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21 feb 2012

La strega e il poeta


L’antro era cupo e non del tutto invitante. Un odore di natura imprecisata spirava attraverso la roccia e doveva averla pervasa tutta della propria acredine attraverso i secoli.

Briareo, il Poeta, si avvicinò all’ingresso della caverna cercando un modo per farsi annunciare a Megan, ma non sapendo come fare, avventurò i suoi passi sul terreno roccioso, uno dopo l’altro, fino a percorrere tutto il piccolo sentiero che dal cielo azzurro conduceva a quel soffitto di pietre grigie.

Strega Megan era intenta a girare il suo pentolone nero, un intruglio preparato di prima mattina, come sua Maestà Re Bartolomeo aveva ordinato da qualche giorno, per curare la gelosia di sua moglie, la Regina Genoveffa. Odiava fare quel tipo di pozioni, ma lei che era specializzata in pozioni di invidia e gelosia, sapeva pur far bene gli antidoti e per il Re faceva sempre volentieri un’eccezione.

Fu distratta da un interrompersi del fluire del vento tra i suoi capelli, e comprese che qualcuno era all’ingresso del suo antro. Rimase ferma un attimo ad ascoltare il profumo ed il passo umano e dedusse che era il Poeta, venuto a prendere la pozione per il Re, e lo apostrofò con un benvenuto:

«Vieni avanti, Briareo il Poeta. Avremo da fare quattro chiacchiere, perchè la pozione non è ancora pronta!»

« Vedi Megera in gran faccenda, vedi / le sue sorelle orribilmente allegre ir / preparando i mantici e le incudi » le rispose Briareo, per stuzzicarla un po’.  

Il Poeta Briareo non conosceva bene Strega Megan, ma quelle poche volte che l’aveva incontrata aveva sentito subito una strana attrazione verso di lei ed aveva indagato presso la corte, scoprendo che in realtà il suo nome derivava dal greco Μεγαιρα, "l'invidiosa" ed era solo un soprannome più leggero di quello che in realtà avrebbe dovuto portare, Megera, quello stesso nome che identificava una delle Erinni, nate dal sangue di Urano, fuoriuscito dalla ferita inferta da suo figlio Crono. L’aveva seguita da lontano, era riuscito a scoprire molto di lei, eppure molto ancora le sfuggiva. Quelle “chiacchiere” che Strega Megan annunciava erano dunque l’occasione propizia per stuzzicarla ancor di più e far venire fuori il suo vero carattere. Si sarebbe divertito e ne avrebbe tratto fuori una bella storia per allietare le serate del suo Re. Quindi coltivò il primo affondo...

«Salute a te, Strega Megan. Come stanno Aletto e Tisifone? Avete scoperto poi di chi siete figlie, di Urano o della Notte?» le disse, ammiccando alla famosa diatriba su chi fosse il padre delle tre Erinni.

«Poeta screanzato, come osi giungere qui nel mio antro a offendermi? Non sono Megera, come tu insinui e tu lo sai. Sono gallese di origine ed il mio nome vien da Margherita e vuol dire “Perla”, dunque son più nobile di quel che tu credi!»

«Dimentichi ch’io son Briareo, gigante figlio di Urano, nato dallo stesso sangue, dalla stessa ferita che Crono gli inflisse, dalla quale sei nata tu. Saprò, dunque, se sei mia sorella, no?»

«So chi sei, Briareo il poeta. Sei colui le cui parole giungono a me comunque, attraverso il vento. Ti ascolto ogni sera, al tramonto, quando dall’ultima stanza in alto del castello, provi i verseggi per le tue molte amanti. Conosco quanto struggente sia il tuo dolore e quanto palpitante possa essere il tuo amore. Se io fossi Megera, è vero, avremmo natali affini... ma non lo sono...»

«Già, piccola strega, è quello che io speravo, perchè nel caso dovrei ucciderti, lo sai....» disse Briareo e si soffermò a guardare Strega Megan che continuava a girare il mestolo.

