L'unica gioia al mondo
è cominciare.
È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni
istante.
Quando manca questo senso – prigione, malattia, abitudine, stupidità,
–
si vorrebbe morire.
(23 novembre 1937)
Una donna che non sia stupida, presto o tardi,
incontra un rottame umano e si prova a salvarlo.
Qualche volta ci riesce.
Ma una donna che non sia una stupida, presto o tardi,
trova un uomo sano e lo riduce a rottame.
Ci riesce sempre.
(3 agosto 1937)
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Se è vero che ci si abitua al dolore,
come mai con l'andar degli anni si soffre sempre di più?
(21 novembre 1937)
Ma la grande, la
tremenda verità è questa: soffrire non serve a niente.
(26
novembre 1937)
Consolante pensiero:
non contano le azioni che facciamo, ma l'animo con cui le facciamo. Cioè:
soffrano pure gli altri, tanto non c'è altro al mondo che sofferenza. Il
problema è solo come portare una coscienza pura. E questa sarebbe la morale.
(26 gennaio 1938)
Perché – quando si è
sbagliato – si dice
«un'altra volta saprò come fare»,
quando si dovrebbe dire
«un'altra volta so già come farò»?
(25 aprile 1938)
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Sciocco addolorarsi per
la perdita di una compagnia:
quella persona potevamo non incontrarla mai,
quindi possiamo farne a meno.
(13 ottobre 1938)
Non si desidera di godere.
Si desidera
sperimentare la vanità di un piacere,
per non esserne più ossessionati.
(16 ottobre 1938)
Non si ricordano i
giorni,
si ricordano gli attimi.
(28 luglio 1940)
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La vera genialità non è
conquistare una donna già desiderata da tutti,
ma scovarne una preziosa in un
essere ignoto.
(7 ottobre 1940)
non i due amanti l'uno di fronte all'altro,
ma ciascuno dei due
davanti a sé.
(Cesare Pavese, 12 ottobre 1940)
Nell'inquietudine e
nello sforzo di scrivere,
ciò che sostiene è la certezza che nella pagina
resta
qualcosa di non detto.
(4 maggio 1942)
Viene un giorno che
per
chi ci ha perseguitato proviamo soltanto indifferenza,
stanchezza della sua
stupidità.
Allora perdoniamo.
(6 settembre 1942)
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Il problema non è la durezza della
sorte,
poiché tutto quello che si desidera con bastante forza,
si ottiene.
Il
problema è piuttosto
che ciò che si ottiene disgusta.
E allora non deve mai
accadere
di prendersela con la sorte,
ma con il proprio desiderio.
(3 febbraio 1943)
è bello da anziani
pensare a quando eravamo bambini.
(6
settembre 1945)
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Non ci si libera di una cosa evitandola,
ma
soltanto attraversandola.
(22 novembre 1945)
È bello scrivere
perché
riunisce le due gioie:
parlare da solo e parlare a una folla.
(4
maggio 1946)
quella che si è superata, Zeus
contro Tifone, Apollo contro il Pitone.
Inversamente, ciò contro cui si
combatte
è sempre una parte di sé, un antico se stesso.
Si combatte soprattutto
per non essere qualcosa, per liberarsi.
Chi non ha grandi ripugnanze, non
combatte.
(28 dicembre 1947)
Non è che accadano a ciascuno cose secondo un
destino,
ma le cose accadute ciascuno le interpreta,
se ne ha la forza,
disponendole secondo un senso
– vale a dire, un destino.
(25
gennaio 1948)
Un chiodo tira un
altro,
ma quattro fanno una croce.
(16 agosto 1950)
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