«Il piacere specifico del viaggio non consiste nel poter scendere
durante il tragitto e nel fermarsi quando si è stanchi; sta nel rendere la
differenza tra la partenza e l’arrivo non già la più inavvertita, ma la più
profonda possibile, nel farla sentire nella sua totalità, intatta, qual era in
noi quando la nostra immaginazione ci portava dal luogo dove si viveva fin nel
cuore d’un luogo desiderato, in un balzo che ci sembrava miracoloso più che per
il fatto di valicare una distanza per quello di unire due individualità
distinte della terra, di condurci da un nome a un altro nome.»
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L’amore, dopo l’amore
«Il nostro amore, in quanto
è l’amore di una certa creatura, non è
forse qualcosa di veramente reale, perchè, se associazioni di fantasie
piacevoli o dolorose possono per qualche tempo legarlo a una donna fino a farci
pensare che sia stato ispirato da lei in modo necessario, in compenso, se ci
svincoliamo volontariamente o a nostra insaputa da quelle associazioni,
l’amore, come se fosse invece spontaneo e provenisse solo da noi, rinasce per
dedicarsi a un’altra.»
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«Avevo già imparato che qualunque
cosa potessi amare, l’avrei raggiunta solo al termine d’un inseguimento
doloroso nel corso del quale avrei dovuto, prima di tutto, sacrificare il mio
piacere a quel bene supremo, invece di cercarvelo.»
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«Di solito viviamo con il nostro
essere ridotto al minimo, e la maggior parte delle nostre facoltà restano
addormentate, riposando sull’abitudine, che sa quel che c’è da fare e non ha
bisogno di loro.»
«Una rinuncia non è sempre totale
da principio, quando la decidiamo con la nostra vecchia anima e prima che per
reazione la rinuncia stessa abbia agito su di noi.»
«Si può avere simpatia per una
persona. Ma per scatenare quella tristezza, quel sentimento d’irreparabile,
quelle angosce, che preparano l’amore, ci vuole – ed è forse questo, più che
una persona, l’oggetto stesso che la passione cerca ansiosamente di attingere –
il rischio di una impossibilità.»
«Quando siamo innamorati di una
donna, proiettiamo semplicemente in lei uno stato della nostra anima; che, di
conseguenza, l’importante non è il valore della donna, ma la profondità dello
stato d’animo; e che le emozioni che una ragazza mediocre ci dà possono
permetterci di far risalire alla nostra coscienza parti più intime di noi
stessi, più personali, più lontane, più essenziali, di quanto non farebbe il
piacere che ci dà la conversazione di un uomo superiore o anche la
contemplazione ammirata delle sue opere.»
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«Quando un animo è portato al
sogno, non bisogna tenernelo lontano, razionarglielo. Finché distoglierete il
vostro animo dai suoi sogni, esso non li conoscerà; sarete il trastullo di
mille apparenze, perché non ne avrete compreso la natura. Se un po’ di sogno è
pericoloso, quel che ce ne guarisce non è il sognar meno, ma di più, è tutto il
sogno. Bisogna conoscere interamente i propri sogni per non soffrirne più; c’è
una certa separazione fra il sogno e la vita che è spesso così utile fare che
mi domando se non si dovrebbe in ogni caso effettuarla preventivamente, come
certi chirurghi sostengono che sarebbe necessario, per evitare la possibilità
di un’appendicite futura, togliere l’appendice a tutti i bambini.»
«Le variazioni dell’importanza
che hanno ai nostri occhi un dolore o un piacere possono non dipendere soltanto
da quell’alternarsi dei due stati, ma dallo spostamento di convinzioni
invisibili, che per esempio ci fanno apparire indifferente la morte perché vi
irradiano sopra una luce d’irrealtà, e ci permettono così di attribuire
importanza ad una serata musicale che perderebbe la sua attrattiva se,
all’annuncio che stiamo per essere ghigliottinati, la convinzione che colora
quella serata si dissipasse d’un tratto. Questa parte rappresentata dalle
convinzioni, è vero che qualcosa in me la conosceva: la volontà; ma essa la
conosce invano, se l’intelligenza e la sensibilità continuano ad ignorarla;
queste sono in buona fede quando credono che abbiamo voglia di lasciare
un’amante alla quale solo la nostra volontà sa che noi siamo attaccati, perché
esse sono oscurate dalla convinzione che la ritroveremo fra un istante. Basta
che questa convinzione si dissipi, ch’esse apprendano d’un tratto che
quell’amante è partita per sempre, perché l’intelligenza e la sensibilità, perduto
il loro equilibrio, siamo come pazze, e il minimo piacere cresca all’infinito.
