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29 ott 2011

Il Cigno Nero

Questo racconto si ispira alla realtà, ma l'unica cosa reale è l'andamento altalenante dei mercati,nel periodo Marzo - Agosto 2011. Personaggi, società ed avvenimenti sono di pura fantasia. Il contesto reale è solo un'ispirazione per una storia che potrei definire di "fanta-finanza".
L'idea principale del racconto non è mia e ringrazio la "mente" che me l'ha ispirata e che ha accettato di spiegare e rivedere le parti più strettamente tecniche: una collaborazione nata per caso, tra una mente "geniale" paragonabile a quella di Evelyn o Gabriel, ed una persona come me che, al suo opposto, adora le parole.
Grazie.


--
NdA "Il cigno nero" è un bellissimo libro di Taleb Nassim N. Ne consiglio la lettura a chi volesse approfondire il "magico" mondo dell'imprevedibile.
http://www.ibs.it/code/9788842814788/taleb-nassim-n-/cigno-nero-come.html

Capitolo 1
New York, 17 Aprile 2008

Evelyn era tesa. Guardava la lavagna che da bianca era diventata quasi nera, piena degli appunti sulle cose da fare per organizzare l’evento principale della sua carriera: il ricevimento per l’inaugurazione della nuova sede della società nella quale lavorava, The Black Swan, il Cigno Nero, nata dall’acquisizione da parte di BlackRisk della concorrente AlgorisQ.

Erano stati anni fervidi di lavoro, ma lei aveva saputo trarre da quella acquisizione tutto ciò che aveva ora in mano. Da responsabile della sezione Analisi Funzionale della BlackRisk era diventata Direttore Commerciale della nuova società e puntava ancora in alto.

In fondo se lo poteva permettere. “Una mente d’aquila nel corpo di una gazzella” le aveva detto un giorno il suo nuovo amministratore delegato e lei si era compiaciuta di quella definizione che rendeva al massimo l’orgoglio che provava per le sue capacità mentali e per il suo fisico perfetto. Sapeva di avere tutte le carte in regola per puntare ad una carica nell’Executive della nuova società e le avrebbe giocate tutte, fino all’ultima, per non perdere la prima occasione che le si fosse presentata.


Alzò gli occhi sulla lavagna, sorseggiando un the caldo. Il servizio di catering da contattare, l’albergo da scegliere, l’organizzazione dei voli e della sistemazione per gli invitati, l’elenco degli invitati... già, gli invitati... Riportò gli occhi sulla lista e la scorse velocemente. Quindi cercò nel mucchio di biglietti da firmare, quello indirizzato a Mr Malcom McDouglas, Amministratore Delegato della J.F. Crombie. Rimase pensierosa per un attimo, indecisa se fare quell’eccezione oppure no.  Poi aprì la busta, estrasse l’invito e rilesse il testo:
“Siamo lieti di invitarLa alla serata di inaugurazione...”

Ripensò agli occhi di Gabriel, l’unico uomo che non si fosse piegato del tutto al suo fascino. Era un’occasione imperdibile. Sì. Avrebbe fatto eccezione.

Alzò la cornetta e chiamò la segretaria. Dopo circa due minuti entrò nell’ufficio un donnone alto con una folta capigliatura riccia ed un paio di labbra appena rifatte di silicone, coperte di un rossetto fiammante.
-         Jenny, questo lo devo rifare. Subito. – disse Evelyn porgendole un biglietto.

Jenny lo guardò, lo girò dalla parte dove era segnato l’indirizzo del destinatario e infine pose gli occhi su Evelyn un po’ contrariata, un po’ perplessa.
-         Ma... cosa c’è che non va? Ho seguito la lista...
-         No no, tutto bene. Solo che ho dimenticato una persona.
-         Te ne porto un altro, allora...
-         No. Devo cambiare proprio il testo...
-         Evelyn non capisco...
-         Rimane indirizzata solo all’amministratore delegato, ma dentro devo modificare l’invito per includere anche un’altra persona...
-         Ma mi avevano detto che...
-         Evelyn, basta “ma”. Sono il Direttore Commerciale. Chi invitare lo decido io, va bene?
-         Come vuoi... ti porto un biglietto vuoto, allora... o lo scrivo io?
-         Faccio io a mano, grazie. E subito, mi raccomando!
-         Certo... certo... subito... tutto subito, sempre subito – borbottò Jenny uscendo, sicura che Evelyn l’avrebbe perdonata, dato il rapporto che avevano da lungo tempo.

Dopo circa cinque minuti Jennifer rientrò e le porse un biglietto vergine. Evelyn quasi glielo strappò di mano e la invitò ad uscire. Pescò nel cassetto della sua scrivania la penna stilografica e pose davanti a sé un biglietto di quelli prestampati che aveva già firmato, per seguirne la traccia.

Quindi iniziò a scrivere:
“Siamo lieti di invitare Lei e Mr Gabriel Pleinach alla serata di inaugurazione...”

***

New York, 17 Aprile 2008

Gli occhi di Gabriel attraversavano la vetrata dell’hotel e si appoggiavano voluttuosi sulla Statua della Libertà. La fiaccola brillava alta e spiccava luminosa in quella notte stellata. Nella mano sinistra reggeva un bicchiere di champagne, Pol Roger Réserve Spécial e lo sorseggiava piano, degustando ciascuna goccia in bocca prima di deglutirla e perderla per sempre.

Era stato invitato a quella serata di festeggiamenti per la fusione tra AlgorisQ e BlackRisk, i due principali competitor di software per l’analisi di rischio nel settore dell’Asset Management, in cui lui lavorava da anni. Era stato Malcom a delegargli quell’incombenza: l’amministratore delegato era un uomo schivo, allergico a qualsiasi evento mondano, ed era convinto che a Gabriel piacesse girare, conoscere nuove persone, trotterellare per quei party pieni di soldi e di donne, dove se andava male riusciva comunque a flirtare con qualcuna.
Quarantun anni appena compiuti, un divorzio alle spalle ed una carriera onorata erano in poche parole il bilancio della sua vita fino ad allora. Si preparava ad una svolta. Prima o poi Malcom sarebbe andato in pensione e nulla avrebbe ostacolato la sua ascesa verso una carica che sarebbe stato più che degno di presiedere. Portò in alto la sua coppa di champagne e brindò sottovoce a se stesso.

In quello stesso istante, una voce lo colse alle spalle:
-         Gabriel, sono onorata di averti tra di noi, stasera. Anche se non hai scelto me, l’ultima volta che ci siamo visti... ma ti ho perdonato!

Riconosceva la voce. L’aveva già vista aggirarsi per l’immensa sala ricevimenti, elegante e sexy come sempre, ma si era ben guardato dal cercarla e salutarla, pur sapendo che l’invito era stato scritto di suo pugno: ne aveva riconosciuto la calligrafia.

Da quanti anni non la vedeva? Almeno tre, si disse. Ricordava l’ultima cena con lei, nel privé di un piccolo ristorante di Boston. Le aveva comunicato che avevano scelto il suo principale competitor per il nuovo applicativo di gestione del rischio e per consolarla era finito a letto con lei.

Si girò, sfoderando il suo bianco sorriso e le disse:
-         Evelyn, tesoro...

La baciò sulla guancia. Lei rimase ferma per un attimo, per poi spostarsi con discrezione sul lobo del suo orecchio, mordicchiandolo appena.
-         Dunque, volente o nolente, lavoreremo insieme... almeno ad alto livello... Adesso so che sei Responsabile del Risk alla J.F.Crombie... mentre io sono Direttore Commerciale... – gli disse.
-         L’ho saputo... Congratulazioni! Confessa... Alla fine, visto che non riuscivate a batterlo, lo avete comprato... – la stuzzicò Gabriel.
-         E’ stato un buon affare. Prendiamo i loro dati – nessun dubbio che siano migliori dei nostri – e ci facciamo girare il nostro modello. Non abbiamo rivali adesso...
-         Una posizione da monopolista è un’ottima posizione per fare carriera... – commentò Gabriel.
-         ...fintanto che rimani nella società che ha il monopolio, sì, direi di sì... – gli rispose Evelyn. – Ma vieni, non parliamo di lavoro... hai voglia di fare due chiacchiere? C’è un piccolo séparé di là...
-         Okay... ma qualcosa devo proprio chiedertela... anche se di lavoro...
-         Beh... pagherò il pegno! – gli sorrise Evelyn.

Si spostarono in una piccola saletta a lato della sala ricevimenti.
La vista sul mare era sempre splendida e la Statua della Libertà si intrufolava ancora dalla finestra, rammentando a Gabriel i pensieri che stavano occupando la sua mente, prima che Evelyn lo cogliesse alle spalle. Si sentì quasi irritato per quella interruzione e questo lo indispose un po’ verso la donna.
-         Sei sempre splendido, sai Gabriel? – gli sussurrò in un orecchio Evelyn, prima di sedersi ad un tavolino vicino la finestra, apparecchiato con una tovaglia in fine lino bianco, due bicchieri di champagne ancora frizzante ed una candela appena accesa.
-         E’ omicidio colposo, lo sai?
-         Che intendi? Non capisco... – disse Evelyn percependo che l’incontro con Gabriel non era cominciato nel migliore dei modi.
-         Intendo dire... hai preparato tutto questo solo per me? Io sono già tuo cliente adesso, ti faccio notare... – rispose Gabriel accendendosi una sigaretta.

Era vero. Evelyn non aveva bisogno di nessuna messa in scena per conquistare Gabriel:  era già nel portafoglio clienti di AlgorisQ. Ma come uomo sì, aveva bisogno di qualcosa di davvero speciale, perchè Gabriel sapeva essere sfuggente, quando lo voleva. Ti attraeva a sé e poi scompariva e lei non sopportava di essere lasciata. Così come non sopportava quelli che dopo essere stati lasciati, la pregavano. Doveva in qualche modo attirarlo nella sua tela. Stette al suo gioco, dunque, lasciando l’argomento sul lavoro ma infilandogli piccole stoccate qui e là per portarlo dove voleva lei.
-         Sei stato il mio peggior cliente... avrei dovuto accoglierti in un hotel infimo del Bronx. Invece ti riservo una delle migliori stanze del Ritz-Cartlon di Battery Park e tu mi tratti in questo modo? Non è proprio rimasto niente da allora, Gabriel?
-         Dimmi una cosa...
-         Quello che vuoi... pur di farti felice...  – accondiscese, affilando le sue armi - anche se pensavo desiderassi qualcos’altro di me... non solo le mie parole...

Gabriel provò ad ignorare quell’invito esplicito. Non capiva perchè Evelyn insistesse tanto: tre anni prima erano stati insieme, ma era stata una serata come un’altra, che non gli aveva lasciato alcun segno. Decise di schivare il colpo, finchè poteva e alla peggio... beh, alla peggio se la sarebbe di nuovo portata a letto: non aveva proprio nulla da perdere.
-         Sarà sempre una black box?
-         Oh... hai sempre in mente il lavoro tu... e sia! Sì, sarà sempre una black box. Abbiamo i dati migliori del mondo e un modello che non ha eguali. Perchè dovremmo cambiare la nostra politica?
-         Per essere trasparenti, no?
-         La trasparenza... roba da educandi delle banche centrali, Gabriel, lo sai benissimo. In questo mondo ci si muove solo se hai la proprietà indiscussa di ciò che vendi e te la tieni stretta. E’ stato provato che il nostro modello funziona, perchè dovremmo renderlo pubblico? Per farcelo fregare da qualche artista da strapazzo pagato da un nostro competitor? Cosa ci resta, senza quello?