Strega Megan gli voltava le spalle e tutta diversa era rispetto all’immagine che delle Erinni Briareo si figurava, geni alati con la bocca urlante, serpenti nei capelli, con in mano torce, fruste, carboni o tizzoni ardenti. Lei era tutt’altro. Era bellissima, con i suoi capelli neri e ricci che si scomponevano lungo la sua schiena, coperta solo da un manto avvolgente nero, aperto proprio al centro del suo corpo, dove immaginava, o gli pareva di intravvedere, la pelle bianca che solcava le piccole ossa della spina dorsale e scendeva appena sui fianchi, lì dove il manto tornava a coprire il suo corpo.

Immaginava di avvicinarsi alle sue spalle e di afferrarla sui fianchi, spingere via il manto e baciarle la bianca pelle. Voleva affondare le sue mani sporche di inchiostro e poesia in quei capelli, perdersi appoggiando il suo capo sulle spalle, abbandonarsi a lei, completamente. Era una donna non comune e non era solo perchè da tutti era considerata una strega, di quelle più malvage e perfide. C’era qualcosa in lei, nel suo sguardo profondo, nelle sue iridi viola che taglieggiavano le sue pupille nere come la pece, che era capace di penetrare nel più profondo intimo del suo cuore, rimestare le sue emozioni e sollevare quanto di più infangante ci fosse. La desiderava in un modo viscerale come non gli era mai capitato, a lui, un Poeta, abituato a navigare nella purezza dei sentimenti più eterei, a volar con i gabbiani,  a superare le cime delle montagne per un amore o a crollare fino al centro della terra per un dolore. Con lei no, non c’era un sentimento profondo nè l’astrazione dell’anima. Era solo una passione, una passione di pelle, un desiderio viscerale e insopprimibile, “quel desiderio” che lo ossessionava, da quanto? Dieci, cento, mille anni? Se quella storia dei loro nomi era vera e entrambi discendevano dallo stesso sangue di Urano, allora nemmeno secoli e millenni potevano misurare da quanto tempo la desiderasse. Ma lei era lontana, chiusa chissà dove, perduta in quale mondo, solitaria nel suo antro, dove a pochi, e lui era uno degli eletti, era concesso entrare.

«Quale nuove mi porti dal mondo, Poeta?» gli chiese Strega Megan, girandosi appena verso di lui.
«A te cosa interessa? Sei sempre chiusa qui, non mi sembra il tuo sguardo si volga altrove con interesse, anche se dubito della tua solitudine.»
«Sei impertinente, oggi, Poeta. Perchè mi stuzzichi? Sai che è pericoloso combattere quando non sai quali armi potenti ha l’avversario?»
«Le tue armi potenti sarebbero le pozioni che prepari nel tuo pentolone?» osò in una risata il Poeta.

Strega Megan lo guardò. Penetrò nei suoi occhi azzurro del cielo e cercò l’origine di tanto coraggio. Lui, il Poeta, sembrava schivare ogni tentativo che Megan faceva per allontanare gli uomini da sé. Sentiva in lui un desiderio profondo che la spaventava. Lei non sapeva amare, nè desiderare qualcun altro: nessuno aveva insegnato a lei come si potesse fare. La sua infanzia era stata tra la vendetta ed il pianto, la sua adolescenza era stata coperta di invidia e gelosia ed era cresciuta così, senza conoscere altri sentimenti, vedendoli, studiandoli negli altri, ma da lontano, come in uno spettacolo di teatro dove vedi altri da te e senti che in quei panni non ti ci ritroverai mai, che non son fatti per adattarsi nè al tuo corpo, nè alla tua anima. Certo, poteva suscitare gelosie e invidie che avrebbero indotto il Poeta a starle lontana, ma cosa ci avrebbe guadagnato in fondo? Oramai, alla sua età e dopo anni e anni che rimestava pozioni per qualcun altro, aveva anche voglia di scoprire qualche sentimento nuovo. Così alzò la testa dal pentolone, si girò completamente verso di lui e lo guardò.

