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17 ago 2013

Cesare Pavese

 
L'unica gioia al mondo è cominciare.
È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante.
Quando manca questo senso – prigione, malattia, abitudine, stupidità, –
si vorrebbe morire.
(23 novembre 1937)
 

Una donna che non sia stupida, presto o tardi,
incontra un rottame umano e si prova a salvarlo.
Qualche volta ci riesce.
Ma una donna che non sia una stupida, presto o tardi,
trova un uomo sano e lo riduce a rottame.
Ci riesce sempre.
(3 agosto 1937)

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Se è vero che ci si abitua al dolore,
come mai con l'andar degli anni si soffre sempre di più?
(21 novembre 1937)
 

Ma la grande, la tremenda verità è questa: soffrire non serve a niente.
(26 novembre 1937)
Consolante pensiero: non contano le azioni che facciamo, ma l'animo con cui le facciamo. Cioè: soffrano pure gli altri, tanto non c'è altro al mondo che sofferenza. Il problema è solo come portare una coscienza pura. E questa sarebbe la morale.
(26 gennaio 1938)
Perché – quando si è sbagliato – si dice
«un'altra volta saprò come fare»,
quando si dovrebbe dire
«un'altra volta so già come farò»?
(25 aprile 1938)
www.pansypie.com
 
Sciocco addolorarsi per la perdita di una compagnia:
quella persona potevamo non incontrarla mai,
quindi possiamo farne a meno.
(13 ottobre 1938)
 
 Non si desidera di godere.
Si desidera sperimentare la vanità di un piacere,
per non esserne più ossessionati.
(16 ottobre 1938)
 
Non si ricordano i giorni,
si ricordano gli attimi.
(28 luglio 1940)
Clockeyed.jpg www.kingart.co.uk
 
La vera genialità non è conquistare una donna già desiderata da tutti,
ma scovarne una preziosa in un essere ignoto.
(7 ottobre 1940)
 L'amore ha la virtù di denudare
non i due amanti l'uno di fronte all'altro,
ma ciascuno dei due davanti a sé.
(Cesare Pavese, 12 ottobre 1940)
Nell'inquietudine e nello sforzo di scrivere,
ciò che sostiene è la certezza che nella pagina
resta qualcosa di non detto.
(4 maggio 1942)
Viene un giorno che
per chi ci ha perseguitato proviamo soltanto indifferenza,
stanchezza della sua stupidità.
Allora perdoniamo.
 (6 settembre 1942)
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 Il problema non è la durezza della sorte,
poiché tutto quello che si desidera con bastante forza,
si ottiene.
Il problema è piuttosto
che ciò che si ottiene disgusta.
E allora non deve mai accadere
di prendersela con la sorte,
ma con il proprio desiderio.
(3 febbraio 1943)
 Non è bello essere bambini:
è bello da anziani
pensare a quando eravamo bambini.
(6 settembre 1945)
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 Non ci si libera di una cosa evitandola,
ma soltanto attraversandola.
(22 novembre 1945)
È bello scrivere
perché riunisce le due gioie:
parlare da solo e parlare a una folla.
(4 maggio 1946)
 Il mito greco insegna che si combatte sempre contro una parte di sé,
quella che si è superata, Zeus contro Tifone, Apollo contro il Pitone.
 Inversamente, ciò contro cui si combatte
è sempre una parte di sé, un antico se stesso.
Si combatte soprattutto per non essere qualcosa, per liberarsi.
Chi non ha grandi ripugnanze, non combatte.
(28 dicembre 1947)
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 Non è che accadano a ciascuno cose secondo un destino,
ma le cose accadute ciascuno le interpreta,
se ne ha la forza,
disponendole secondo un senso
– vale a dire, un destino.
(25 gennaio 1948)
Un chiodo tira un altro,
ma quattro fanno una croce.
(16 agosto 1950)
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