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12 mar 2013

Il sorriso imperfetto - Capitolo 23

Garrett si svegliò di soprassalto, senza capire se quell’urlo era nato nella sua mente o si era intrufolato attraverso le finestre semiaperte. Si mise a sedere sul letto e al buio si accese una sigaretta. Le luci della sveglia e il chiarore a tratti della sigaretta illuminavano debolmente la stanza. Volse lo sguardo alla sua sinistra e vide la donna nuda al suo fianco, volgare, un po’ sgualdrina, dormire ignara di lui. Ebbe quasi voglia di svegliarla per cacciarla: era in uno di quei momenti in cui saliva sulla torre e da lì osservava il mondo e quando lo faceva, desiderava essere da solo.
Gli capitava spesso di rinchiudersi lassù in alto, nell’unico posto dal quale poteva osservare, tranquillo, il mondo.
Era convinto che la gente fosse vuota e che “perfino le pozzanghere fossero più profonde” della maggior parte delle persone. Aveva pochi amici in fondo e del resto della gente non gliene importava molto. Gli piaceva nascondersi dietro un “ologramma sorridente” che ingannava i più e gli consentiva di osservarli indisturbato, persi dietro piccoli problemi e così miseri nel loro arrabbattarsi quotidiano, che li spinge a correre come formiche in fila indiana, una dietro il solco scavato dall’altra. Non un pensiero in più, non un cenno di vita superiore. Sputano sentenze perchè giudicare è facile quando non si ha voglia di pensare: ci si adegua all’apparenza, senza cercare dietro l’uomo una qualsiasi giustificazione. Piccole bestie che corrono disperati  inseguendo le occasioni perse, senza rendersi conto che forse dietro un’occasione persa c’è un’opportunità più grande o ignorando la semplice verità che se si è persa un’occasione è solo perchè non c’era abbastanza voglia di afferrarla. Bestie al macello, che senza speranza sfuggono alla loro stessa vita, senza sapere che prima o poi, quella stessa vita, da qualche parte, riesce ad acchiapparli.
Guardò ancora la donna e l’impulso di cacciarla fu ancora più forte. Si chiese come aveva potuto permettere che rimanesse da lui, quasi se ne sentiva infastidito. L’amore semplicemente non gli interessava più da un pezzo e lei era ben distante dal suscitargli qualche sentimento che avrebbe potuto volgersi in amore, un po’ volgare nei modi, un po’ puttana nel suo porsi verso gli altri, un po’ oca negli atteggiamenti... ma, si diceva sempre, nemmeno se le tiri il collo un’oca può diventar cigno... Non capiva ancora cosa l’aveva attratta di lei. Forse ci aveva visto qualcosa. Forse era una serata in cui c’era nebbia e aveva visto male. Forse era sbronzo, o semplicemente era solo come un cane.
E comunque gli dava fastidio che dormisse affianco a lui. Spense la sigaretta e se ne andò sul divano. Ne accese un’altra e gli venne in mente l’urlo che l’aveva svegliato. Non sapeva perchè, ma aveva pensato a Lisa. Avrebbe forse dovuto cercare Viola e chiederle come stesse sua madre, ma non l’aveva fatto. Non ne aveva voglia. E allora perchè stava pensando a lei? Di sicuro non era innamorato di Lisa, nè lo era mai stato: l’amore lo aveva lasciato da qualche parte nel profondo del suo animo, per paura o chi lo sa. Capita, a volte, nella vita, che riaffiorino costantemente le paure di errori del passato, antiche ferite ci allertano e ci rendono simili a prede che avvertono la presenza del cacciatore, o semplicemente ci lasciamo intimorire dalla paura che l’amore inghiotta il nostro ordine.
Quando pensava all’amore pensava sempre a Esmeralda, la zingara dalla bellezza esotica, protagonista di Notre Dame de Paris: era convinto che la donna rappresentasse l’amore che mette a repentaglio le esistenze degli uomini, che così alla fine la bruciano, bruciando con lei l’amore che temono.
Rimase così al buio a canticchiare e fumare, guardando gli anelli che dalla sigaretta si levavano come nuvole in buffe forme, su verso il soffitto.
 