Gabriel sentiva di stare andando alla grande. Perciò continuò ad insistere. In fondo l’impossibilità di conoscere il modello matematico alla base dei calcoli sul rischio dei portafogli che la sua società gestiva era qualcosa che lo interessava più di ogni altra triste scopata in un hotel seppur a molte stelle di New York. Se l’avesse avuta vinta, avrebbe potuto già immaginare sotto il suo nobile deretano la sofficezza della poltrona di Malcom.
-         Beh... ma al cliente serve capire alla fine qual è il modello. E’ questione di poterlo riprodurre in casa, verificarlo... Noi avevamo scelto AlgoRisQ per quello... ricordi? Siamo disponibili a firmare non-disclosure agreement se necessario. Ma per noi è fondamentale... Potreste pensarci... o non tenete in considerazione quello che vi chiedono i vostri clienti ora che non avete più competitor?
-         So io cosa serve al cliente... chiudiamo qui il discorso... ho argomenti migliori stasera... perchè “tu” sei il “mio” cliente e voglio soddisfare tutti i tuoi desideri stasera... posso svelarti la “mia” black-box – disse Evelyn sfiorandosi sensualmente il vestito nero aderente con le dita, seguendo la traccia dal collo attraverso i suoi seni, giù dritto fino all’ombelico.

Quindi si alzò, si fermò proprio davanti a Gabriel e iniziò a sfilarsi le spalline del vestito, lasciando che lui ammirasse sornione le sue spalle abbronzate ed il suo intimo di seta. Poi si sfilò il vestito completamente, e si carezzò le gambe chiuse in autoreggenti, portando le sue mani dalle cosce verso l’alto. In ultimo, si spostò verso la parete, si appoggiò ad essa dando le spalle a Gabriel, e mimò qualche mossa erotica con il suo corpo. In ultimo, le sue mani sfiorarono alcuni pulsanti, immergendo la piccola stanza in una luce soffusa e riempiendola di una musica jazz di sottofondo.

Gabriel la vide togliersi anche quei pochi centimetri di seta e nylon che aveva ancora addosso, prima di stendersi sul divano. Capì che si sarebbe dovuto arrendere, con la speranza che un giorno Evelyn gli avesse potuto concedere qualcosa del segreto industriale. In ogni caso, Evelyn era talmente bella che quello spettacolo lo aveva allontanato dalla sensazione di astio che aveva provato, seppur per poco, verso di lei.

“Chisseneimporta delle black-box adesso... Ci penseremo dopo...” pensò tra sé e sé. Si alzò e si diresse verso di lei, sciogliendosi il nodo della cravatta.

Ricordava l’ultima volta che avevano fatto l’amore e iniziò a crescere in lui la voglia di ripercorrere quel corpo selvaggio, di lasciar scorrere le sue labbra sulla sua pelle morbida, di accarezzarla con le mani, di stringerla tra di esse e di vibrare dentro di lei. Sì, quella sera era pronto a rivivere l’avventura con una delle più straordinarie amanti che avesse mai conosciuto. E prima di sdraiarsi accanto a lei, si sorprese a sussurrare tra sé e sé “Evelyn... Evelyn Porter...”
  
Capitolo 2
Boston, Marzo 2011

Gabriel si accese l’ennesima sigaretta della giornata.

Se ne fregava del divieto di fumare, così come se ne fregava di tutte le regole. Era uno spirito indipendente, in tutto quello che faceva. Era convinto che di qualcosa si dovesse morire e non rinunciava al piacere delle “bionde”. Fumava poco e quindi si sentiva autorizzato a farlo in ufficio. Aveva addirittura indicato al responsabile della sicurezza di fare disattivare il rilevatore di fumo nella sua stanza: era l’amministratore delegato della società e qualche “benefit” doveva pure averlo in contropartita alle numerose ore che passava in ufficio! Non poteva assentarsi per rispondere al piccolo mostro dentro di lui che gli rodeva lo stomaco, soprattutto perchè fumava quando aveva bisogno di concentrarsi su qualcosa di importante.

Si alzò, aspirando una profonda boccata. Girò intorno alla scrivania pensieroso ed espirò il fumo e tutta l’aria che aveva nei polmoni. Aveva bisogno di raccogliere in sé tutte le forze: doveva riepilogare a mente tutti i punti per la riunione del Consiglio di Amministrazione indetto per il giorno dopo e soprattutto doveva pensare a tutte le possibili obiezioni che gli avrebbero potuto fare.

I mercati stavano andando giù. Ed il gruppo di fondi flessibili che la società aveva lanciato da qualche anno si stavano pericolosamente allontanando dalla media di categoria, avendo iniziato una pericolosa china verso il basso. I rumours di un crollo stavano diventando insistenti. Tutti gridavano al massacro. Ma lui era ancora convinto che la “teoria” aveva ampi spazi di supporto alla sua tesi della ripresa e continuava a studiare serie storiche, variabili, andamenti, dati puramente statistici, che nella sua mente si componevano in formule e risultavano in numeri, ai più incomprensibili.

Fu in quel momento che qualcuno bussò alla porta. Gabriel disse un distratto “Avanti” e si andò a sedere alla sua scrivania, nel posto che si era conquistato oramai da un anno e che deteneva indisturbato, più per la fama di studioso e l’autorevolezza che l’ambiente finanziario gli aveva tributato, che per la saggezza di manager.
-         Ciao Brich. – lo salutò confidenzialmente Lauren.

Brich era il diminutivo che Lauren gli aveva affibbiato quando lavoravano insieme nel dipartimento di Risk Management della J.F.Crombie.

Si conoscevano già da tempo, quando Gabriel l’aveva fatta assumere. Gabriel era stato il suo relatore per la tesi di laurea. Lauren era una studentessa brillante, e lui aveva intuito in lei un potenziale enorme. Per questo l’aveva assunta e non si era sbagliato: Lauren era una delle poche che gli teneva testa quando parlava di metodologie, quando faceva scorrere velocemente la sua mente su interi report di numeri e percentuali e ne traeva delle conclusioni. Lo aveva beccato in fallo tre o quattro volte in tre anni che lavoravano insieme, ma si era discretamente tirata indietro, riportando quei meriti a lui, Gabriel, il suo responsabile.

E oltre ad essere una donna molto intelligente, Lauren era una splendida “femmina”. Il suo viso era sempre luminoso e sorridente. In quell’ovale splendevano degli occhi di un verde intenso, o almeno così lui pensava. Gabriel era daltonico e quindi non riconosceva fino in fondo la bellezza del loro colore. Riusciva però a percepire il loro magnetismo e se ne era sempre sentito fortemente attratto, fin dai giorni dell’Università, quando si incontravano per discutere della tesi in un piccolo salottino dalle luci soffuse, affianco alla sala del Titolare di Economia.

Gabriel aveva sempre cercato di resistere al fascino discreto di Lauren, soprattutto perchè intuiva in lei qualcosa di pericoloso per lui. Sentiva che Lauren avrebbe potuto smontare, pezzo per pezzo, tutte le resistenze che Gabriel aveva posto contro il mondo, soprattutto quello femminile. Gabriel era ben abituato ad essere cercato dalle donne, perciò spesso non restava solo. Tuttavia si imponeva di vivere le storie sulla pelle più che nell’anima, nè gli interessava cercare qualcosa di diverso. Era stato sposato, aveva sofferto molto, nonostante tutto e per questo aveva deciso di chiudere con qualsiasi tipo di storia che rischiasse di portare nella sua vita anche solo un briciolo di dolore. Erano le donne che sceglievano lui, e questo lo autorizzava a sentirsi completamente irresponsabile verso di loro.

Con Lauren era tremendamente diverso. Lei era sempre sembrata volergli resistere e questo aveva scatenato in lui una sfida. Lauren lo trattava immancabilmente con una certa distanza che a lui infastidiva. Sembrava che il suo fascino non riusciv a trapassarla, e questo rodeva l’orgoglio e l’autostima di Gabriel. Per evitare di starci male, alla fine si era convinto che quella donna non meritasse attenzioni più di tanto ed aveva iniziato ad accettarla come semplice collega. Nonostante tutto e soprattutto nonostante se stesso, spesso di notte si ritrovava a pensare a lei.

La loro storia era iniziata per caso, una sera, in ufficio, sei mesi prima. L’ennesimo Consiglio d’Amministrazione. Il fallimento di una piccola banca collocatrice dei loro fondi. La richiesta di analizzare il default e stimare i danni entro la mattina seguente. Questo il loro compito. E lo assolsero, brillantemente, solo che alla fine lei gli sorrise con una malizia insolita e lui abboccò al suo canto di sirena e si lasciò tentare da un bacio. Da allora avevano sempre fatto coppia fissa, pur mantenendo ciascuno la propria casa e la propria vita.
-         Mm, come sei pensieroso... – gli disse Lauren e gli si portò alle spalle, massaggiandogli il collo.

Gabriel portò la testa indietro e Lauren si abbassò appena verso di lui per baciarlo.
-         Meglio del Dow Jones... – rise Gabriel.
-         Cosa? – chiese curiosa Lauren.
-         Le tue montagne... mia cara...
-         Oh... non stiamo pensando al lavoro, allora... Eppure faresti meglio... Morgan mi ha detto di domani. Sei pronto?
-         No. Stavo guardando i mercati...
-         Togliti. Fammi vedere... lo sai che in analisi tecnica sono meglio di te...

Gabriel si alzò e andò alla finestra. Lauren si sedette e iniziò a guardare i grafici sul video, smanettando con tastiera e mouse per un po’. Ogni tanto Gabriel si voltava e la vedeva con la testa leggermente piegata verso destra e gli occhi incollati al video. Quella era la posizione in cui Lauren era solita pensare... oramai conosceva ogni piccola cosa di lei. Quando Lauren alzò gli occhi, lo vide sorridere.
-         Divertente?
-         Tu sì... sei così buffa quando sei concentrata... mia piccola John J. Murphy...
-         Sì, sì prendimi in giro...  – gli rispose Lauren e rifiondò la testa nel computer.

Dopo un po’ Gabriel la stuzzicò:
-         Scherzavo, dài... allora? Sei troppo silenziosa. Hai trovato qualcosa di interessante o stai girando per siti porno?
-         Eh? Sì, sì... qualcosa di interessante... Guarda qui, Brich... ho fatto varie medie mobili e tutte sono ascendenti. Solo una ha invertito il trend, pericolosamente.
-         Quale?
-         Quella a dieci giorni.
-         Che periodo copre il grafico?
-         Un anno circa... la media a dieci giorni sta per incrociare la media a cinquanta giorni.
-         Mm...
-         Anche altri indicatori segnalano l’inversione. Qui si va giù, Brich...
-         Sai che non credo molto all’analisi tecnica e soprattutto sono convinto che la crisi sia passeggera...
-         Vedremo chi avrà ragione... scommessa?
-         Ma se le perdi sempre con me le scommesse...

