Orestiadi by www.sipario.it |
L’Orestea (Ὀρέστεια) è una trilogia
formata dalle tragedie Agamennone, Le Coefore, Le Eumenidi e seguita dal dramma
satiresco Proteo, andato perduto, con cui Eschilo vinse nel 458 a.C. le Grandi
Dionisie. Delle trilogie di tutto il teatro greco classico, è l'unica che sia
sopravvissuta per intero.
Le tragedie che la compongono rappresentano un’unica
storia suddivisa in tre episodi, le cui radici affondano nella tradizione
mitica dell’antica Grecia: l’assassinio di Agamennone da parte della moglie
Clitennestra, la vendetta del loro figlio Oreste che uccide la madre, la
persecuzione del matricida da parte delle Erinni e la sua assoluzione finale ad
opera del tribunale dell’Areopago.
L’Orestea costituisce il momento di massima maturità
di Eschilo (almeno per le opere note), nonché l’ultima rappresentazione che
egli fece ad Atene, prima di trasferirsi a Gela, dove morì due anni dopo. Le
tre tragedie costituiscono una trilogia legata, in cui viene raccontata un’unica
lunga vicenda. Eschilo era solito mettere in scena trilogie legate, e lo stesso
probabilmente facevano i drammaturghi suoi contemporanei. In seguito tale uso
verrà abbandonato, tanto che già le trilogie di Sofocle ed Euripide saranno
formate da tragedie fra loro indipendenti.
Vi è una forte contrapposizione tra le prime due
tragedie e la terza: l’Agamennone e Le Coefore simboleggiano l'irrazionalità
del mondo antico ed arcaico, contro, nelle Eumenidi, la razionalità delle
istituzioni della polis, in cui Oreste stesso si rifugia.
Trama delle
tragedie: http://it.wikipedia.org/wiki/Orestea
«Da tempo ho il silenzio come farmaco al danno»
Agamennone, 555
«A ciascun dio, diverso onore»
Agamennone, 638
«Molti uomini preferiscono l'apparenza e trasgrediscono il giusto. Sull'uomo sfortunato ognuno è pronto a piangere, ma il morso del dolore non giunge fino al cuore; e con l'uomo felice si rallegrano insieme, simili a lui nell'aspetto, facendo forza al volto che non ride. Ma a chi conosce bene il suo gregge non possono sfuggire gli sguardi di un uomo che, pur sembrando venire da animo benevolo, blandiscono con affetto annacquato.»
Agamennone, 788-798
«In pochi uomini invero è innato onorare senza invidia l'amico che ha fortuna: un veleno maligno, posatosi sul cuore, raddoppia il peso a chi possiede questo morbo; e pur gravato dai suoi propri mali, egli geme guardando alla felicitá altrui.»
Agamennone, 830-834
«Ecco, io saluto queste porte d'Ade: e prego di ricevere colpo mortale, perché senza sussulti, mentre in placida morte finisce il sangue, io chiuda questi occhi»
Agamennone, 1291-1293
«Le catene e le sofferenze della fame sono eccellenti medici e indovini delle menti, per insegnare anche alla vecchiaia»
Agamennone, 1621-1623
«Ma l'ardire smisurato
dell'uomo chi potrà dire?
chi delle donne audaci
gli amori che tutto osano,
compagni di rovine ai mortali?
Congiunti connubi
e di fiere e di mortali
malamente vince immane amore che donna travolge.»
Agamennone, 555
«A ciascun dio, diverso onore»
Agamennone, 638
«Molti uomini preferiscono l'apparenza e trasgrediscono il giusto. Sull'uomo sfortunato ognuno è pronto a piangere, ma il morso del dolore non giunge fino al cuore; e con l'uomo felice si rallegrano insieme, simili a lui nell'aspetto, facendo forza al volto che non ride. Ma a chi conosce bene il suo gregge non possono sfuggire gli sguardi di un uomo che, pur sembrando venire da animo benevolo, blandiscono con affetto annacquato.»
Agamennone, 788-798
«In pochi uomini invero è innato onorare senza invidia l'amico che ha fortuna: un veleno maligno, posatosi sul cuore, raddoppia il peso a chi possiede questo morbo; e pur gravato dai suoi propri mali, egli geme guardando alla felicitá altrui.»
Agamennone, 830-834
«Ecco, io saluto queste porte d'Ade: e prego di ricevere colpo mortale, perché senza sussulti, mentre in placida morte finisce il sangue, io chiuda questi occhi»
Agamennone, 1291-1293
«Le catene e le sofferenze della fame sono eccellenti medici e indovini delle menti, per insegnare anche alla vecchiaia»
Agamennone, 1621-1623
«Ma l'ardire smisurato
dell'uomo chi potrà dire?
chi delle donne audaci
gli amori che tutto osano,
compagni di rovine ai mortali?
Congiunti connubi
e di fiere e di mortali
malamente vince immane amore che donna travolge.»
Coefore, 594-601
«Tu, non io, ucciderai te stessa»
Coefore
923
«E vedrai ancora, chiunque altro dei
mortali peccò,
o un dio o l’ospite
o i genitori diletti offendendo,
ciascuno avere giusta pena.
Sotterra Ade è possente nel chieder
conto ai mortali:
tutto scrive nella memoria, e
sorveglia. »
Eumenidi, 270-275
Nessun commento:
Posta un commento