Chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare dalla musica di quel
violino. Una nota inseguiva l’altra, come piccole fate svolazzanti in quella
foresta magica dove lo Spirito delle Acque suonava allegro il concerto in do
maggiore n.2 di Albinoni. La sua bocca si aprì in un sorriso, mentre notava che
alle piccole fate si erano aggiunti buffi folletti, che giravano intorno ad una
roccia dove una donna era sdraiata ad occhi chiusi. Guardò il suo viso e scoprì
che era lei. Era come vedersi in uno specchio e sentirsi allo stesso tempo
dietro di esso: osservatore e osservato, come in un gioco imprevedibile e
assurdo, di quelli che solo i bambini sanno immaginare.
Improvvisamente la Lisa sdraiata apriva gli occhi e le
piccole fatine afferravano una per una le dita delle sue mani, invitandola ad
alzarsi in piedi. Lei accettava il loro invito e si alzava guardandosi intorno,
ammirando a pieni occhi quella foresta verdeggiante, trafitta da luminosi raggi
di sole, per poi volgere lo sguardo verso l’alto a scorgere, tra le alte fronde
sopra di lei, l’azzurro pieno del cielo. Indossava un abito bianco, che
svolazzava intorno al suo magro corpo avvolgendola come seta ed era a piedi
scalzi sull’erba fresca e bagnata che le solleticava le piante. Lisa avanzò
verso l’acqua, ma al primo contatto con le gelide neve sciolte nel mare, provò
un brivido. Vincendo la pelle che intirizziva a quel palpitare di gocce fredde intorno
al suo corpo tiepido, pian piano si immerse, lasciando che quella linea così
flebile dove l’acqua sfidava l’aria, facesse scomparire lentamente il suo
corpo, bagnando prima la seta che indossava e facendola aderire al suo corpo e
poi sfiorando la sua pelle, che sentiva accarezzata con magica dolcezza. Quando
il suo viso giunse a bagnarsi, Lisa chiuse ancora gli occhi, per riaprirli non
appena fu immersa completamente in quel liquido. Lì, sotto un cielo di acqua, si
sentiva protetta da tutto il mondo che viveva lì fuori: era come se fosse
tornata nel ventre di sua madre, dove nulla avrebbe potuto farle del male. Era
una sensazione ancestrale di sicurezza, che non aveva mai provato da quando i
suoi ricordi erano coscienti.
Norvegian Spirit of the Waters, di Arenosto Amarilli |
Ora la donna che guardava era tutt’uno con se stessa, gli
occhi che esploravano quell’universo subacqueo erano i suoi e sentiva di
volerli perdere dentro lo sguardo dello Spirito delle Acque e lasciarsi
trascinare giù. Così richiuse gli occhi.
Quando li riaprì, le ninfee erano sparite, la musica era
cessata e lo Spirito delle Acque aveva lasciato il posto ad un bambino. Solo il
violino era rimasto.
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