Lauren si alzò dalla scrivania e si portò verso Gabriel, sempre fermo davanti alla finestra. Gli si appoggiò con tutto il corpo e lo baciò con passione.
-         Che mi dici dei nostri fondi, Lauren?
-         Ti confermo che la forchetta con la media di categoria si sta ampliando.
-         Un fondo in particolare?
-         Tutti...
-         I report di rischio?
-         Karen ci sta lavorando. Entro un’ora mi dà i dati. Li controllo e te li porto.
-         Va bene... a dopo.
-         Mi stai cacciando? Va bene...Ciao...

Stava uscendo quando si voltò ancora verso Gabriel:
-         Ah! Ho sentito la tua amica oggi...
-         Non ho amiche...
-         Sì... Evelyn... Evelyn Porter...
-         Ah... quella lì... e perchè?
-         Vuole venire a farci la presentazione di un prodotto per il backtesting.
-         E che le hai detto?
-         Che verificavo se eri disponibile...
-         Io? Che c’entro? Vedila tu, io non ne ho voglia...
-         Ha chiesto di te... comunque va bene, le dirò che non ci sei... Sicuro?
-         Sicuro...

Lauren uscì guardando Gabriel con sospetto.

Con lei si dissolse quel buon profumo di vaniglia e arancia che sempre la circondava. Gabriel fu distolto da un veloce e istintivo moto dentro i pantaloni, ma non seppe dire se fosse dovuto all’intenso profumo di Lauren o al ricordo appena affiorato alla sua mente dell’ultima notte con Evelyn.

Il numero di telefono dell’amministratore delegato della Capogruppo appena apparso sul Display riportò Gabriel immediatamente alla realtà.

Capitolo 3
 New York, Marzo 2011

La sala Executive era in penombra. Spiccava al centro, sulla parete, il logo di The Black Swan, un cigno nero trapassato da un fulmine rosso. La luce fendeva il muro dal proiettore in alto e affianco alla slide che disegnava il muro stesso, c’era Evelyn, Amministratore Delegato della società.

Un chiacchiericcio di sottofondo accompagnava i minuti prima dell'avvio ufficiale del Consiglio di Amministrazione straordinario.
Alle cinque e mezza in punto, la voce di Evelyn irruppe, mettendo a tacere il cicaleccio dei Consiglieri.
-         Buonasera. Signori e Signore, questo Consiglio è stato indetto per presentare l’elaborazione degli ultimi risultati relativi all’andamento della nostra società, dopo la fusione, e presentare un progetto del tutto speciale nel quale crediamo fermamente e per il quale vogliamo chiedere la vostra autorizzazione.

Il suo dito premette sul telecomando che aveva in mano ed una nuova slide comparve sul muro. Evelyn non riprese subito il discorso: voleva lasciare il tempo ai Consiglieri di studiare i numeri presentati.

Quindi, quando ebbe compreso che tutti avevano digerito i risultati, continuò:
-         Il cammino intrapreso tre anni fa è stato irto di difficoltà, ma ce l'abbiamo fatta. La fusione tra AlgorisQ e BlackRisk ha iniziato a dare i suoi frutti. I rendimenti sono positivi e i futuri dividendi faranno leccare i baffi ai nostri azionisti. Abbiamo guadagnato nuovi clienti ed abbiamo raggiunto una quota di mercato pari all'ottantanove percento dei grandi asset manager ed al trenta percento dei piccoli. Il rapporto cost-income è diminuito, grazie ai frutti della razionalizzazione ed ottimizzazione condotta dal nostro IT, il che ha coperto largamente l'ampliamento delle spese commerciali e ci ha lasciato risorse per la ricerca e lo sviluppo. Inoltre, abbiamo chiuso le duecento pratiche di esubero con dimissioni volontarie incentivate, raggiungendo anche l’obiettivo della diminuzione dei costi del personale.

Qui Evelyn si fermò un attimo per assaporare l'applauso che era sorto spontaneo da due Consiglieri e che quasi subito si allargò all'intera platea.
-         Grazie, Signori. Ma questo non è tutto. Il futuro ci sorride ancora, siatene certi. Abbiamo allo studio un piano di espansione sui grandi clienti, con l'obiettivo di arrivare a coprire il novantacinque percento del mercato, antitrust permettendo. Per evitarci sorprese, stiamo lavorando insieme ad un comitato dell'antitrust per ricercare le misure che ci consentano un'espansione, senza incontrare vincoli sull’aspetto della concorrenza.

Una piccola pausa le consentì di focalizzare l’attenzione su quello che stava per dire. Quando fu sicura di avere gli occhi di tutti concentrati su di lei, proseguì:
-         Quello che mi ha sempre preoccupato erano i piccoli clienti. Le nostre politiche di prezzo non fanno del nostro software una soluzione a buon mercato. I "grandi" possono permettersela, “devono” permettersela, perchè il nostro software oramai è uno standard. I "piccoli" ricercano altro che uno standard riconosciuto: vogliono risparmiare, dove possono e come possono. E in più, sono spesso poco lungimiranti da comprendere che la prevenzione dei rischi ripagherebbe loro ampiamente i costi che rischiano di sostenere al verificarsi di un evento negativo: molti credono ancora che l'avverarsi del rischio possa avere conseguenze molto meno costose della prevenzione dello stesso. Ed è qui che noi agiremo: ho intenzione di dimostrare loro che ciò non è vero. E’ per questo che abbiamo identificato un progetto che a nostro avviso ci porterà lontano.

Evelyn schiacciò il telecomando e l'immagine di due mani strette tra loro comparve sullo schermo. Lasciò che la platea mormorasse, cercando un significato in quella stretta di mano e colse l'occasione per bere un sorso d'acqua. Quindi riprese:
-         «Se non puoi combatterli, alleati.» Qui è la forza della nostra idea. Abbiamo sondato il campo presso alcuni asset manager di nicchia e molti sembrano favorevoli ad una partnership per fondare una società, chiamiamola LBS, Little Black Swan, che sviluppi un modello di rischio più semplice e meno costoso, che sia comunque efficace. Noi siamo la garanzia che il software sia efficace, nonostante la semplificazione del modello. I clienti beneficeranno di sconti consistenti e prezzi di favore, e stiamo valutando di farli partecipare anche ai guadagni della società stessa. Noi avremo lo strumento giusto per attaccare il settanta percento del mercato dei piccoli, che oggi sembra snobbarci.

Una voce alta e secca la interruppe bruscamente. Era Marc Dijon, l'ex amministratore delegato di AlgorisQ, consigliere e Chief Financial Officer di The Black Swan.
-         Come intendete finanziare il progetto?

Era chiaro a tutti che Mr Dijon non sopportava Evelyn, considerandola peraltro troppo giovane ed inesperta per ricoprire il ruolo che le avevano assegnato. Era fermo, seduto sulla sua sedia, completamente rilassato e pronto a coglierla in fallo, deciso a intraprendere con lei una sfida fino alla morte, pur di riconquistare la posizione di amministratore delegato.
Evelyn lo guardò dritta negli occhi, come se si fosse aspettata quell’interruzione. Poi gli rispose:
-         Mi ha preceduta, Mr Dijon. Ci stavo arrivando. Grazie comunque per la sua domanda.

Tornando quindi a volgere lo sguardo uno ad uno agli altri consiglieri, proseguì:
-         Sapete tutti quante risorse finanziarie siano dedicate annualmente alla ricerca ed allo sviluppo. Il nostro direttore R&D, Mr Namouri, è una persona molto dotata e apprezzata nel mondo finanziario in generale, non solo presso i nostri attuali clienti. Mr Namouri sta già lavorando all'analisi di dettaglio della soluzione. Tuttavia, non ci è sembrato opportuno riservare una quota dell'attuale ricerca a questo nuovo progetto, visto che il budget per il 2011 era già stato stanziato e non abbiamo intenzione di forzare un extrabudget.
-         Dunque vi rivolgete a zio Paperone? - commentò Mr Dijon suscitando l'ilaritá generale e un gesto stizzoso da parte di Evelyn.
-         No, Mr Dijon. Abbiamo pensato di utilizzare la nostra maggiore expertise, quella finanziaria, per autofinanziarci. Pertanto abbiamo deciso di ritardare una serie di progetti minori alla seconda metà dell'anno, investendo subito nel mercato i soldi del budget. I ritorni di questi investimenti finanzieranno il progetto LBS.
-         Lei crede alle favole, Mrs Porter... E se perdiamo tutto? – intervenì nuovamente Mr Dijon.

Evelyn era sempre più indisposta dal suo rivale, ma non perse la calma. Respirò a fondo e riprese il suo discorso:
-         Mr Dijon, Lei forse dimentica che siamo una società con altissime competenze finanziarie, dati innumerevoli, strumenti innovativi e un modello di rischio del quale conosciamo pregi e difetti. Abbiamo la certezza del ritorno dei nostri investimenti, glielo assicuro. Mi gioco la mia carica su questo. Se perderemo anche solo un dollaro, avrete le mie dimissioni.
-         Quanto pensate di investire? – la incalzò di nuovo l’uomo.
-         Quest’anno abbiamo puntato su un budget del dodici per cento del fatturato, da dedicare a ricerca e sviluppo. Sono circa  venti milioni. I progetti fondamentali, che non possiamo rinviare, ammontano a circa la metà. Il resto lo investiremo.
-         Come?
-         Abbiamo approntato un prototipo di un modello che studia la volatilità. Su questa base verranno assunte le nostre decisioni di investimento. Abbiamo messo in atto il prototipo durante l’ultima crisi di mercato. Con il crollo del Dow Jones abbiamo guadagnato una cifra che nemmeno pensavamo di ottenere: abbiamo investito diecimila dollari e in un giorno abbiamo fatto il dieci per cento.
-         Quante crisi pensate di cavalcare? Con questa logica anche se guadagnaste il dieci percento, cioè un milione, non vi fareste nemmeno le basi per fare partire il progetto... Non mi faccia ridere Mrs Porter.
-         Questa è la quota che metteremo noi. Le aziende che intendono aderire al progetto investiranno sul prototipo. Abbiamo un impegno con loro per circa cinquanta milioni complessivi. Sei milioni di euro le sembra una buona base per partire, Mr Dijon?
-         Quando partireste?
-         Nel giro di poco avremo ultimato il modello da seguire per gli investimenti. Giusto il tempo di identificare le risorse e svolgere qualche pratica burocratica.
-         E chi investe? Non possiamo farlo noi direttamente.
-         No, ha ragione. Abbiamo un accordo con un hedge fund. Aprono un fondo chiuso, appositamente per noi. Noi versiamo la quota, noi selezioniamo il portafoglio migliore per l’investimento, noi ne seguiamo l’andamento, decidendo quando è il caso di fermarci. Loro eseguiranno sul mercato. Tutte le decisioni sono assunte qui dentro. Entro un mese dalla nostra partenza, le società che hanno sottoscritto l’impegno saranno chiamate a versarci la quota di contribuzione per la fondazione di LBS e noi ribalteremo quella quota sul fondo. I guadagni sono nostri ed investiremo nella società. Domande?