«Vorresti aiutarmi a superare la mia solitudine, Briareo? Non hai paura di me, Poeta?» gli disse, fermandosi ad ascoltare poi ciò che si aspettava fosse la sua risposta.
«Non temo nulla, Megera.»
«Non hai paura di innamorarti di me?»
«Avrei, nel caso, solo seguito il mio cuore. Perchè dovrei avere paura di te?»
«Perchè conosco abbastanza l’animo umano per farmi travolgere dai suoi stupidi sentimenti e quindi, una volta innamorato, cosa ne sarebbe di te, saresti solo uno straccio buttato in terra a morderti il cuore per il dolore e la sofferenza. Ne varrebbe la pena, Poeta?»
«Ogni emozione di cui io godo, ogni alito di vita che respiro, ogni sentimento che non attraversa indenne la mia anima. Di questo io vivo. E se riuscirò a strapparti anche soltanto una vibrazione, Megera, avrò vinto.»
«Vuoi dunque la guerra, Poeta?» disse Strega Megan, rivolgendosi verso il pentolone per girare il composto nero e squamoso che ribolliva dentro.
«Io vorrei la pace. Ma se per strapparti quella vibrazione devo combattere con te, sono disposto alla guerra.» le rispose il Poeta e pensò che una vibrazione l’aveva già strappata lei a lui, appena prima, quando il suo pensiero si era insinuato sotto il manto per baciarle la pelle.
«Potresti, cioè... saresti disposto a insegnarmi a... baciare?» disse Megan con evidente imbarazzo.

Briareo il Poeta rise e rise di gusto, quasi rischiando di offendere Strega Megan.
«Tu. Tu la strega dell’Invidia, della Gelosia... Tu mi vuoi fare credere di non aver mai baciato nessuno? No... stai mentendo, piccola strega... dove vuoi portarmi?»
«Perchè Poeta impertinente vorresti insinuare che io stia mentendo? No! Non ho mai baciato! In tutti questi secoli gli uomini si sono allontanati da me per paura di quello che potevano scoprire... Sono Strega Megan, la vecchia Megera, cosa vuoi? Invidia, gelosia... mica sono quella fortunella di Venere, che tutti le vanno dietro sbavando come disperati... »
«Scusami se rido, streghella... ma davvero sei buffa. La strega che prepara pozioni per innamorati che vogliono rendere gelose le proprie amanti o per Re fedifraghi incalliti che vogliono sminuire la gelosia delle loro mogli... Tu, proprio tu, non ha mai assaporato un bacio... un bacio... quel che qualche letterato che non conosci aveva definito “l’apostrofo rosa tra le parole T’AMO”,  un bacio... quel che per altri, insieme alla carezza, può “distinguere l’amore degli uomini dalla foia delle bestie”. E dunque tu, streghella, non lo conosci?»

Megan si imbronciò come una bambina, buttò il cucchiaio affianco al pentolone, stufa di girare e girare la pozione e si piantò di fronte al Poeta.
«Adesso mi dai un bacio.»

Briareo non se lo fece dire due volte. Quanto aveva desiderato poggiare le sue labbra su quelle rosee e morbide di Megan, sentire la sua pelle setosa accarezzargli le labbra e sentirla vibrare sotto di sé. Si avvicinò dunque in punta di piedi, l’afferrò con la forza del suo desiderio, ponendole la mano dietro la schiena e tirandola verso di sé per sentire il corpo aderire al suo e infine appoggiò le labbra e la sensazione di sfiorare un velluto morbido lo travolse, mentre la passione lo spinse a baciarla sempre più nel profondo, per poi spostarsi sul collo, fino all’incavo dove collo e spalla giocano a nascondino.

Quando Briareo aveva appoggiato le sue labbra sulla sua bocca, Megan aveva sentito come “una colata di miele, che era discesa dritta nello stomaco, glielo aveva afferrato, stretto, torto e rilasciato, per poi risalir su al cervello, dove era esploso in mille colori. “ Lo aveva letto da qualche parte, qualcuno della razza dei poeti lo aveva scritto in uno di quei manuali che lei aveva consultato per studiare l’animo umano e suscitarvi la gelosia. Ma mai avrebbe giurato che potesse essere vero ed ora, che quel miele scendeva nel suo stomaco e risaliva nel suo cervello, credeva di non poterlo reggere davvero e volle fermarlo e lo fermò lì, mentre la sua bocca stava per soffermarsi sulla spalla, sul limite dove il manto nero la copriva.