Variazione di una convinzione, inconsistenza dell’amore anche, il quale,
preesistente e mobile, si ferma all’immagine di una donna semplicemente perché
quella donna sarà quasi impossibile a raggiungersi. Da allora si pensa non
tanto alla donna, che ci si rappresenta difficilmente, quanto ai mezzi di
conoscerla. Tutta una successione di angosce si svolge e basta fissar eil
nostro amore su quella che ne è l’oggetto quasi ignoto a noi. L’amore diventa
immenso, noi non pensiamo quanto poco posto vi abbia la donna reale. E se, d’un
tratto, cessiamo d’essere inquieti, di provare angoscia, poiché proprio questa
è tutto il nostro amore, sembra improvvisamente che esso sia svanito nel
momento in cui teniamo infine la preda, al cui valore non abbiamo pensato
abbastanza. [...] Da quando avevo visto Albertine, avevo fatto ogni giorno, su
di lei, migliaia di riflessioni, avevo svolto, con quel che chiamavo lei, tutto
un discorso interiore, in cui le facevo domandare, rispondere, pensare, agire;
e, nella serie indefinita di Albertine immaginate che si succedevano in me ora
per ora, l’Albertine reale, scorta sulla spiaggia, non compariva che in testa,
come in una lunga serie di rappresentazioni, la “creatrice” di una parte, la
“stella”, appare soltanto nelle prime. Quell’Albertine era soltanto una sagoma;
tutto quel che vi si era sovrapposto era opera mia, tanto nell’amore gli
apporti che vengono da noi hanno il sopravvento – anche a mettersi solo dalla
visuale della quantità – su quelli che vengono dall’essere amato.E questo è
vero degli amori più reali. Ve ne sono alcuni che possono non soltanto
formarsi, ma sussistere intorno a ben poca cosa, e anche fra quelli che hanno
avuto la loro sodisfazione carnale.»
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«Una certa somiglianza esiste,
pur evolvendosi, tra le donne che amiamo successivamente: somiglianza dovuta
alla fissità del nostro temperamento, dato che è lui a sceglierle, eliminando
tutte quelle che non ci sarebbero a un tempo opposte e complementari, cioè atte
ad appagare i nostri sensi e a far soffrire il nostro cuore. Sono, queste
donne, un prodotto del nostro temperamento, un’immagine, una proiezione
rovesciata, una “negativa” della nostra sensibilità.»
«Conosciamo il carattere di
coloro che ci sono indifferenti, ma come potremmo afferrare quello di un essere
che si confonde con la nostra vita, che presto non separiamo più da noi stessi,
sui moventi del quale non cessiamo di fare ansiose ipotesi, continuamente
rimaneggiate?»
Ricordi
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«I ricordi d’amore non fanno
eccezione alle leggi generali della memoria, rette a loro volta dalle leggi più
generali dell’abitudine. Siccome questa affievolisce tutto, quel che meglio ci
rammenta una persona è proprio ciò che avevamo dimenticato. Ecco perchè la
parte migliore della nostra memoria è fuori di noi, nel soffio di un vento di
pioggia, nell’odor di rinchiuso d’una camera o nell’odore d’una prima fiammata,
dovunque ritroviamo di noi stessi quel che la nostra intelligenza, non sapendo
come impiegarlo, aveva disprezzato: l’ultima riserva del passato, la migliore,
quella che, quando tutte le nostre lagrime sembrano esaurite, sa farci piangere
ancora. Fuori di noi? In noi, per meglio dire, ma sottratta ai nostri stessi sguardi,
in un’oblio più o meno prolungato. Solo grazie a quest’oblio possiamo di tanto
in tanto ritrovare l’essere che fummo, situarci di fronte alle cose, così
com’era situato quell’essere, soffrire di nuovo, perché non siamo più noi, ma
lui, e perché egli amava ciò che a noi adesso è indifferente. Nella piena luce
della memoria abituale le immagini del passato impallidiscono a poco a poco, si
cancellano, non ne rimane più nulla, non le ritroveremo più.»