Mr Dijon osservò polemico:
-         Su quale modello vi siete basati per le decisioni di investimento? Il momento di mercato non è il massimo... Glielo avevo chiesto prima... ma la sua risposta è stata piuttosto evasiva, Mrs Porter...
-         Ne ho parlato prima e non intendo far sprecare altro tempo in chiacchiere a questo consiglio. Avete un dossier completo davanti a voi sul progetto LBS. E  davanti a voi avete anche una scheda per la votazione. Per oggi non c’è altro. Votate e stasera stessa vi forniremo via email il risultato. Se avremo il Vostro accordo, partiamo domani stesso.

I Consiglieri ammutolirono. Molti di loro iniziarono a guardare il dossier LBS posto sul tavolo. Altri si alzarono e iniziarono a discutere animatamente sulla proposta.

Evelyn se ne stava in disparte, come voleva la prassi, prima delle votazioni. Seduta ad un divanetto appena a lato delle urne per la raccolta del voto, rispondeva con il suo blackberry alle email che intasavano la sua posta.

Nel giro di un paio d'ore i Consiglieri votarono tutti. Evelyn rimase con i rappresentanti della Segreteria, pronti ad effettuare lo spoglio. Appena noto il risultato dell'ultima scheda, Evelyn esultò e scrisse un messaggio a Dick Namouri «Vieni subito, nel mio ufficio. Ce l'abbiamo fatta...».

***

Quando entrò nella sua stanza privata, Evelyn trovò Dick Namouri seduto sulla sua poltrona, che giocava con il suo Blackberry. Chiuse la porta e urlò un piccolo «Waw!», alzando le braccia al cielo. Girò intorno alla scrivania, si sedette sulle gambe di Dick e lo baciò con foga.
-         Direi che è andata bene... – commentò l’uomo.
-         Benissimo direi... se la sono bevuta... perfino Dijon! Anche se mi ha tenuta sotto tiro per tutto il tempo...
-         Devi starci attenta a quello lì... ti fa la punta...
-         Lo so... da quando c’è stata la fusione non posso permettermi di commettere errori...
-         Dimmi... cosa hai raccontato...

Evelyn gli fece un resoconto dettagliato della riunione, mentre Dick la guardava estasiato. Adorava quella donna. Bella e intraprendente, con il sesso che le sprizzava dagli occhi appena incrociava i suoi.
-         Dobbiamo festeggiare... ti invito a cena Dick...
-         Aspetta... ma non hai spiegato come funziona il modello...
-         Tranquillo... ho soltanto detto che funziona sulla base della volatilità e poi ho rinviato alla documentazione che mi hai dato tu... piuttosto... Novità dal tuo gruppo? Avete deciso se modificare i dati in input o modificare il modello che calcola la matrice di varianza-covarianza?
-         Usciamo a cena. Poi ti racconto i dettagli... ho anche chiesto di avviare l’analisi dei titoli nei portafogli dei clienti che sono in outsourcing sui nostri server, così iniziamo a scremare i titoli per investire... Però andiamo... non mi piace parlarne qui...



Capitolo 4
Boston, Maggio 2011

Una lacrima scese sul volto di Gabriel. Gli occhi gli bruciavano. Era troppo tempo che era seduto alla scrivania con gli occhi fissi sullo schermo del computer. Doveva staccare. Così si alzò e passeggiò per la sua stanza andando avanti e indietro, rimanendo talora fermo davanti alla finestra, con gli occhi fissi nel vuoto.

Non più che numeri occupavano la sua testa. Aveva studiato fin nei minimi dettagli il rapporto di Lauren sull’andamento dei loro portafogli e riletto più volte il commento degli analisti della Direzione Investimenti. Il trend era in crescita da marzo, questo era fuori di dubbio. Anche i portafogli si stavano comportando bene. Eppure c’era qualcosa che lo “disturbava”: l’andamento dei fondi restava ancora ben sotto la media della categoria e i mercati sembravano essere al top di un trend ascendente in modo stabile. Non era questo che aveva previsto: si era speso per una ripresa, ne era stato certo a lungo, ma ora qualche dubbio si insinuava nella sua testa. La “catastrofe” sembrava imminente e lui, come amministratore delegato, doveva fare qualcosa per garantire alla sua società di restare a galla, altrimenti sarebbe affondato con essa. In più, quella “catastrofe” avrebbe voluto dire la sua smentita e questo, davvero, non l’avrebbe potuto digerire.

I suoi pensieri fluttuavano liberi per la stanza quando il telefono squillò.

Gabriel si portò dall’altra parte della scrivania e alzò la cornetta.
-         The Black Swan, sede di Boston, in linea, Mr Pleinach. Accetta la chiamata?
-         Sì, Sarah. Me la passi...

Un piccolo presentimento gli fece formare un piccolo rospo in gola. Riusciva ad immaginare chi potesse essere, ma non ne era sicuro. No... non poteva essere lei...
-         Buonasera, Mr Pleinach?
-         Sì, chi parla? – disse Gabriel, fingendo di non riconoscere la voce di Evelyn.
-         Gabriel... caro! Sono Evelyn... Evelyn Porter...

Gabriel ingoiò il rospo. Dunque: era proprio lei, ma cosa voleva da lui? Non si era fatta viva per anni. Almeno non direttamente.
-         Ciao Evelyn. Come stai?
-         Benone... a proposito, complimenti! So che ora sei un Amministratore Delegato...
-         Anche tu, Evelyn... ma... come mai questa telefonata?
-         Sei sbrigativo... hai ragione. Non abbiamo tempo da perdere. Sono a Boston. Sei libero stasera?

Gabriel rimase spiazzato, ma allo stesso tempo lo incuriosiva quella donna. Non sapeva nè mentire, nè dire di no, così le rispose:
-         Evelyn... sono abbastanza sorpreso di sentirti dopo così tanto tempo, ma soprattutto sono sorpreso del tuo invito...
-         Tesoro... sono così presa in questo periodo... perdonami!
-         So che sei venuta a Boston altre volte, ma non mi hai mai chiamato...
-         Imperdonabile, lo ammetto... Ma allora, sei libero?
-         Diciamo che posso liberarmi... e lo faccio solo perchè sono curioso di sapere cosa vuoi da me... Dove ci vediamo?
-         Sapevo che avresti detto di sì... – lo sfidò Evelyn.
-         Ah sapevi che ti avrei detto di sì? – le replicò Gabriel. – Va bene... dove ci vediamo? Ora ho da fare devo andare...
-         Mm... ti va bene l’Espalier?
-         Sì. Prenoto io?
-         Grazie... io sono senza segretaria, mi faresti un favore... Ti aspetto lì alle nove.

Gabriel riattaccò senza nemmeno salutare. Che tipa! “Io sono senza segretaria”... Era insopportabile, ma se era ancora bella come tre anni prima, le si poteva perdonare tutto. Alzò il telefono e chiamò Sarah, chiedendole di prenotare per due a L’Espalier per le nove.

Adesso doveva soltanto dirlo a Lauren. Non era sicuro se dirle la verità o inventarsi una balla, ma certamente lavorare nella stessa società della sua compagna non era un vantaggio per lui. Gli dava quasi fastidio mentire a Lauren, ma dirle la verità voleva dire litigare, ne era sicuro. E poi, l’avrebbe fatta un po’ soffrire e questo non lo sopportava: non si riteneva degno del fatto che una donna potesse stare male per lui.

Iniziò a giustificarsi dicendosi che la storia con Lauren era iniziata da circa sei mesi, e quindi non poteva sentirsi vincolato a lei in nessun modo. Era stato chiaro: venendo fuori da un divorzio, l’ultima cosa che voleva era legarsi ad un’altra persona. Le aveva detto la verità: non era mai stato capace, dopo il matrimonio, di intrattenere relazioni più lunghe di una nottata con una donna, nemmeno quelle che lo interessavano un po’, perchè rifuggiva l’idea stessa di legarsi a qualcuno. Era convinto di non sapere più amare, forse di non aver mai saputo farlo. Meggie, sua moglie, o meglio, la sua ex-moglie, glielo aveva messo in testa al punto che se ne era convinto.

Lauren, da questo punto di vista, non faceva eccezioni, pur rappresentando oramai per lui un piccolo punto fermo. Però non lo convinceva il fatto di ricorrere a menzogne con lei. E poi perchè mentire? In fondo, molte altre volte era uscito a cene di lavoro, senza dover annunciare al mondo con chi usciva e dove andava. Lui e Lauren avevano scelto di non vivere insieme e quindi non sarebbe stata la prima volta che ciascuno passava la serata per i fatti propri. Contava il particolare che lui quella sera sarebbe uscito con Evelyn? E perchè mai Lauren avrebbe dovuto sentirsi gelosa di Evelyn?

Gabriel decise di non dare nessun tipo di dettaglio a Lauren. La chiamò, le annunciò che aveva un impegno di lavoro per quella sera e che quindi non sarebbe passato da lei per cena. Quando chiuse il telefono si sentì più viscido di un verme, e si riconcentrò sul suo lavoro per non pensarci. Quella sensazione gli dava fastidio, perchè gli dava la certezza che Lauren stava diventando davvero qualcosa di diverso per lui rispetto a quello che si era prefissato.

***

Alle nove in punto Gabriel stazionava davanti a l’Espalier, al numero 774 di Boylston Street. Adorava quel posto. Si diceva che fosse il primo ristorante di Boston ad aver importato la “haute cuisine”, con uno stile a metà tra il New England e la Francia. Scese dalla macchina, lasciò le chiavi al valet ed entrò nel locale. La luce particolarmente brillante quella sera gli fece voltare lo sguardo quasi istintivamente verso i lampadari, alcuni rotondi, altri a forma di stella, come se volesse fulminarli con gli occhi. Un cameriere in giacca e pantaloni grigio scuro e cravatta grigio chiaro lo accolse e si predispose ad accompagnarlo al tavolo, quando il proprietario del locale si accorse di lui e gli andò incontro.
-         Mr Pleinach. Quale onore, questa sera…
-         Salve Frank. Mi avete prenotato il solito posto, vero?
-         Certo. Nella biblioteca. Ho modificato un po’ la sala, vedrà. Non avevo molte prenotazioni e visto che lei veniva qui mi sono permesso di allargare un po’ lo spazio tra i tavoli. Magari avrà voglia di starsene un po’ tranquillo a chiacchierare...
-         Grazie Frank. Apprezzo la sua decisione. Aspetto Mrs Evelyn Porter di The Black Swan. La faccia pure accomodare quando arriva.
-         Certo Mr Pleinach. Avviso subito all’ingresso. Si accomodi. Le mando subito uno champagne “speciale” per ingannare l’attesa. Vedrà... ho fatto una piccola scoperta della quale sono orgoglioso... mi dirà poi cosa ne pensa...
-         D’accordo Frank – rise Gabriel, entrando nella sala biblioteca e dirigendosi al tavolo a lui riservato.