«Sì, sì adesso ho capito, ho capito può bastare...» disse Megan, spingendo via da sé Briareo, che rimase un po’ deluso di quella reazione. «Ho avuto un’idea...»
«Non è che il principio, Megan... c’è molto di più... se tu mi lasciassi fare...» osò dire Briareo.
«Oh Poeta, sai che non posso... Era solo curiosità, la mia, tutto qui. Cu-rio-si-tà, non farti strane idee... Adesso via, vai a farti un giro, la pozione non sarà pronta prima di domani... torna con calma...»
«Cioè... vuoi che vada via?»
«Sì, non puoi restare qui...»

Briareo si allontanò poco convinto. Cos’era successo? Aveva forse sbagliato a baciarla? Aveva fatto una brutta figura? Oh, non era possibile, nessuna si era mai lamentata dei suoi baci, nè che fossero troppo pieni di saliva, nè che fossero troppo lunghi da togliere troppo il respiro, nè che passasse una quantità di desiderio troppo superiore a quello che ... oh! Quante banalità! La verità era che Megan l’aveva cacciato dal suo antro e non le aveva nemmeno spiegato il perchè...

Decise perciò di non tornare a casa, ma di rimanere nei pressi dell’antro, per spiare Megan e scoprire se avesse un amante o un amore o qualsiasi cosa che potesse giustificare il suo comportamento. Si pose così nei pressi di un albero che lo nascondeva alla vista, nel caso in cui la strega fosse uscita nella foresta e tirò fuori un pezzo di carta sul quale buttò giù le prime parole che il suo cuore gli spinse in mano:

Era nuda
nell' oscurità,
le sue mani fredde
come pesci luminosi
sulle mie spalle:
i suoi fianchi
fiamme rifulgenti
sotto le due lune
dai suoi seni.

Fu verso sera che un rumore spinse Briareo a staccar la schiena dalla corteccia cui si era assuefatto. Esso proveniva da dentro l’antro, ma non era sicuro di cosa fosse e quindi provò, lentamente, a entrare, cercando di non far percepire la sua presenza a Megera. Forse Megera era in dormiveglia o comunque i suoi sensi non dovevano essere svegli come la mattina, quando il suo primo passo attraverso l’antro della caverna, le aveva già annunciato il noto visitatore. Briareo riuscì ad arrivare alla fine di quel corridoio, mentre quel suono gli giungeva sempre più familiare e ritmato, come fosse un pianto, come fosse un singulto tra due lacrime, una interruzione del respiro tra un singhiozzo ed un altro. E quando la luce del fuoco acceso al centro dell’antro gli perforò la pupilla, vide Strega Megan in ginocchio, con la testa verso terra e le sue spalle che sussultavano.

Le si accostò da dietro, con cautela. Il suo pianto le aveva annebbiato ogni sensazione, perchè era evidente che non riusciva a percepire alcuna presenza attorno a sé. Briareo si inginocchiò proprio dietro di lei e affondò la sua testa fra i capelli di seta, lasciandosi avvolgere dalla dolcezza della sua tristezza disperata. Quindi, l’abbracciò, teneramente, e la prese fra le sue braccia e lei docile si abbandonò ad esse. La voltò e la baciò, con tutta la passione che dentro di sé tuonava potente, e insieme a lei affondò in una lunga ondata che spinge verso la costa e si ritrae ancora verso il mare. Poi si alzò, lasciandola accasciata al suolo con un sorriso dolce che mai le aveva visto su quel bellissimo viso, uscì dall’antro e riprese il suo posto con la schiena contro la corteccia di quel solitario compagno della sua strana notte. Dopo un po’ ricacciò fuori il pezzo di carta e continuò i versi che soli erano capaci di tramutare i suoi sentimenti in parole.

    Affondai il volto

    nel mare d'erba dei suoi capelli

    e le aspre onde del mare
    si abbatterono su di me,
    i bianchi cavalli delle nostre onde
    ingrigiti e arrugginiti:
    tutto divenne livido.


Il sole fece capolino poche ore dopo e quando si svegliò Briareo sentì una strana dolcezza nel cuore. Guardò verso l’antro, ma nessun rumore da esso proveniva e se ne preoccupò. Aspettò, però, che il sole fosse alto all’orizzonte e poi si decise a entrare.