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«La filosofia parla spesso di
atti liberi e di atti necessari. Forse non ve n’è nessuno più completamente
subito da noi di quello che, in virtù di una forza ascensionale compressa
durante l’azione, fa, quando il nostro pensiero è in riposo, risalire così un
ricordo livellato agli altri dalla forza oppressiva della distrazione, e lo fa
slanciarsi, perché a nostra insaputa esso conteneva più degli altri un fascino
di cui ci accorgiamo soltanto ventiquattr'ore dopo. E forse anche non v’è atto
più libero, perché è ancora sprovvisto di abitudine, di quella specie di mania
mentale che, nell’amore, favorisce il rinascere esclusivo dell’immagine di una
data persona.»
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«Sbadiglia in anticipo di noia un
letterato cui si parli di un nuovo “bel libro”, perchè immagina una specie di
composto di tutti i bei libri che ha letti, mentre un bel libro è particolare,
imprevedibile, e non è fatto della somma di tutti i capolavori precedenti, ma
di qualcosa che l’aver perfettamente assimilato quella somma non basta davvero
a far trovare perché è appunto fuori di essa. »
«Coloro che credono durevoli le
loro opere prendono l’abitudine di situarle in un tempo in cui essis tessi non
saranno più che polvere. E così, costringendoli a pensare al nulla, l’idea
della gloria li rattrista, perché è inseparabile dall’idea della morte.»
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«Nello stato d’animo in cui si“osserva” si è molto sotto il livello su cui ci si trova quando si crea.»
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«L'intelligenza lascia scorrere
la catena dei giorni passati, conservandone con forza solo l'ultimo capo,
spesso di un metallo totalmente diverso dagli anelli scomparsi nella notte, e
nel nostro viaggio attraverso la vita, non considera come reale che il paese in
cui ci troviamo attualmente»
Adolescenza
«La caratteristica della ridicola
età che stavo traversando – età tutt’altro che ingrata, molto feconda – è di
non consultare l’intelligenza e di credere che i menomi attribuiti degli esseri
siano parte indivisibile della loro persona. Tutti circondati di mostri e di
dèi, non si conosce la calma. Dei gestii compiuti in quegli anni, quasi non ve
n’è uno che più tardi non vorremmo sopprimere, mentre ciò che invece dovremmo
rimpiangere è di non possedere più la spontaneità che ce li faceva compiere.
Più tardi si vedono lel cose in modo più pratico, pienamente conforme a quello
del resto della società, ma l’adolescenza è il solo tempo in cui si sia
imparato qualcosa.»
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«Per la maggior parte, i volti
stessi di quelle fanciulle si confondevano in quel rossore diffuso dell’aurora,
da cui non erano ancor sorti i lineamenti veri. Non si vedeva che un colore
incantevole, sotto al quale quello che sarebbe stato fra qualche anno il
profilo non si distingueva ancora. [...] Ma quelle stesse gentilezzo, dopo una
certa età, non adducono più morbide fluttuazioni su un viso che le lotte dell’esistenza
hanno indurito, reso per sempre combattivo o estatico. L’uno – per la forza
continua dell’obbedienza che sottomette la sposa allo sposo – sembra, piuttosto
che il volto di una donna, quello di un soldato; l’altro – scolpito dai
sacrifici cui ha acconsentito ogni giorno la madre per i suoi figli – è quello
di un apostolo. Un altro ancora, dopo anni di traversie e di tempeste, è il
viso di un vecchio lupo di mare, in una donna di cui soltanto gli abiti
rivelano il sesso. E, certo, le gentilezze che una donna ha per noi possono
ancora, quando l’amiamo, disseminare di nuovi incanti le ore trascorse con lei;
ma essa non è successivamente per noi una donna diversa. La sua allegria rimane
estranea a un volto immutato. Ma l’adolescenza è anteriore alla solidificazione
assoluta: ecco perché, accanto alle fanciulle, sentiamo quella freschezza che
dà lo spettacolo delle forme che mutano senza posa, in una opposizione
instabile che fa pensare a quella perpetua creazione degli elementi primordiali
della natura che contempliamo davanti al mare.»