Dopo circa venti minuti arrivò Evelyn.
-         Scusami Gabriel. Ho avuto un contrattempo. Ho dovuto partecipare ad una noiosissima call con un cliente.
-         Tratti così tutti i tuoi clienti? Li fai aspettare?

Evelyn si guardò intorno, come per sottolineare la scelta del locale.
-         Non mi pare, Gabriel...

Un cameriere si avvicinò discretamente al loro tavolo ad un piccolo segno di Gabriel e prese le ordinazioni. Il  Wine Director si avvicinò al loro tavolo insieme ad un cameriere, che versò immediatamente a Evelyn lo stesso champagne che “frizzava” nel bicchiere di Gabriel e poi declinò le opzioni dei vini più consigliati per quella serata, sulla base del menu scelto da Gabriel. Poi si allontanò, lasciando i due in un imbarazzato silenzio.
Gabriel decise di giungere subito al dunque.
-         Perchè siamo qui, Evelyn?
-         Come corri... Gabriel... Avevo voglia di vederti... Non è lecito? Del resto, siamo in affari, no? E non solo... – aggiunse strizzandogli l’occhio.
-         Sai benissimo come la penso. La scelta del vostro software ci è imposta dalla vostra posizione di monopolio, ma non la condivido. Del resto non ho alternative al momento e non posso neanche forzare una scelta di sviluppo interno, pur avendo ben in mente tutte le caratteristiche del modello da sviluppare. Alla fine però una società del nostro calibro non può assolutamente esporsi verso la clientela: dobbiamo avere dati di rischio universalmente riconosciuti, cioè i vostri.
-         E’ un dato di fatto, siamo i migliori. Non ho mai capito i tuoi dubbi, Gabriel, sinceramente.
-         Mia cara, in questi anni vi abbiamo corretto la metodologia segnalandovi quelli che secondo noi erano errori del modello... forse non ricordi?
-         Ho presente, Gabriel... ma non era per convincerti che siamo i migliori che ti ho invitato a cena. Pensavo ad altro...
-         Sai che potendo vi manderei a casa nel giro di un anno. Per me, utilizzare un software avanzato di rischio fatto in casa darebbe alla nostra azienda un vantaggio competitivo notevole. Se sbagliate voi, sbagliate su tutti... questo lo sai?

Evelyn si sentì nuda davanti a Gabriel. Si chiese se avesse intuito qualcosa. Lui era capace di fiutare l’errore solo guardando per pochi secondi una tabella di dati. Le prove che avevano fatto utilizzando il prototipo in produzione sulla clientela reale, prove non autorizzate delle quali solo in pochi in The Black Swan erano a conoscenza, avevano provocato sul mercato degli effetti molto particolari ed era sicura che Gabriel avrebbe potuto accorgersene. Eppure gli ammontari in ballo non erano così significativi... Nel dubbio, decise di riportare quanto prima la conversazione sul personale.
-         Gabriel, so perfettamente come la pensi. Ma avresti bisogno di una software house che non hai. Gente in gamba a pensare e sviluppare.
-         Ho la gente che pensa. Mi manca quella che sviluppa e il placet della Capogruppo.
-         Beh, fino ad allora dovrai “sorbirti” noi... ma cambiamo argomento...
-         La vostra prova sarà il mercato. Secondo me nel giro di qualche mese il trend tornerà a decrescere. Vedremo come vi comporterete...

Evelyn sussultò impercettibilmente, percependo una sfida che non voleva accettare. Non con Gabriel. Quell’uomo l’aveva sempre attratta. Il suo saper essere così distante da lei, in ogni situazione tranne che quando erano a letto, l’attraeva profondamente. Voleva sfidarlo. Era uno dei pochi che non si era innamorato di lei. Uno dei pochi che l’aveva trattata per quello che era: una bella ed affascinante donna di quarant’anni da portarsi a letto e godere per alcune ore. Questo la faceva imbestialire e qualcosa in lei aveva  fatto partire la sfida assurda di farlo innamorare. Qualcosa che conosceva bene: la confessione di Lauren che lei e Gabriel stavano insieme.
-         Ascolta, non è per questo che ti ho invitato. Se vuoi parlare di lavoro, fissa un appuntamento con la mia segretaria. Domani riparto per New York ma tra un mese sarò di nuovo qui per vedere alcuni clienti. Vengo nel tuo ufficio e mi delucidi tutti i dubbi che hai sul nuovo modello...
-         Evelyn – la interruppe Gabriel – ne ho solo uno: non è trasparente. Il resto dei bug continueremo a segnalarteli, stai tranquilla. Ma voglio che rendiate pubblico il modello e la sorgente dei dati perchè siate controllabili. La vostra posizione di monopolio dovrebbe rendervi tranquilli sul fatto che pur dando disclosure nessuno vi possa spiazzare...
-         Gabriel ti prego...
-         Va bene. Ceniamo adesso. – le accordò Gabriel a malincuore.

La serata trascorse in tutta tranquillità. Evelyn raccontò a Gabriel la sua ascesa all’interno della società e Gabriel fece altrettanto. Parlarono delle responsabilità crescenti, dell’impossibilità di avere una vita privata decente e si confessarono le reciproche storie, quella di Gabriel con Lauren e quella di Evelyn con Dick.
Alla fine della cena, Evelyn insistette per pagare, con la scusa che avrebbe scaricato tutto sulla società, ma Gabriel fu ostinato più di lei e saldò personalmente il conto. Quando furono fuori, Evelyn lo sfidò:
-         E’ una bella serata. Che ne dici di andare a fare un giro sul fiume?

Gabriel accettò. Del resto una passeggiata non avrebbe cambiato i suoi scrupoli verso Lauren. E poi fino ad allora era riuscito a tenersi lontano da Evelyn come Lauren avrebbe voluto.

Si diressero lungo Exeter Street e Storrow Drive. Imboccarono il Dr Paul Dudley White Bike Path e si fermarono a chiacchierare sulla Charles River Esplanade.
Quella sera la luna si rifletteva magicamente sul fiume Charles River. Fu Evelyn che ad un certo punto prese l’iniziativa e mentre camminavano afferrò la mano di Gabriel e se la portò lungo i fianchi e all’altezza della vita, accostandosi a lui. Gabriel finse di ignorare un certo imbarazzo e sentì una vecchia eccitazione ripercorrergli il corpo, dal basso verso l’alto. La strinse sulla vita e la portò verso di sé e da lì a spingersela di fronte e baciarla il passo fu davvero breve. Rimasero fermi a baciarsi per lungo tempo. A Evelyn non sembrava vero quello che stava accadendo e Gabriel cercava di scacciare dalla sua mente il fantasma di Lauren, sola a casa che lo immaginava immobilizzato in un ristorante ad una noiosissima cena di lavoro.

Fu Evelyn a staccarsi per prima:
-         Sono al Mandarin. Vuoi passare da me?

Gabriel la baciò per esprimere il suo consenso e tornarono a piedi verso l’albergo, avvolti dalla luce argentea della luna e da una strana consapevolezza che quello che stava per succedere tra loro fosse inevitabile.

***

La porta si aprì senza che nessuno si annunciasse bussando e Lauren entrò. Si diresse verso di lui, assonnato, con una tazza di caffé bollente davanti a sé, pose entrambe le mani sulla scrivania. Poi alzò lo sguardo impassibile dal piano della scrivania ai suoi occhi: Gabriel percepì una strana tensione in lei e iniziò a sentirsi in colpa. Era sicuro che Lauren sapesse tutto. Come avesse fatto, non riusciva ad immaginare.

Lauren lo guardò negli occhi in modo diretto:
-         Come hai potuto?
-         Cosa?
-         Come hai potuto? Sai che non sopporto quella donna...
-         Di chi parli?
-         Lo sai benissimo... Evelyn, Evelyn Porter...
-         Che ha fatto Evelyn?
-         So tutto, Gabriel... ho parlato con Sarah al caffè stamattina. Mi ha detto che ieri hai prenotato a L’Espalier per due. Sempre ieri sera mi ha detto che Evelyn ha chiamato l’ufficio perchè non riusciva a rintracciarti e voleva solo avvisarti che sarebbe arrivata in ritardo. Ho solo fatto due più due.

Gabriel non disse nulla. Si alzò, chiuse la porta e prese tra le braccia Lauren, ma lei non ricambiò l’abbraccio, anzi, si discostò da lui quasi con ribrezzo e se ne uscì silenziosamente come era entrata, pronunciando le tre parole che non avrebbe mai voluto sentire pronunciare da lei:
-         Mi fai schifo!

Gabriel si sentì trafiggere il petto. Non l’aveva previsto. Non aveva previsto che Lauren sapesse, aveva cercato di calcolare l’imponderabile. I suoi modelli di rischio non funzionavano con Lauren e la cosa in qualche modo gli faceva male. Non voleva che Lauren fosse una storia importante. Dunque, dove aveva sbagliato, se si sentiva così?





