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2 giu 2013

Zorro - Margaret Mazzantini


C’è un regalo che la strada ti fa: ti regala il tempo. Ti sembra un regalo brutto, solo noia, ma non è vero.  Perché se tu alla testa gli dai il tempo, quella lo moltiplica, moltiplica la merda, la maionese impazzita, ma anche tante sensazioni belle, allora è come nuotare nel mare senza averci il pensiero di dover tornare sulla spiaggia. Io ho tempo. Nessuno mi corre dietro, nessuno mi aspetta, nessuno dice: la testa di Zorro non è tornata a casa per cena, è rimasta a nuotare in panchina, andiamolo a cercare che la pasta si scuolce. Fanculo, che si scuocesse tutta la pasta del mondo! Io mi faccio un goccio, e me ne vado, volo come un rondinotto. Mi guardo dall’alto, steso sulla mia panchina col mio cartone di vino e rido, e volo ancora, supero l’ozono, arrivo dal Padreterno, lassù, sul nuvolone di zucchero filato, gli do di gomito, si entra in confidenza e lui mi fa: “Vedi, Zorro, io ‘sta giostra terrena l’ho armata solo per farmi due risate”.
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E io gli faccio: “Dai, Padreterno, fammi stare un po’ quassù con te a guardare ‘sto videogame, ‘ste valanghe di squinternati di vivi, quelli che saltano fuori pista con le macchine, quelli che saltano dai balconi, quelli che saltano con le bombe, quelli che saltano e basta.”

“Ti piace?”
“Urca!”

“Vedi, Zorro, io potrei prenderli e rimetterli al loro posto senza fatica, ma non lo faccio.”
“E perché?”

“L’hanno voluto, ‘sto regaluccio del libero arbitrio? Se lo tenessero!”
[...] “Ma, sì! Ridiamo. Ridiamo su ‘sto libero arbitrio! Lasciamoli saltare!”

Poi finisce il vino, il carburante finisce, e il Signore mi dà il calcione, mi ributta sotto in panchina con una testa che sarebbe meglio svitarla e giocarci a calcetto, che c’hai dentro quattromila api e stavolta c’hai anche quella troia della regina.

 

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