Stavolta decise di annunciarsi, perchè non sapeva se Megera potesse ricordare quanto successo la notte o se l’oblio del dolore aveva lasciato in lei null’altro che l’apparenza di un sogno svanito.
«Megera, sono tornato!»

Un urlo lo colpì ai timpani.
«Stai fuori dal mio antro, Poeta!»

Cosa le era successo? Tutta la tenerezza di quella notte era volata via? Fece per entrare, ma la voce di Megan lo assalì ancora con un’asprezza che lo spaventò.
«Fuori da qui! Non hai capito, Poeta?»

Il suo animo era quello di un guerriero e non si fece intimorire. Con passo deciso varcò l’antro e si trovò davanti a lei, alla stessa donna che aveva creduto di amare la notte prima. I suoi occhi viola spingevano saette e  rabbia fuori di lei e gli facevano paura.
«Che è stato, Megan?»

«E da quando mi chiami Megan, Poeta? Dall’ultima notte? Quella in cui hai approfittato della mia debolezza per togliermi il respiro e farmi come regalo un sentimento del quale io non conosco nè debolezze nè limiti e che non posso combattere, mentre mi sta uccidendo? Io e te, Poeta, siamo simili fin dentro il nostro cuore, di qualunque materia sia fatto. E per questo, Poeta, dovevi sapere che sì facendo, interrompendo la mia disperazione e regalandomi quel poco di te che è bastato in questa notte, tu mi hai inflitto la morte. Era questo, che volevi, vero, Poeta? Chi ti ha mandato, dunque? Non di tua sponte ti sei infiltrato qui, Briareo. Ti sei fatto mezzo nelle mani di qualcuno di iniquo, perchè giammai potrei pensare che lo stesso uomo che qui mi ha amata, lo abbia fatto con l’intenzione di uccidermi. Io vedo in te trasparente come tu vedi in me e in te l’amore io l’ho visto davvero e di questo io sto morendo. Se ora tu fossi sincero...»
«Nessuno, Megan, nessuno mi ha spinto. Io ti ho sempre desiderata e stanotte non ho saputo resisterti. »
«Zitto! Non dire altro! Se ora tu fossi sincero...»
«Lo sono, e dunque?»
«E se tu fossi un guerriero d’animo nobile...»
«Lo sono, e dunque?»
«Dunque, prendi la tua spada e dammi la morte, perchè io non possa più vivere. E prima di andare via, prendi la pozione per il tuo Re. E’ qui in questa ampolla ed è unica nel suo genere, perchè dopo aver provato in me l’amore, ho saputo e conosciuto quale ingrediente segreto e introvabile può ingenerare la gelosia più sana e bella, quella che ti fa desiderare che il tuo uomo sia solo tuo e ti fa fare di tutto perchè a nessun’altra egli volti gli occhi. Ho depurato finalmente il mio unguento della gelosia cieca e imperdonabile, quella senza criterio né paura, quella che invade l’animo di chi la prova e maltratta l’oggetto di quella gelosia stessa. E sarà l’ultima pozione che farò, prima che la tua spada possa trapassarmi la gola e togliermi la vita.»
«Perchè pensi che il tuo cuore non possa reggere quello che provi? Perchè vuoi che io stesso, che stanotte ti ho regalato un sospiro di vita, poi ti tolga tutto l’alito che in te circola? Perchè lo vuoi?»

Megera seppe che l’unico modo per spingere Briareo a fare ciò che lei desiderava, era ferire insieme il suo orgoglio ed il suo amore e così rivelò a lui l’ultima cosa che nel suo cuore Briareo avrebbe desiderato ascoltare:
«Oh Briareo, finiamola con questa farsa... Come puoi essere così stupido e credere che sia stato tu a regalarmi a mia insaputa il tuo amore? Non ti accorgi che finora io ho mentito? Io leggo in te come in uno specchio. Sono anni che io sono stanca di aggirarmi in quest’antro. Io ti ho usato, non capisci, Briareo? Io ti ho usato per capire cos’è che gli umani adorano... Sapevo che piangendo disperata io ti avrei attratto. Sapevo che con le mie lacrime avrei mosso a pietà il tuo cuore. Sapevo che ti saresti fatto avanti a consolarmi e mi avresti donato il tuo corpo ed il tuo cuore come hai fatto. Ero curiosa di sentire cosa fa ammattire voi umani, ero invidiosa, sì, io stessa, Megera, che prepara le vostre pozioni di invidia e gelosia... ero invidiosa di quegli occhi che vi brillano al solo sfiorare lo sguardo della vostra amata, ero invidiosa di quelle carezze sfrontate tra innamorati che vi portano il desiderio fin dentro lo stomaco, lo torcono, lo insultano e lo rivoltano fino a farvi perdere l’appetito... Volevo provarlo su queste stanche membra e adesso che l’ho provato posso anche morire e sarai tu, lo specchio nel quale la mia anima nera si è vista, che mi darai quella morte... Avanti, affonda la tua spada, guerriero!»