Il sé
«Ciascuno dei nostri amici ha
talmente i propri difetti che, per continuare a volergli bene, siamo costretti
a uno sforzo per consolarci di essi pensando al suo ingegno, alla sua bontà, al
suo affetto o, piuttosto, a ricorrere a tutta la nostra buona volontà per non
tenerne conto. Purtroppo, la nostra compiacente ostinazione a non vedere il
difetto dell’amico è inferiore a quella con cui egli vi si abbandona, a causa
della sua cecità e della cecità che attribuisce agli altri. Perchè il suo
difetto egli non lo vede, o crede che gli altri non lo vedano. Siccome il
rischio di dispiacere deriva soprattutto dalla difficoltà di capire che cosa
passa o che cosa non passa inosservato, si dovrebbe almeno per prudenza non
parlare mai di sé, perché è un tema sul quale si può esser certi che la vista
degli altri e la nostra non concordano mai. Se quando si scopre la vera vita
degli altri, l’universo reale sotto l’universo apparente, si hanno le stesse
sorprese che nel visitare una casa dall’aspetto qualsiasi e interamente piena
di tesori, di grimaldelli e di cadaveri, non meno stupiti si resta se, in luogo
dell’immagine che ci si era fatti di noi stessi grazie a quello che ognuno ce
ne diceva, si apprende dal linguaggio usato dagli altri nei nostri confronti in
nostra assenza quale immagine del tutto diversa portino in sé di noi e della
nostra vita. [...] Il meno che si rischi è di infastidire con la sproporzione
che c’è tra il concetto che abbiamo di noi stessi e le nostre parole:
sporporzione che rende, di solito, i discorsi degli uomini su di sé altrettanto
risibili dei canterellii dei falsi amatori di musica, i quali provano il
bisogno di accennare un motivo che amano, compensando lì’insufficienza del loro
mormorio inarticolato con una mimica energica e un’aria ammirativa per niente
giustificata da quel che ci fanno udire. E alla cattiva abitudine di parlare di
sé e dei propri difetti bisogna aggiungere l’altra, che fa blocco con essa, di
denunciare negli altri difetti esattamente analoghi ai nostri. [...] D’altronde
sembra che la nostra attenzione, sempre attratta da ciò che ci caratterzza, lo
noti negli altri più di qualsiasi altra cosa. [...] Ma non solo quando parliamo
di noi crediamo gli altri ciechi; ci comportiamo come se fossero tali. Per
ognuno di noi esiste un dio speciale che gli nasconde o gli promette
l’invisibilità del suo difetto, così come chiude gli occhi ed il naso delle
persone che non si lavano sull’orlatura di sporcizia che hanno agli orecchi e
sull’odor di sudore che mandano dalle ascelle, e le persuade che possono
impunemente portare a spasso l’una e l’altro in società senza che nessuno se ne
accorga.»
«Non si riceve la saggezza,
bisogna scoprirla da sé, dopo un tragitto che nessuno può fare per noi, né può
risparmiarci, perché essa è una visuale sulle cose. Le vite che ammirate, le
attitudini che giudicate nobili, non sono state predisposte dal padre di
famiglia o dal precettore; sono state precedute da esordi ben diversi, hanno
subito l’influsso del male o della banalità che regnavano intorno a loro.
Rappresentano una lotta e una vittoria. Comprendo che l’immagine di quel siamom
mstati n un primo periodo non sia più riconoscibile e sia in ogni caso
sgradevole. Non va però rinnegata, perché è una prova che abbiamo veramente vissuto,
che, secondo le leggi della vita e dello spirito, abbiamo tratto dagli elementi
comuni della vita.»
sap_by_mythrime-d32btj0.jpg www.deviantart.com |
«Noi non siamo simili a
costruzioni cui si possano aggiungere pietre dall’esterno, ma a piante che
traffono dalla loro propria linfa il nodo successivo del loro fusto, il piano
superiore del loro fogliame.»
Wrinkles_by_jbachelet.jpg www.deviantart.com |
«I lineamenti del nostro viso non
sono che gesti divenuti per l’abitudine definitivi. La natura, come la
catastrofe di Pompei, come una metamorfosi di ninfa, ci ha immobilizzati nel
movimento usuale. Allo stesso modo le nostre intonazioni contengono la nostra
filosofia della vita, quel che la persona si dice ogni momento sulle cose.»
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