Capitolo 5
Boston,  Agosto 2011

I lunghi capelli erano girati intorno ad una matita, avvolti su se stessi e fissati sulla nuca. La giacca era appoggiata alla sedia. Faceva caldo, nonostante l’aria condizionata. Lauren era seduta sulla poltrona, una gamba stesa sotto la scrivania ed una stretta al petto, con il piede che appoggiava sulla sedia. La mano destra giocava con il mouse, selezionando da vari menu a tendina le opzioni scelte per quel report. Aprì nuove finestre con nuovi grafici, cambiò schermo ed aprì il terminale con i dati di mercato. E giù altri grafici. Poi si acquietò un attimo e pensierosa guardò il soffitto. Frettolosamente cercò un numero sul blackberry, lo appoggiò sul tavolo e compose il numero sul telefono fisso. Squillava. Uno... due... tre... “Dài, rispondi” pensò tra sé...
-         Matthew Weber, chi parla?
-         Ciao Matthew sono Lauren.
-         Lauren! Sì. Ciao come stai?
-         Bene Matthew. Ti disturbo?
-         No, no. Stavo leggendo un noiosissimo report sul bilancio di una società.
-         Mm... ti capisco allora. Se posso allora...
-         Certo, dimmi. Qualcosa non va? Quando mi chiami c’è sempre qualcosa che non va...
-         Beh, nulla di certo. Ma quello che sto notando è questo... il dato di volatilità del mercato in alcuni momenti è stabile, mentre i portafogli registrano variazioni di volatilità significative rispetto al mercato, fino anche al tre per cento. Subito dopo noto che il mercato crolla. Idem al contrario, quando il mercato sale...
-         Mi sembra strano Lauren. Ma ne sei sicura?
-         Guarda, sto analizzando i report di quest’anno. Sto dando un’occhiata ai vari fondi. E’ davvero strano... a marzo il movimento è quasi impercettibile, ma la tendenza la puoi notare, se sai cosa stai cercando. Invece a giugno è marcata, appena prima del crollo e a metà luglio si verifica di nuovo. Se fai la stessa analisi appena prima che il mercato abbia un’impennata, sei nella stessa condizione.
-         Non stai guardando l’ambiente di sviluppo o la simulazione, vero?
-         Marc, ma per chi mi prendi? Conosco il vostro software a memoria. Sono anni che lo utilizzo e... “ve lo correggo”...
-         Hai ragione, scusa, ma non capisco... se hai un attimo mi collego al vostro ambiente e mi spieghi. Salva il report che stai guardando in modo particolare e poi dimmi come si chiama.
-         Mm... sto salvando... ecco... l’ho chiamato Lauren_Volatility.tbs... lo vedi?
-         Ancora un attimo, sto facendo login... ecco... sì, perfetto lo vedo... dunque dicevi a marzo, giugno e metà luglio, appena prima del crollo?
-         Sì, se apri poi il terminale Bloomson e guardi l’andamento del mercato e della volatilità vedrai che è come ti dico io... ma che dati buttate in pasto ai vostri modelli, Marc?
-         Lauren... non mi fare le solite domande...
-         No Matthew. Io qui ho il dubbio che il vostro software faccia acqua. Noi abbiamo il vostro software, e sai benissimo che abbiamo dei limiti molto stretti sulla volatilità, perchè li abbiamo configurati insieme. Su queste basi i nostri gestori valutano le loro posizioni e decidono quando vendere e quando acquistare, cosa vendere e cosa acquistare per tenersi nel budget di rischio. Ti rendi conto quanto è importante per noi che il modello sia corretto ed i dati che macina siano impeccabili?
-         Lauren... o mi dai un errore concreto o dimostrabile oppure io non posso lavorarci... non lavoro sulle sensazioni, non posso farlo. Dimostrami che sbaglio ed io ti correggo l’errore. Per questo sono pagato.
-         Non mi aspettavo questa risposta da te, Matthew. Non dopo tutto il lavoro fatto insieme per passare in produzione questa roba che abbiamo dovuto digerire...
-         Ah, dài, non torniamo sui discorsi che è meglio la roba fatta in casa...
-         E’ così. Noi la penseremo così finchè non ci direte come è fatto il vostro modello, come funziona la vostra matrice di varianza-covarianza e quali dati usate, quali opzioni scegliete.
-         Lauren, mi spiace. Questo non posso dirtelo.
-         C’è Evelyn, per favore?
-         Evelyn? Che c’entra Evelyn?
-         Passamela, per favore.
-         Va bene, aspetta. Ti passo la segretaria. Take care!
-         Ciao Matthew... quando vuoi venire a lavorare qui per tornare nella tua Boston chiamami eh...
-         Ci posso fare un pensiero quando molli quel borioso del tuo amministratore delegato...
-         Non è un borioso...
-         Eh sì... ciao Lauren, ti passo Evelyn.

Una musica di sottofondo annunciò a Lauren che Marc aveva trasferito la telefonata al numero della Segretaria Personale di Evelyn.
-         Segreteria di Direzione, The Black Swan, sono Helena, come posso aiutarla?
-         Salve. Mi aspettavo Jenny...
-         No Jenny è malata. Come posso aiutarla?
-         Salve Helena. Sono Lauren Legrange di J.F.Crombie. Ho bisogno di parlare con Mrs Porter, per favore. E’ abbastanza urgente.
-         Aveva un appuntamento telefonico con Mrs Porter, Mrs Legrange?
-         No. Ma le sto dicendo che è urgente. Siamo il primo cliente della vostra società e abbiamo un problema in produzione.
-         Va bene, attenda un attimo in linea e vedo se è disponibile.

La musica di sottofondo tornò ad allietare le orecchie di Lauren, ma incominciò ad innervosirla l’attesa. Dopo circa tre minuti, la voce squillante riprese il controllo.
-         Segreteria di Direzione, The Black Swan, sono Helena, come posso aiutarla?
-         Sono sempre Lauren Legrange di J.F.Crombie. Non so se lei stia giocando o cosa, ma io ho urgenza di parlare con Mrs Porter.
-         Mi scusi, Mrs Legrange, ma credevo di averle passato Mrs Porter. Un attimo ancora e verifico cosa è successo.

La musica di sottofondo stavolta non ingannò l’attesa. Per qualche caso fortuito, Mrs Helena non aveva schiacciato bene il tasto di attesa e la conversazione che ne seguì fu resa udibile, senza veli, a Lauren: « Non parlo con lei, Helena. Mi sembrava di averglielo detto. Le chieda cosa vuole... uffa! Ma quando torna Jenny?»

La voce squillante tornò all’apparecchio.
-         In questo momento Mrs Porter non può essere disturbata. Mi ha chiesto se può gentilmente lasciarmi detto di cosa ha bisogno, così appena possibile la richiama.
-         Mrs Helena, io ho bisogno di parlare subito con Mrs Porter. E’ ur-gen-te. Forse non mi sono spiegata. Credo di avere un problema grosso con il vostro software in produzione e devo capire cosa sta succedendo. Sembra che la volatilità sia impazzita. Le chiedo di insistere.
-         Un attimo, prego.

«Mrs Porter, Mrs Legrange insiste per parlarle. Hanno un problema di vo... volatilità, ecco, sì di volatilità. Cosa faccio, gliela passo?» «Dille di controllare la volatilità del suo amministratore delegato. In questo momento non voglio rogne, inventati una balla. Io esco, ciao.» «Bene, Mrs Porter, buona serata»

Lauren era infuriata. Non solo riteneva di avere ragione, ma l’atteggiamento di Evelyn era ingiustificabile. E quell’allusione a Gabriel la mandò su tutte le furie.
-         Mrs Legrange, Mrs Porter...
-         Ho sentito tutto, Mrs Helena. La ringrazio. Arrivederci.

Chiuse il telefono sbattendo la cornetta e si alzò di scatto, afferrando le stampe delle schermate che erano sparse sulla scrivania. Percorse il corridoio lungo fino agli ascensori, salì all’ultimo piano, superò la stanza di Sarah e si avviò dritta verso la porta dell’ufficio di Gabriel, l’aprì e si fermò.
-         Ciao Lauren. Che succede? Hai una faccia...
-         Evelyn...
-         Che è successo?

Lauren cercò di raccogliere in sé tutte le forze per bloccare la rabbia che le era montata dentro. 
-         Guarda qui.

Lasciò che Gabriel desse un’occhiata ai grafici ed ai numeri. Spiegò, non fosse già chiaro a Gabriel, tutti i dettagli tecnici che non le tornavano e sintetizzò la sua tesi:
-         Fa acqua da tutte le parti. Non capisco se sono i dati o il modello, so solo che fa acqua e che in qualche modo l’acqua ci si sta rovesciando addosso. Ho controllato tutti i movimenti di portafoglio, ho sentito i trader. Tutte le operazioni sono state effettuate perchè il budget di rischio era stato superato o perchè eravamo sotto. L’evidenza del superamento dei limiti è nata da qui – e puntò il dito su un grafico. – A marzo era quasi impercettibile, a giugno è stato più che evidente, a metà luglio è la conferma. Quando li mandiamo a casa?
-         Hai sentito Evelyn?
-         Certo... Prima ho fatto una chiacchierata con Matthew Weber, che mi chiede fatti, evidenze e cose certe. Poi mi sono fatta passare Evelyn ed ho fatto un lunghissimo colloquio con Mrs Helena, che sta sostituendo la sua segretaria. Evelyn si nega...
-         Magari non c’è davvero...
-         C’era. Quell’imbranata si è dimenticata di mettere il “mute”. Evelyn mi ha fatto dire di controllare la volatilità del “mio amministratore delegato” e non romperle le scatole. Questo era il sunto. Domattina ti scrivo un report. Poi ne farai quello che vuoi. Io li manderei via a calci nel sedere. Non mi cercare stasera, non ci sono.

E uscì senza consentirgli di replicare.

Gabriel rimase con lo sguardo inchiodato sulla porta.

Era incredibile come quella donna, Evelyn, entrasse nella sua vita ogni volta al momento giusto per rovinargliela. E ora, come non bastasse, minacciava anche il suo lavoro. Passi per i possibili errori sul software, a quelli ci avrebbe pensato l’indomani dopo aver letto il rapporto di Lauren. Ma la sua vita, no, non poteva permetterglielo. Aveva impiegato almeno due mesi a ricostruire il rapporto con Lauren, dopo la cena con Evelyn. La sua fiducia era stata minata. La sentiva più fredda, meno coinvolta e questo gli dava fastidio. E non era come quando lasci un letto sconosciuto e non ti importa se la donna che ci dorme dentro ti ignora quando te ne vai. Non era come lasciarsi alle spalle una storia con qualcuno che non ti interessa, pur avendoci passato una notte intera insieme.

Lauren era in qualche modo speciale. Non pensava di essere innamorato, o forse non lo voleva confessarlo a se stesso. Non capiva cosa provava, non voleva capirlo. Ma l’essere tenuto così a distanza da quella che considerava oramai un po’ la “sua” donna, dopo anni che era saltato da un letto ad un altro senza nemmeno chiedersi chi ci fosse dietro al corpo che aveva posseduto, beh, questo gli faceva male. Non gli rodeva, gli faceva proprio male dentro. E non era da lui.

Fece un gesto che non pensava mai potesse fare. Alzò il telefono e la chiamò:
-         Lauren, sono Gabriel.
-         Dimmi. Ho da fare, devo prepararti la relazione per domani.
-         Andiamo a casa, Lauren. Sono stanco, ho voglia di stare con te.
-         Ci vediamo domani, Gabriel.

Il telefono muto rimbombò il vuoto nelle orecchie. Si accese una sigaretta e spirò il fumo della prima boccata velocemente fuori, come se volesse spingere all’esterno tutta l’oppressione che sentiva nel petto. Riprovò ancora con la seconda boccata. Inutilmente. Così spense la sigaretta, prese la borsa e se andò via dall’ufficio.




Capitolo 6
New York, Agosto 2011

L’email aveva parlato chiaro. Tutti in riunione in Sala Consiglio alle ore diciotto. Allora perchè non c’era ancora nessuno?

Evelyn montò su tutte le furie. Scese al quinto piano, dove si trovava l’ufficio di Dick, ma si bloccò appena uscita dall’ascensore. Marc era seduto alla scrivania di Dick e Dick gli stava illustrando qualcosa. Evelyn decise di avvicinarsi lentamente, per captare, prima di arrivare lì, cosa si stessero dicendo. Man mano che avanzava nell’open space, gli occhi dei suoi dipendenti la guardavano timorosi: sentivano che stava per scoppiare un temporale.
-         Non mi torna! – urlava Marc.
-         Devo rispiegarti di nuovo, Marc? Possibile che non capisci?
-         Come hai fatto ad avere la certezza che questi tre titoli fossero quelli buoni? Porca miseria, ci vuole un indovino con questi mercati! Sento puzza di marcio, lo capisci?
-         Marc, calmati. Il modello mi evidenzia i titoli con la stessa volatilità del mercato...
-         No no no Dick. La volatilità del mercato era stabile, “prima” che voi li acquistaste. Così come era stabile “prima” che voi li vendeste. Come può essere? E’ contrario ad ogni legge economica, lo capisci? Voglio sapere come funziona il modello...
-         Ma era spiegato nel documento che Evelyn vi ha portato in Consiglio, Marc... non farei che ripetermi...
-         Vuoi ripeterlo davanti al Consiglio, Dick? – Marc lo guardò seriamente.