«Quanto infida sei stata, Megera... Dunque mi hai visto lì fuori, io stupido che pensavo non ti fossi accorta di nulla... ed eri lì, in ginocchio, che covavi questi pensieri malefici, mentre io ti prendevo tra le mie braccia per regalarti questo amore, mentre io sentivo il mare e le onde e la tempesta dentro di me, perchè finalmente stavo raggiungendo te che eri il mio desiderio più profondo...? Quale maleficio mai mi fu fatto perchè tu potessi farmi questo? Strega, sì, strega, angelo nero che non potrai che occupare le caverne più profonde dell’inferno per questo sortilegio che mi hai fatto. Io non potrò comunque più dimenticarti, ma sicuramente tu non avrai più modo di ricordarti di me, nemmeno lì tra il fuoco e le fiamme che ti divoreranno!» e detto questo, Briareo con una furia pari alla passione che quella notte lo aveva mosso si spostò al fianco di Megera, immobile, mentre attendeva la sospirata morte, le scostò i capelli neri sui quali aveva sognato quella notte e vibrò davanti al collo che aveva baciato. Poi alzò il braccio che fendeva già verso l’alto la spada, voltò la spada verso terra e la spinse giù, proprio nel punto dove il collo si nasconde nella spalla, lì dove la sua anima si era persa nel desiderio.

Strega Megan si accasciò a terra nel sangue che le zampillava continuo dalla ferita. Con gli occhi cercò Briareo, che si era inginocchiato disperato affianco a lei.
«Poeta, seppur per un attimo ti ho amato... ma non potevo, non avrei mai potuto, ed è giusto che io muoia, per questo.»

Briareo non poté sopportare quell’ultima verità, dopo tante menzogne. Bruciò l’antro e ne uscì fuori disperato, fermandosi sotto l’albero, malfido compagno della sua ultima notte.

Riprese in mano il foglietto mal scritto e lesse quanto per lei aveva scritto, e piangendo a dirotto, mise fine a quella dolce poesia:

Era nuda
nell' oscurità,
le sue mani fredde
come pesci luminosi
sulle mie spalle:
i suoi fianchi
fiamme rifulgenti
sotto le due lune
dai suoi seni.

Affondai il volto
nel mare d'erba dei suoi capelli
e le aspre onde del mare
si abbatterono su di me,
 i bianchi cavalli delle nostre onde
ingrigiti e arrugginiti:
 tutto divenne livido.

  Svegliandomi al mattino

  la testa dolente

  vidi scaglie giallastre che la incrostavano
  e denti marci venuti dall' abisso
  ringhiavano e sibilavano contro di me.
  Presi la mia lesina
  e mi affrettai ad andarmene![1]


Si allontanò, quindi, ripensando a quell’ultima frase che era uscita dalla bocca di Megera. Quanto era riuscito ad amarla e quanto era riuscito a farsi amare da lei, soprattutto, per lui sarebbe restato un mistero. Forse, in un tempo remoto, nei millenni futuri, avrebbe potuto cogliere quella verità antica che in lei, si celava davvero.

Per ora, si sarebbe accontentato solo di un ricordo, di un colore, il viola, che accarezzando il cielo e la terra, la saggezza e l’amore, trascina la propria fragilità verso il bianco più puro della luce, in quella che lui stesso un tempo aveva definito “una esplosione di mille colori”: il bacio, quel potente bacio della piccola e crudele Strega Megan.

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