QUASIMODO
Bella... La parola Bella è nata insieme a lei
Col suo corpo e con i piedi nudi, lei
E' un volo che afferrerei e stringerei
Ma sale su l'inferno a stringere me
Ho visto sotto la sua gonna da gitana
Con quale cuore prego ancora Notre Dame
C'è qualcuno che le scaglierà la prima pietra?
Sia cancellato dalla faccia della terra!
Volesse il diavolo, la vita passerei
Con le mie dita tra i capelli di Esmeralda
FROLLO
Bella, è il demonio che si è incarnato in lei
Per strapparmi gli occhi via da Dio, lei
Che ha messo la passione e il desiderio in me
La carne sa che paradiso è lei
C'è in me il dolore di un amore che fa male
E non m'importa se divento un criminale
Lei che passa come la bellezza più profana
Lei porta il peso di un'atroce croce umana
O Notre Dame, per una volta io vorrei
Per la sua porta come in chiesa entrare in lei
FEBO
Bella, lei mi porta via con gli occhi e la magia
E non so se sia vergine o non lo sia
C'è sotto Venere e la gonna sua lo sa
Mi fa scoprire il monte e non l'al di là
Amore, adesso non vietarmi di tradire
Di fare il passo a pochi passi dall'altare
Chi è l'uomo vivo che potrebbe rinunciare
Sotto il castigo, poi, di tramutarsi in sale?
O Fiordaliso, vedi, non c'è fede in me
Vedrò sul corpo di Esmeralda se ce n'è
QUASIMODO, FROLLO, FEBO:
Ho visto sotto la sua gonna da gitana
Con quale cuore prego ancora Notre Dame
C'è qualcuno che le scaglierà la prima pietra?
Sia cancellato dalla faccia della terra!
Volesse il diavolo, la vita passerei
Con le mie dita tra i capelli d'Esmeralda
Di Esmeralda
FROLLO:
Io so cos'è la passione
Ma non lo so se è veleno
Io non so più cosa sono
E se ragiono o se sogno
Annego e il mare è lei
Sento i sentimenti miei
Che non ho sentito mai
L'onda che non affrontai
Mi distruggerai, mi distruggerai
E ti maledirò finché avrò vita e fiato
Mi distruggerai, mi distruggerai
Tu mi hai gettato nell'abisso di un pensiero fisso
Tu mi distruggerai, mi distruggerai
Mi distruggerai
Io cado in te, tentazione
E tutto al diavolo va
La scienza e la religione
E virtù e castità
Io guardo un orlo di gonna
E vedo abissi di donna
La gonna gira e mai
Mai per me la toglierai
Mi distruggerai, mi distruggerai
E maledico te perché di te non vivo
Mi distruggerai, mi distruggerai
Ti abbraccio in sogno tutto il giorno e sto, di notte, sveglio
Tu mi distruggerai, mi distruggerai
Mi distruggerai
E quel mio cuore d'inverno
E' un fiore di primavera
E brucia dentro l'inferno
Come se fosse di cera
Sei tu che soffi sul fuoco
Tu, bella bocca straniera
Ti spio, ti voglio, t'invoco
Io sono niente e tu vera
Mi distruggerai, mi distruggerai
E ti maledirò finché avrò vita e fiato
Mi distruggerai, mi distruggerai
Tu mi hai gettato nell'abisso di un pensiero fisso
Tu mi distruggerai, mi distruggerai
Mi distruggerai
Mi distruggerai
Mi distruggerai, mi distruggerai
Mi distruggerai


Si alzò e prese il sax. Mentre apriva la custodia si chiese ancora cosa fosse stata Lisa per lui. Non era stata l’amore, no. Anche se l’aveva lasciata entrare nei giardini sottostanti la torre, le aveva concesso di aggirarsi, di vedere in faccia l’uomo che era. Non le aveva permesso di salirvi, perchè quello era il suo rifugio, il posto dove si riposava, un po’ come il sonno di Merlino.
 
Non era stata l’amore, ma perchè ora stava pensando a lei?
 
Intonò le note di Sax in the City e chiuse il mondo fuori di sé.

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