Evelyn entrò, pronta a difendere ciò che le stava di più a cuore: la sua carriera.
-         Marc, cosa ci fai qui? Non è tuo territorio questo...
-         Evelyn, lascia perdere. Voglio capire che cazzo di idea hai avuto. Sento puzza di marcio e con l’Antitrust alle costole non possiamo fare passi falsi. Ci fanno chiudere se solo subodorano che stiamo lavorando sporco.
-         Lavorando sporco? Oh, Marc, tranquillo. Qui stiamo lavorando solo ad ottime idee...
-         Scusami, ma per quanto mi sforzi, non riesco a crederti. Proprio per niente. Credo sia legittimo chiedere approfondimenti sulla roba che ci hai propinato in Consiglio. Giusto?
-         Giustissimo. Convoca un Consiglio d’Amministrazione Straordinario ed io ti spiego per filo e per segno quello che vuoi sapere, ma ora fuori dalle balle e lasciami fare il mio lavoro. Sono ancora il tuo capo, fino a prova contraria.

Marc si alzò decisamente contrariato ed uscì sbattendo la porta.

-         Non mi sembra tu l’abbia convinto a sufficienza – disse Dick a Evelyn, alzandosi dalla sedia e girando intorno alla scrivania.
-         E’ uno stronzo... – rispose la donna.
-         Però ha ragione. Ha un ottimo fiuto...
-         E non è il solo... – commentò Evelyn.

Dick la guardò perplesso, ma non disse nulla e la lasciò continuare.
-         Anche quegli stronzi della J.F.Crombie se ne sono accorti...
-         L’ho sempre detto io che quel Gabriel è una mente unica...
-         No, non mi riferisco a lui... cioè sì, lui è una mente unica, ma mi riferivo a Lauren Legrange. Quella piccola stronza so-tutto-io mi ha chiamato qualche giorno fa. Era infuriata. “Non mi torna la volatilitàààà” urlava per telefono.
-         E tu cosa le hai detto?
-         Nulla. Ho detto a Helena di dirle che non c’ero.
-         Mm...
-         Senti, raduna i tuoi. Dobbiamo accelerare, sennò ci scoprono.
-         Non credo siano maturi i tempi... pensavo di fare ancora qualche prova prima di partire.
-         Non ci pensare nemmeno. Tra dieci minuti venite in Sala Consiglio. Tutti...
-         Ma c’è gente che a quest’ora sarà tornata a casa, non possiamo fare domani? Oggi o domani cosa cambia?
-         Me ne frego, capito? Qui mi sto giocando la carriera, Dick e se non sei capace di capirlo, beh, mi dispiace ma non hai capito proprio nulla di me. ‘Fanculo. Richiamali dovunque siano. Tra dieci minuti nel mio ufficio e chi manca si prepari a fare le valigie.

Evelyn uscì sbattendo la porta.
Dick si sedette tranquillo alla scrivania, si accese la sigaretta elettronica che usava quando aveva voglia di fumare in ufficio e commentò:
-         Per fortuna queste porte sono robuste...  – e rise amaramente tra sé, sicuro che la storia con Evelyn fosse volta al termine.

Non sapeva dire bene cosa lo avesse attratto di più in Evelyn, se il suo fisico mozzafiato, se la sua esuberanza sessuale che la portava a sperimentare nel sesso tutto quello che le passava per la testa oppure se fosse rimasto invischiato nella sua voglia di potere. Sicuramente l’aveva sfruttata abbastanza per la sua carriera e anche se lei l’avesse piantato a quel punto, si era già formato una nomea nel mondo delle tecnologie finanziarie, da poter trovare facilmente un nuovo lavoro. Erano molte le proposte che nell’ultimo anno gli erano arrivate e fino ad allora le aveva bellamente ignorate, soltanto perchè non voleva chiudere il rapporto con Evelyn. Adesso che era lei a piantarlo, non ci avrebbe pensato su nemmeno il tempo di un battito di ciglia.

Guardò l’orologio e mandò un Blackberry Message a tutti i collaboratori: «La Gazzella ci vuole a rapporto. Stasera è un Leone. Tra dieci minuti in Sala Consiglio. Chi non ci sarà, potrà iniziare a fare le valigie». Non gli importava di essere irriverente verso Evelyn di fronte ai loro comuni collaboratori. Non gli importava in realtà più di molto restare lì dentro e togliersi da quell’impiccio che puzzava di marcio stava diventando il suo unico pensiero.

***
-         Sono davvero contenta di come avete lavorato in questi mesi. Ho seguito passo per passo i vostri sviluppi ed i vostri test e sicuramente il risultato da voi ottenuto è quello al quale io intendevo giungere.

Aveva indorato la pillola a sufficienza per i suoi gusti. Adesso doveva affondare.
-         Tuttavia alcune persone dalla mente molto acuta iniziano a sospettare che ci siano dei movimenti strani. Sto parlando di persone interne alla nostra azienda e di clienti.

Un mormorio si diffuse in sala. Evelyn visibilmente contrariata, sbatté la mano sul tavolo e pretese il silenzio. Quando l’aria fu tersa dal rumore, riprese:
-         Non sto scherzando, signori. Non voglio chiacchiericcio da paese. Siamo un’azienda seria. Siamo la prima azienda del settore e non possiamo permetterci di perdere tempo. Voglio il passaggio in produzione entro una settimana. Sono cancellate tutte le ferie, vi voglio al completo. Vi assicuro che per chi mi supporta ci saranno ottime possibilità: ho intenzione di aprire due sedi in Asia ed in Europa ed ho bisogno di due Direttori Generali e Dirigenti per coprire i vertici. Se c’è qualcuno che non ci sta, lo dica subito e se ne vada domani.

Detto questo si alzò, uscì dalla sala e si rinchiuse nel suo ufficio.

***

Evelyn sentiva che le stava crollando tutto intorno e non vedeva una via di uscita. Perfino  Dick se l’era fatta addosso e l’aveva piantata. Era arrivata a pensare addirittura che lui l’amasse davvero e invece si rendeva conto ora che l’aveva solo sfruttata per quello che poteva rappresentare: carriera e potere. Si sentì montare la rabbia ed un groppo le si formò alla gola. Si impose di ributtarlo giù, anche se per la prima volta da anni aveva voglia di sfogarsi piangendo. Eppure non doveva, non poteva arrendersi in questo modo alla prima difficoltà seria che incontrava.

Si mise a riflettere su quale fosse la mossa giusta. Aveva bisogno di tranquillità per pensare. Così prese la sua giacca e uscì dall’ufficio, prese l’ascensore e percorse l’atrio a testa alta, nonostante si sentisse davvero a terra. L’autista le venne incontro, ma lei lo allontanò con un gesto della mano, un misto tra “non mi dire nulla” e “grazie, no”. Iniziò a camminare lungo la Fifth Avenue. Le faceva bene camminare tra la gente, confondersi con altre persone che non avevano nulla a spartire con lei, sentirsi inutile come pensava che la maggior parte della gente si sentisse. Si fermò pochi isolati più in là in un bar. Chiese qualcosa di forte e guardò male il barista che aveva a provato a chiederle cosa desiderasse in particolare.

“I baristi dovrebbero saperlo di cosa ha bisogno un cliente, no?” si trovò a pensare tra sé e sé, guardando il ragazzo che si era girato e passava la mano sopra le numerose bottiglie, cercando qualcosa di davvero particolare da darle. Si voltò indietro verso l’ingresso, per essere sicura che nessuno l’avesse seguita e quando si rigirò verso il barista, davanti a sé trovò un bicchiere.
-         Le ho dato...

Non lo lasciò finire. O forse il ragazzo finì la frase ma a lei non interessava affatto sapere cosa era pronta a bere. Le era sufficiente avere davanti a sé una qualunque dose di alcool da mandare giù in corpo. Ripensò all’ultima volta che si era ritrovata davanti ad un bancone con la voglia di dimenticare. Era stato circa sei anni prima, per Gabriel. La prima volta che era andata a letto con lui. Era stato magnifico, pensava di aver trovato il suo principe azzurro. E invece lui l’aveva trattata peggio di una puttana, se l’era portata in un letto e poi l’aveva lasciata lì a leccarsi le ferite. Gli aveva giurato vendetta e si era posta di ricambiargli un giorno quello che lui le aveva fatto. Ora era il momento e quegli stupidi idioti le stavano mettendo il bastone tra le ruote. Era arrivata a un pelo dal risultato... Ne era sicura, una crisi così Gabriel non avrebbe mai potuto immaginarla neppure. Avrebbe perso tutto, il lavoro e Lauren. E invece non stava andando come aveva pianificato. Non vedeva alcun modo di uscirne, se non fare il colpo grosso e sparire fregandosi tutti i  soldi investiti. Ma senza Gabriel, quel successo non avrebbe avuto lo stesso sapore.

Il suo cellulare squillava. Se ne rese conto dopo un po’. Rispose:
-         Evelyn, sono Dick.
-         Oh Diiiiick – disse ironicamente. – Che mi racconti? Siete passati in produzione?
-         Evelyn, mi spiace. Ho... ho parlato con Marc e con Gabriel...
-         Cosa hai fatto? Mio Dio Dick, mi hai rovinato...
-         Evelyn, mi spiace...
-         Stronzo...

Furono le ultime parole che disse. Bevve tutto d’un sorso il bicchiere, lasciò cinquanta dollari sul bancone e uscì di corsa dal locale.



Capitolo 7
New York, Dicembre 2011

Gabriel guardò l’insolita platea. Era la prima volta che si trovava di fronte a quelle persone. Ne aveva studiato il curriculum uno per uno. Aveva imparato i nomi, le date di nascita, i luoghi di nascita, i nomi dei familiari per ciascuno di loro: tutto ciò gli sarebbe servito dopo, durante la cena di gala organizzata per Natale, per fare buona impressione su di loro. I primi mesi di lavoro erano stati lunghi e pesanti. Aveva trascurato molto Lauren, era tornato poco a Boston durante i weekend e quando Lauren si era recata a New York a trovarlo, l’aveva spesso lasciata sola. Ma era necessario. Ogni cosa di ciò che aveva fatto era necessaria per supportare il suo nuovo ruolo.

Gli occhi della platea erano puntati su di lui. Si schiarì la voce e iniziò.
-         Signore e Signori, sono sinceramente onorato di trovarmi qui oggi, davanti a voi. Quando la vostra decisione mi è stata comunicata qualche mese fa, verso fine Agosto, sinceramente vedevo pochi sbocchi per la mia carriera, pur prestigiosa. Voi mi avete offerto l’occasione della mia vita su un piatto d’argento ed io non ho potuto rifiutare. Ma non ho accettato per la carriera, seppur ad alcuni di voi che non mi conoscono bene, questa mia affermazione potrebbe sembrare falsa retorica.

