C’è un regalo che la strada ti
fa: ti regala il tempo. Ti sembra un regalo brutto, solo noia, ma non è
vero. Perché se tu alla testa gli dai il
tempo, quella lo moltiplica, moltiplica la merda, la maionese impazzita, ma
anche tante sensazioni belle, allora è come nuotare nel mare senza averci il
pensiero di dover tornare sulla spiaggia. Io ho tempo. Nessuno mi corre dietro,
nessuno mi aspetta, nessuno dice: la testa di Zorro non è tornata a casa per
cena, è rimasta a nuotare in panchina, andiamolo a cercare che la pasta si
scuolce. Fanculo, che si scuocesse tutta la pasta del mondo! Io mi faccio un
goccio, e me ne vado, volo come un rondinotto. Mi guardo dall’alto, steso sulla
mia panchina col mio cartone di vino e rido, e volo ancora, supero l’ozono,
arrivo dal Padreterno, lassù, sul nuvolone di zucchero filato, gli do di
gomito, si entra in confidenza e lui mi fa: “Vedi, Zorro, io ‘sta giostra
terrena l’ho armata solo per farmi due risate”.
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“Ti piace?”
“Urca!”
“Vedi, Zorro, io potrei
prenderli e rimetterli al loro posto senza fatica, ma non lo faccio.”
“E perché?”
“L’hanno voluto, ‘sto
regaluccio del libero arbitrio? Se lo tenessero!”
[...] “Ma, sì! Ridiamo. Ridiamo
su ‘sto libero arbitrio! Lasciamoli saltare!”
Poi finisce il vino, il
carburante finisce, e il Signore mi dà il calcione, mi ributta sotto in
panchina con una testa che sarebbe meglio svitarla e giocarci a calcetto, che c’hai
dentro quattromila api e stavolta c’hai anche quella troia della regina.
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