La campana di vetro
Il
racconto La campana di vetro è molto
interessante da un punto di vista letterario e anche psicologico. Sylvia
racconta la sua vita a partire da una vacanza premio a New York presso la
redazione di un giornale di moda. La voce narrante, alter ego dell'autrice, è
Esther diciannovenne brillante e particolare. Il tono in cui il romanzo è
scritto potrebbe far pensare a Chiedi alla polvere o al Giovane Holden,
soprattutto nella parte iniziale. Poi però quella che sembra una ragazza
ribelle alle regole della società borghese si manifesta come una ragazza crocefissa
da queste regole. La sua salute mentale subisce un duro colpo quando una scuola
di scrittura la rifiuta, il suo primo insuccesso. Esther è una ragazza
intelligente ma insicura. Dentro di sè pensa di essere un bluff e si sente
inadeguata. Forse non è davvero così intelligente, così brava come è sempre
riuscita a far credere a tutti, teme. L'episodio del corso di chimica da cui
riesce a essere esonerata (bluffando) lo dimostra. E' molto studiosa, troppo
per una persona davvero intelligente, così studiosa che non è mai vissuta,
dunque i suoi racconti sono artificiosi ai suoi stessi occhi e a quelli della
scuola di scrittura da cui è rifiutata. Tutte queste insicurezze, insieme a
quelle sul suo aspetto (troppo alta, troppo magra) emergono poco a poco. Ma la
difficoltà maggiore di Esther sta nelle relazioni con gli altri. Nel racconto
Sylvia introduce una serie di persone in relazione con Esther: il fidanzato
Buddy, la madre, le amiche. Colpisce il fatto che Esther metta una barriera con
tutti. A dispetto della sua grande sensibilità sembra irraggiungibile e sembra
che gli altri siano irraggiungibili per lei. Non mostra empatia, affetto verso
nessuno. Prova ad avvicinare amiche (Doreen) o ragazzi ma senza mai essere
vicina a loro. Il problema della sua verginità fisica è in realtà quello della
sua verginità mentale, della sua anaffettività. Non le piacciono i bambini,
dice. Anche il fatto che cerchi uno sconosciuto per togliersi il dente della
verginità sottolinea come sia arduo per lei provare sentimenti. C'è un blocco
dell'affettività legato alla morte del padre e al terrore di legarsi a qualcuno
e perderlo come succederà davvero alla scrittrice anche se nella vita e non in
questo racconto. Probabilmente Sylvia ha anche dei sensi di colpa legati alla
lunga malattia del padre, al fatto che lui abbia rifiutato ogni cura per
lunghissimo tempo.
Sylvia ci descrive un deserto umano intorno a
Esther, non perchè non ci sia nessuno vicino a lei quanto perchè tra lei e gli
altri c'è il muro, la famosa campana di vetro dentro la quale Esther inizia a
soffocare e a morire.
Interessante anche la figura del doppio di
Esther, (che lei odia), la sua migliore amica Joan. Curioso che proprio
Esther/Sylvia che studia il doppio nella letteratura, in Dosto., poi introduca
un doppio anche nel suo racconto. Joan rappresenta la sua parte nera, dice. E
Joan farà la fine che la sua parte nera pretende di fare. Così il lettore si
trova a vivere i due finali, il suicidio di Joan e la guarigione di Esther.
Colpisce come in tante pagine in cui ci sono
incontri, feste, amiche, fidanzati le esperienze più emozionanti e le righe più
belle e suggestive sono sempre quelle legate ai tentativi di suicidio.
Bellissima la descrizione di Esther che si
butta a capofitto sugli sci lungo una discesa a velocità folle. Rende l'idea di
che grande magnete sia stata per lei la morte.
Nella parte finale del racconto è descritta la
guarigione di Esther, legata alla cura azzeccata, e più probabilmente al
rapporto estremamente positivo con la dottoressa Nolan. La dottoressa è l'unico
personaggio descritto con tenerezza e con profondo affetto. L'unico personaggio
a colori tra tante figure in bianco e nero. La Nolan crede in Sylvia, la tratta
con grande affetto e grazie alla sua fiducia generosa, alla sua positività
riesce (credo meglio dell'elettroshock) a dare a Esther/Sylvia la spinta
propulsiva verso la vita
Citazioni da La campana di
Vetro
"Se nevrotico vuol dire desiderare
contemporaneamente due cose che si escludono a vicenda, allora io sono
nevrotica all’ennesima potenza. Volerò su e giù dall’una all’altra per il resto
dei miei giorni"
"Lasciami volare con te"
Ma
al momento buono, la pelle dei polsi sembrava così bianca e indifesa che non me
l’ero sentita. Era come se la cosa che volevo uccidere non fosse in quella
pelle e nella sottile vena azzurra che sentivo pulsare forte sotto il mio dito,
ma altrove, in un luogo più profondo, più segreto, e molto più difficile da
raggiungere.
Non
è vero che bisogna essere in due per ballare, ne basta uno.
Sylvia Plath
(Boston, 27 ottobre 1932 – Londra, 11 febbraio 1963) è stata una poetessa e scrittrice statunitense.
Conosciuta principalmente per le sue poesie, ha anche scritto il romanzo semi-autobiografico La campana di vetro (The Bell Jar) sotto lo pseudonimo di Victora Lucas. La protagonista del libro, Esther Greenwood, è una brillante studentessa dello Smith College, che inizia a soffrire di psicosi durante un tirocinio presso un giornale di moda newyorkese. La trama ha un parallelo nella vita di Plath, che ha trascorso un periodo presso la rivista femminile Mademoiselle, successivamente al quale, in preda a un forte stato di depressione, ha tentato il suicidio.
Assieme ad Anne Sexton, Plath è stata l'autrice che più ha contribuito allo sviluppo del genere della poesia confessionale, iniziato da Robert Lowell e William De Witt Snodgrass. Autrice anche di vari racconti e di un unico dramma teatrale a tre voci, per lunghi periodi della sua vita ha tenuto un diario, di cui sono state pubblicate le numerose parti sopravvissute. Parti del diario sono invece state distrutte dall'ex-marito, il Poeta Laureato inglese Ted Hughes, da cui ebbe due figli, Frieda Rebecca e Nicholas. Morì suicida all'età di trent'anni.
(Wikipedia)
Nessun commento:
Posta un commento