Ho sempre amato la finanza. Ho sempre dedicato la mia vita a studiare la teoria alla base di ciò che accade in finanza. E la cosa che alla fine mi ha appassionato, come tutti sapete, è il rischio, l’ «alea» che pervade di per sé qualsiasi tipo di contrattazione. La mia sfida è stata sempre rendere il rischio “meno rischioso”, cercare di prevederlo, stanarlo come fa un cacciatore con la sua preda, ammorbidirlo, domarlo. Una sfida impossibile, direbbe qualcuno, perchè “il Cigno Nero” ti aspetta al varco quando meno te lo aspetti. Quando sei più debole, ti attacca. Quando sei stremato dalle forze, infierisce su di te. Si fa beffe di te che vuoi prevederlo, lui che per sua natura è imprevedibile. E’ come andare contro le forze della natura. Ma è la sfida più bella che io possa apprezzare e ad essa ho dedicato praticamente tutta la mia vita dopo gli studi.

Eppure ero arrivato ad un certo punto della mia vita, nella quale il rischio era diventato solo un numero. Ero arrivato a guardare intere tabelle di numeri solo con lo scopo di stanare quello errato. La bellezza della ricerca si era eclissata. Avevo ceduto lo scettro a miei validi collaboratori e collaboratrici, perchè a me era stato chiesto di onorare responsabilità più grandi. E non avevo saputo dire di no.
La vostra proposta è arrivata a quel punto della mia vita in cui si ha voglia di riscoprire i giochi da bambino. La situazione che si era creata, e che tutti conoscete fin troppo nei dettagli per dovervela ripetere, era tale che mi ha fatto tornare il gusto di cercare, di sfidare l’impossibile, di trovare il nesso logico tra avvenimenti apparentemente slegati tra loro.

Mi spiace solo che questa occasione giunga a fronte della perdita di una persona che comunque, al di là del progetto che stava conducendo, merita di essere ricordata per come ha saputo condurre questa azienda. Verso i morti non si può avere nè pietà, nè altri sentimenti. Si ha solo l’obbligo di ricordare ciò che di buono hanno fatto e Evelyn, Signore e Signori, dovrà essere ricordata per avere tirato su questa azienda, nonostante le lotte intestine che naturalmente si erano propagate dopo la fusione, e di averle dato una posizione di tutto rispetto nel mercato. Del resto, se andiamo un attimo al di là di quella che può essere l’etica comune, quello che ha ideato Evelyn è di una potenza e di un fascino unico: riuscire a manipolare il mercato, sottoponendogli una volatilità modificata che induca vendite o acquisti da parte dei gestori, per restare nei limiti dei budget di rischio. Se Evelyn ha potuto farlo, è stato solo in funzione di quella sorta di monopolio che questa azienda ha conquistato grazie a lei.

Ora sta a me andare oltre e, come negli accordi sottostanti l’accettazione della vostra proposta, la svolta sarà radicale.

Come cliente di questa società ho sempre riconosciuto l’alto valore delle persone che vi lavoravano. Un solo aspetto ho sempre contestato ed Evelyn potrebbe essermene testimone, se fosse ancora qui. Trasparenza. Come cliente io ho sempre chiesto la trasparenza dei modelli utilizzati, perchè è necessario in questo mondo altalenante dei mercati, che i clienti si possano fidare ciecamente del fornitore al quale hanno affidato la gestione dei loro rischi. Non avere un modello trasparente vuol dire non potersi fidare, cercare in tutti i modi di dimostrare che il modello è sbagliato o cercare le falle in quel modello, piuttosto che concentrarsi sui risultati, che alla fine è quello che un Risk Manager vorrebbe e dovrebbe fare. Del resto i fatti mi rendono ragione: se la geniale idea di Evelyn ha potuto andare in porto, per fortuna non spinta fino all’eccesso, è stato solo perchè noi clienti, dall’altra parte, non potevamo accorgercene subito. Lo abbiamo intuito, lo abbiamo sospettato, eppure non ne avevamo la certezza. Una manipolazione così sofisticata non sarebbe stata possibile se avessimo conosciuto il modello sottostante quel calcolo di volatilità, perchè nei nostri controlli quegli sbalzi sarebbero apparsi anche agli occhi meno esperti.

Dunque è questo che io farò. Portare la trasparenza verso i clienti, oltre che, per vizio congenito e puro piacere personale, lavorare ai modelli stessi, per raffinarli e renderli sempre più competitivi.

Grazie a tutti.

L’applauso iniziò non appena Gabriel ebbe finito di parlare. I Consiglieri si alzarono in piedi e per cinque minuti buoni espressero il loro sincero apprezzamento continuando a battere le mani verso di lui.

***

Gabriel si accese una sigaretta, allungò un braccio verso Lauren e se la tirò verso il petto. Adorava restare a chiacchierare, nudi sul letto, dopo aver fatto l’amore.
-         Sei stato davvero splendido stasera, sai Brich?
-         Dici?
-         Ah Ah... ti guardavano tutti come se fossi un extraterrestre...
-         Ma va’... ed io che pensavo ti riferissi a “questa” prestazione...
-         Scemo... no, dài, non sto scherzando... Hai un bel lavoro davanti...
-         Già... devo innanzi tutto ricostruirmi la squadra... Dick andrà in Asia e Marc in Europa. I pochi altri, tutti fedeli a Evelyn, non so quanto mi aiuteranno... Mi ci vorresti tu... accetteresti un’offerta?
-         Vacci piano, Brich... non mi sembra il caso. Vuoi che ti accusino subito di nepotismo?
-         No, hai ragione, non è una buona idea... però sarebbe bello tornare a lavorare insieme, non credi?
-         Brich... forse è meglio che io te stiamo un po’ di meno insieme, non trovi?
-         Perchè?
-         Non so come dirtelo, ma... vedi la storia di Evelyn mi ha fatto molto riflettere. Sembra quasi che tu non ti voglia impegnare. Non abbastanza come io vorrei.
-         Pensavo di averti spiegato la storia di Evelyn... Lauren, io non so cosa provo per te, sono stato sincero su questo. Ma voglio stare con te, questo lo so. Quando non ci sei mi manchi. E’ solo che... non sono il classico marito che torna a casa la sera, si mette in pantofole, ti fa le coccole...
-         Nessun marito è così. Nè io ho mai preteso che tu fossi così, Brich. Ti ho sempre lasciato i tuoi spazi, ho sempre cercato di tirarmi indietro quando capivo che ti stavo chiedendo “troppo”. Ho cercato di accontentarmi di quello che riuscivi a darmi.
-         Non pensavo la stessi vivendo così, Lauren. Deve essere stato un inferno per te.
-         Un inferno? No, Brich, mi hai frainteso. Non era un inferno... Io l’ho sempre fatto con piacere. In fondo anche a me faceva comodo tenere i miei spazi...
-         E allora? Non capisco dove tu voglia arrivare...
-         Evelyn...
-         Ancora Evelyn... E’ morta, Lauren. E’ morta. Si è tolta la vita in un bagno pubblico a fine agosto. Perchè continui a tenerla in vita?
-         Non è lei, Brich, porca miseria non capisci?
-         No, Lauren. Spiegami. Proprio non ci arrivo.
-         E’ il fatto che tu mi abbia tradita, Brich. E’ il fatto che mi abbia mentito, che non ti sia fidato che io capissi. E’ il fatto che tu abbia scelto di andare a letto con lei nonostante stessi con me. E’ stato il torto più grande ed io proprio non riesco a passarci sopra...
-         Lauren, abbiamo appena fatto l’amore. Io non ti capisco...
-         E’ questo il problema, Brich. Io non riesco a rinunciare a te, nonostante tu mi abbia umiliata in un modo che mi ha fatto male. E’ questo legame che io voglio spezzare. Voglio un legame alla pari ed io al momento sono troppo presa da te perchè si possa realizzare.

Gabriel ammutolì. La stava perdendo.

Il cuore iniziò ad accelerare. Sentiva i battiti uno ad uno dentro il petto. Sembravano squarciare la pelle. Gli rimbombavano nel cervello. Non poteva lasciarla andare, non adesso che aveva capito quanto lei contasse per lui. Eppure stava avvenendo e lui non voleva fermarla, non voleva strisciarle ai piedi. Non se lo sarebbe mai perdonato. Così rimase in silenzio, aspirando l’ultima boccata di fumo acre, che gli riempì i polmoni.
Lauren si alzò dal letto. Si rivestì lentamente. Alcune lacrime le scendevano sul viso, ma lei cercava di nasconderle, passandoci velocemente la mano sopra per asciugarle. Gabriel se ne accorse. Le porse un fazzoletto e provò a parlare:
-         Lauren, non farlo. Diamoci un’altra possibilità...

Il cellulare di Lauren squillò. Lauren rispose sottovoce e solo allora Gabriel capì. C’era un altro uomo. Un moto di rabbia lo colse e gli fece superare la fitta di dolore che provava nel petto.
-         Te ne vai, allora? – le chiese con un tono un po’ duro e risentito.
-         Sì, Matthew mi aspetta.
-         Matthew? Quel Matthew?
-         Sì.
-         Hai una storia con lui?
-         No Brich, non ho nessuna storia con lui. Non sono fatta della tua stessa pasta. Io non potrei. Siamo stati insieme all'Università, due anni. Siamo solo molto amici, adesso.
-         Stai insieme a lui, Lauren... Confessa... – rise, trattenendo la rabbia che provava, perchè pensava che Matthew non fosse alla sua altezza e perchè voleva nascondere l'imbarazzo del doversi confrontare con qualcuno che non riteneva un "uomo".
-         Lui prova ancora qualcosa per me e non ha mai avuto paura di dirmelo... Io l'avevo messo da parte perchè credevo in te... in noi, ma è evidente che mi sbagliavo.... Non sono sicura di esserne innamorata... può darsi che lo sia ma in questo momento ho la mente offuscata... In fondo lo sai benissimo anche tu che è meglio così...
-         Non ho mai mentito sul nostro rapporto. Sapevi fin dall'inizio cosa aspettarti...
-         Forse speravo tu cambiassi... O cambiassi io accettando dei compromessi. Ma l'affidabilità non è un compromesso, non può esserlo, Brich. Almeno non per me...
-         Dove andrai, Lauren?
-         Non lo so. Gli ho chiesto di passarmi a prendere. Non ho voglia di restare da sola stasera. Mi mancherai molto e voglio che qualcuno mi fermi quando cercherò di afferrare il telefono per richiamarti.

Gabriel tacque. Quindi si alzò, andò in bagno, aprì l’acqua della doccia e si infilò tra le lastre di cristallo. Poteva giurare che fossero lacrime quelle che gli scendevano sul viso, ma il suo orgoglio gli impediva di crederci davvero. Rimase mezz’ora fermo, con la testa appoggiata contro le piastrelle e gli occhi chiusi, cercando di non pensare a nulla, cercando di scacciare ogni sensazione di dolore dal suo corpo.

Quando uscì dal bagno, si rese conto che nella stanza non c’era più Lauren.

Anche il suo profumo di vaniglia e di arancia era sparito.

Si fermò per un attimo a guardare la porta socchiusa, cercando di decidere cosa fosse meglio fare. Non poteva arrendersi ai suoi sentimenti. Poi chiuse la porta, si tolse l’accappatoio e si rituffò nudo tra le lenzuola, spense la luce, chiuse gli occhi e si addormentò.

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