordo o la premonizione di un futuro rimpianto.

Si presenta come un sospiro fresco. Porta sollievo, racconta di territori ariosi e di cime innevate, di  mandorli in fiore e di spuma sugli scogli.

Ma è solo un’illusione.

Arriva quando tutto è stagnante, quando sembra che nulla cambierà più, e che il mondo e l’universo intero affonderanno nel calore. Quando si crede, vegliando nella notte come in un sudario bollente, di essere precipitati all’inferno, e che da un momento all’altro Belzebù verrà a chiederci conto dei peccati.

Ma la rèfola porterò un sorriso, sparendo prima che finisca un solo pensiero.

La rèfola racconta, in un secondo, tutte le storie che ci racconteremmo da soli, se ne avessimo il coraggio.

Non ha il tempo di farlo per intero, e nemmeno vorrebbe. Suggerisce l’inizio, la prima nota di una canzone, l’attacco di una sinfonia conosciuta.

L’anima fa il resto.

Essendo femmina, la rèfola sa sempre quello che fa. Non si distrae dal compito che si è prefissata.

Essendo femmina, seduce volontariamente, non per caso. Chissà quanto ci mette, nei luoghi freschi in cui ha origine, a scegliere l’abito scollato e il giusto movimento di bacino. Essendo femmina, conosce i tasti da suonare nella frazione di attimo che avrà a disposizione. Essendo femmina, conosce il potere di uno sfioramento, che sembra fatto per caso, nel rimescolare il sangue che stagna per difendersi dal calore.

Essendo femmina, sa quanta rovina ci sia nella passione. E quanto sia bello suscitarla e poi starsene fuori tiro ad osservarne i terribili effetti.

Però occorre essere pronti a riceverla, la rèfola.

Una finestra aperta, una porta accostata. Perché la rèfola ha effetti nell’anima, na è un fatto fisico, reale, concreto, ha bisogno di uno spazio e di un tempo per colpire, necessita di un momento d’attenzione del corpo.

Ammesso che vogliate essere colpiti, naturalmente.

Vi sembrerà un colpo di vento, forse penserete di averlo solo immaginato. Ma non è un colpo di vento, è una rèfola.

E una rèfola può portare tutto il bene e tutto il male del mondo, perché vi concede un sogno nell’inferno di calore in cui siete immersi. Un solo sogno, lungo quanto un sospiro.

Perciò, statemi a sentire: chiudetela, la finestra. Meglio il caldo.

Meglio l’inferno di un solo sogno disperato.

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