Il De tranquillitate animi è dedicato all'amico Sereno.
Nell'opera Seneca indica i modi per raggiungere la tranquillità dell'animo e,
nei capitoli 3-5, invita alla partecipazione alla vita politica, cercando una
mediazione fra i due estremi dell'otium contemplativo
e dell'impegno proprio del civis romano, suggerendo un comportamento
capace di adattarsi alle condizioni politiche per conseguire la serenità e la
capacità di giovare agli altri, se non con l'impegno pubblico, almeno con
l'esempio e la parola.
Che nessuno ci porti via alcun
giorno, dato che non potrà renderci nulla che sia degno di tanta perdita.
[L’essere scontenti di sé] trae
origine dall’incostanza dell’animo e da desideri timidi o poco fortunati,
laddove gli uomini non osano quanto vogliono o non lo ottengono e sono tutti
protesi nella speranza; sono sempre instabili e mutevoli, il che è inevitabile
succeda a chi sta con l’animo sospeso. Tendono con ogni mezzo al
soddisfacimento dei loro desideri, e si addestrano e si costringono a obiettivi disonorevoli e ardui, e quando la
loro fatica è priva di premio, li tormenta il disonore che non ha dato frutto,
né si rammaricano di aver teso a obiettivi ingiusti, ma di averlo fatto invano.
Allora li prende sia il pentimento di quello che hanno intrapreso sia il timore
di intraprendere altro e s’insinua in loro quell’irrequietezza dell’animo che
non trova vie d’uscita, poichè non possono né dominare i loro desideri nè
assecondarli, e l’irresolutezza di una vita che non riesce a realizzarsi e l’inerzia
dell’animo che s’intorpidisce tra desideri frustrati.
Si intraprende un viaggio dietro
l’altro e si alternano spettacoli a spettacoli. Come dice Lucrezio, in questo
modo ciascuno fugge sempre se stesso. Ma a che gli serve, se non riesce a
sfuggirsi? Sempre si segue e si incalza da solo, compagno di viaggio insopportabile.
Dunque dobbiamo sapere che non è dei luoghi la colpa per cui ci tormentiamo, ma
nostra: siamo incapaci di tollerare tutto, non sopportiamo la fatica nè il
piacere nè noi stessi, nè nessuna cosa troppo a lungo. Questo ha portato alcuni
alla morte, il fatto che spesso cambiando propositi finivano per ritornare ai
medesimi e non avevano lasciato spazio alla novità: cominciarono ad essere loro
motivo di fastidio la vita e lo stesso mondo e si insinuò in loro quel famoso
dubbio proprio di una raffinatezza marcescente: «fino a quando sempre le stesse
cose?»
Nulla vi delizierà tanto l’animo
quanto un’amicizia fedele e dolce. Che bene prezioso è l’esistenza di cuori
preparati ad accogliere in sicurezza ogni segreto, la cui coscienza tu debba
temere meno della tua, le cui parole allevino l’ansia, il cui parere renda più
facile una decisione, la cui contentezza dissipi la tristezza, la cui stessa
vista faccia piacere!
Più facile non acquistare che
perdere, e perciò vedrai più felici coloro che mai la fortuna si è voltata a
guardare di quelli che ha abbandonato.
Nihil tam acerbum est in quo non
aequus animus solacium inueniat.
A nessun titolo ci trattò meglio
la natura che per questo: sapendo per quali sofferenze nasciamo, trovò come
lenimento delle disgrazie l’assuefazione, ponendoci subito in familiarità con
le sventure più gravi. Nessuno potrebbe resistere, se la continuità delle
avversità conservasse la stessa violenza del primo colpo. [...] Occorre dunque assuefarsi
alla propria condizione e lamentarsi il meno possibile di essa e afferrare
tutto ciò di buono che ha intorno a sé: non
c’è nulla di così aspro in cui un animo obiettivo non sappia trovare un
conforto.
[...] Usa la ragione di fronte alle difficoltà: le durezze
possono addolcirsi, le strettoie allentarsi, le situazioni gravi opprimere di
meno chi le sopporta con accortezza. I desideri non vanno indirizzati a
obiettivi lontani, ma dobbiamo permettere loro uno sbocco vicino, dal momento
che non sopportano di essere del tutto bloccati. [...] Nulla tuttavia ci saprà
mettere al riparo da queste fluttuazioni dell’anmo quanto fissare sempre un
qualche termine ai nostri successi, e non concedere alla sorte l’arbitrio di
smettere, ma fermarci noi stessi decisamente molto al di qua; in questo modo
sia alcuni desideri stimoleranno l’animo sia, delimitati, non spingeranno verso
l’infinito e l’incerto.
Cuius potest accidere quod cuiquam
potest
A chiunque può capitare ciò che
può capitare a qualcuno
[Publilio Sirio, I sec a.C]
Horae momentum interest inter solium
et aliena genua
Intercorre un momento solo tra
il trono e l’omaggio alle ginocchia altrui.
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